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1. Introduzione.
La presente dissertazione si pone l‟obiettivo di analizzare la gestione della
sicurezza nei cantieri temporanei mobili, come tali disciplinati dal Titolo IV
del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, prendendo poi in esame un intervento
effettivamente eseguito: la completa ristrutturazione del Reparto di
Angiografia dell‟Ospedale Civico di Carrara.
L‟intervento di manutenzione straordinaria descritto offre quella che si ritiene
essere un‟ottima occasione per calare nel concreto le norme, consentendo
così l‟osservazione delle caratteristiche del presidio, da una parte, e quelle del
cantiere, dall‟altra, entrambe considerate non solo staticamente ma anche nel
dinamico sviluppo dei lavori e delle conseguenti problematiche.
Il capitolo secondo, con il quale inizia questo lavoro, ha il compito di
inquadrare le norme di settore, anche nella loro evoluzione storica, in tal
modo tentando di meglio comprenderne il significato complessivo; la
sicurezza si rivela un‟ottima cartina di tornasole dei significativi mutamenti
conseguenti alla complessiva trasformazione della struttura economica,
sociale e dunque anche giuridica, del nostro Paese. Un approfondimento
dello studio del Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro
permette di riservare particolare attenzione al Titolo IV, concernente proprio
i cantieri temporanei mobili.
Nel terzo capitolo viene preso in esame il contesto ospedaliero, la cui
peculiarità è data principalmente dalle attività svolte, dai macchinari e dalle
sostanze utilizzate, dall‟organizzazione della logistica interna e dalla presenza
costante di una moltitudine di soggetti con ruoli differenti. La
contemporaneità di questi ed altri fattori sono tali da fare scaturire la
coesistenza di svariate tipologie di pericoli, difficilmente riscontrabili in altre
realtà produttive o industriali. A tale scopo, dopo una generale descrizione
delle attività di reparto e dei principali pericoli ad essa connessi, è operata una
contestualizzazione rispetto alla realtà del Presidio Ospedaliero carrarese: la
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descrizione dei pericoli non può prescindere dalla preventiva identificazione
delle caratteristiche delle particolari strutture in oggetto, considerate anche dal
punto di vista ambientale e logistico.
Risulta dunque evidente come l‟apertura di un cantiere temporaneo mobile,
all‟interno del contesto così delineato, generi una fitta trama di relazioni tra
attività reciprocamente interferenti, la cui gestione, ai fini della sicurezza,
necessita di una pianificazione attenta ma soprattutto specifica.
Il capitolo quarto sviluppa proprio la sopra menzionata specificità,
prendendo spunto dall‟esperienza osservata. Il tema delle interferenze diviene
allora il cuore di questo lavoro, proprio per la possibilità di discutere di un
così già importante argomento, per giunta calato nel concreto di una realtà di
estrema delicatezza per gli interessi primari in campo. Anche questioni
apparentemente banali quali, ad esempio, la produzione di rumori e polveri
oppure la presenza di persone e l‟utilizzo di materiali e strumenti, tutti
estranei alla normale attività nella quale vengono temporaneamente inseriti,
assurgono a potenziali elementi di disturbo, se non peggio, dell‟attività
medica o anche solamente del comfort dei pazienti; a maggior ragione, il
trasporto ed il montaggio di una complessa apparecchiatura elettromedicale
richiede un‟organizzazione che tenga in adeguata considerazione l‟ambiente
operativo. Dopo l‟iniziale descrizione delle attività e delle fasi lavorative
previste per la ristrutturazione del Reparto di Angiografia, viene quindi
affrontata l‟analisi dei rischi propri dell‟attività di cantiere e di quelli
interferenti con l‟attività ospedaliera, con ampio spazio alle procedure e
prescrizioni operative volte alla gestione di tali situazioni. Il capitolo si chiude
con la trattazione dei costi della sicurezza, riportando ed applicando la
metodologia prevista dalla normativa per l‟effettuazione della stima di questi
ultimi e, a chiusura, l‟elencazione delle misure preventive e protettive
adottate.
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Il quinto capitolo tratta della gestione della sicurezza durante l‟esecuzione
dell‟opera e, simmetricamente, degli adempimenti previsti in questa fase.
Vengono qui definiti gli strumenti e le procedure attraverso le quali è
possibile attuare il coordinamento dell‟attività lavorativa, come le riunioni di
coordinamento previste a tale precipuo scopo. Specifico interesse è rivolto ai
rapporti ed alle dinamiche decisionali tra gli attori che, seppur da differenti
prospettive, partecipano all‟intera vicenda.
Le conclusioni di cui al sesto capitolo offrono un‟elaborazione dello stato
della sicurezza sul lavoro, alla luce dell‟andamento statistico degli infortuni
nell‟ultimo decennio circa, in particolare nel settore delle costruzioni. Lo
scopo è quello di evidenziarne sia i chiari miglioramenti che le criticità
attualmente più rilevanti.
Delle considerazioni, derivanti anche dall‟esperienza professionale maturata,
sono espresse in merito ad alcuni fattori: in primo luogo l‟importanza, da tutti
giustamente segnalata, della formazione del personale quale primo elemento
utile ai fini della prevenzione. Emerge anche l‟opportunità dell‟assegnazione
di alcuni ruoli non allo stesso bensì a soggetti diversi, in particolare quelli di
direttore dei lavori e coordinatore per l‟esecuzione dei lavori. Inoltre vi è la
valutazione, anche in prospettiva critica, di alcune buone pratiche, ad esempio
in tema dei c.d. near miss (mancato infortunio), considerando inopportuna la
loro obbligatorietà, da qualcuno sostenuta, e ritenendo preferibile il sistema
dell‟incentivazione.
L‟auspicio dunque è che questo elaborato possa costituire, attraverso un caso
particolare, un piccolo ma valido aiuto per la gestione della sicurezza nella
realizzazione di opere in ambito ospedaliero e per alcune più generali
riflessioni metodologiche sul tema delle interferenze in contesti ad elevata
criticità.
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2. Sicurezza sul lavoro.
2.1. Evoluzione della normativa.
In questo capitolo si intende realizzare un rapido excursus delle principali
norme che nel corso dell‟ultimo secolo hanno disciplinato la tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro, la cui evoluzione sarà utilizzata come
strumento per evidenziare una vera e propria rivoluzione culturale.
Per trovare il primo provvedimento legislativo organico in materia occorre
spingersi al 1898 quando la meccanizzazione industriale ed il crescente
utilizzo di sostanze tossiche causarono un improvviso aumento delle malattie
professionali e degli infortuni, per tentare di porre rimedio al quale venne
emanato il Regio Decreto n. 30. Tale normativa sancì l‟obbligo di
assicurazione per alcune categorie di lavoratori particolarmente esposte a
rischio, così garantendo un risarcimento alle vittime di infortunio. È dunque
da sottolineare che l‟idea di sicurezza in questo momento storico fosse
esclusivamente di natura risarcitoria o quantomeno indennitaria. Seguirono
altre norme, ma sempre con la medesima impostazione, fino a giungere agli
anni ‟30 del secolo successivo nel corso dei quali si provvide all‟inserimento
nel codice penale degli articoli 437
1
e 451
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, i quali prevedevano e prevedono
tuttora una pena da sei mesi a dieci anni di reclusione per chi non avesse
rispettato l‟applicazione dei sistemi di sicurezza atti a prevenire disastri o
infortuni sul lavoro. Con la stessa impostazione, l‟articolo 2087 del codice
1
Art. 437 c.p.: “[I]. Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire
disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi
a cinque anni. [II]. Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a
dieci anni”.
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Art. 451 c.p.: “Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili
apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro
disastri o infortuni sul lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da ... (omissis)
a ... (omissis)”.
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civile del 1942, impose al datore di lavoro: “l’adozione delle misure che secondo la
particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica si rendono necessarie al fine di tutelare
l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori”. Appare dunque evidente il
tentativo di svolta apportato da queste norme: da un modello di sicurezza
basato sull‟idea di risarcire un danno cagionato ad uno fondato invece sulla
prevenzione e la tutela dei lavoratori intesa in senso sia fisico che morale.
Questa stessa impostazione fu confermata e ribadita nel 1948 dalla
Costituzione, che mantenendo la stessa filosofia di queste ultime norme, sancì
come obbligo del datore di lavoro, ma anche come obiettivo della
Repubblica, la salute e l‟integrità psicofisica dell‟individuo
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.
Seppur apprezzabili, oltre che testimonianza di un tentativo di cambiamento,
queste illuminate leggi rimasero purtroppo sostanzialmente sulla carta non
trovando per anni applicazione concreta. La citata tutela dell‟ integrità
psicofisica dei lavoratori era ancora un concetto molto astratto e lontano da
raggiungere.
Negli anni ‟50, caratterizzati da un‟intensa attività di ricostruzione a seguito
della seconda guerra mondiale e del conseguente boom economico che sancì
definitivamente la fine della famosa crisi del ‟29, l‟intensa attività fu la spinta
necessaria alla nascita di alcuni decreti nell‟ambito della sicurezza sul lavoro,
che costituirono la base della nostra normativa per i successivi quarant‟anni,
tra i quali il DPR n.547/55
4
, il DPR 164/56
5
ed il DPR 303/56
6
. Il primo
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Art. 32 Cost.: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell‟individuo e interesse
della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…(omissis)”.
4
D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
5
D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle
costruzioni”.
6
D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, “Norme generali per l‟igiene del lavoro”.
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trattava della sicurezza sul lavoro in generale, il secondo era specificatamente
rivolto al comparto dell‟edilizia mentre il terzo si occupava di igiene sul
lavoro.
L‟ intento di queste norme era quello di separare gli adempimenti preventivi
da quelli assicurativi, estendere il campo di applicazione a tutte le attività e
definire gli obblighi di alcuni soggetti con compiti specifici come il datore di
lavoro, il dirigente, il preposto e dei lavoratori stessi, tenuti anch‟essi a
rispettare tali norme. Furono decreti fondamentali, prodromici allo sviluppo
della materia nel nostro ordinamento e certamente possono essere definiti
all‟avanguardia per i tempi, ma tanta strada era ancora da compiere,
risultando oggi evidenti i limiti di questa tipologia di approccio che,
nonostante i progressi effettuati, inquadra la sicurezza sul lavoro da una
prospettiva assai lontana da quella attuale.
Uno studio semantico del termine “prevenzione” citato da più fonti
normative dell‟epoca proverebbe certamente come sia cambiato negli ultimi
sessant‟anni il significato socialmente attribuito a questo termine. La
normativa in oggetto intendeva la prevenzione come una applicazione
meccanica dei criteri al contesto aziendale ed era il legislatore ad individuare a
monte i rischi e le conseguenti misure legate ad ogni attrezzatura, impianto o
processo produttivo. Il ruolo del datore di lavoro in questa fase si limitava
all‟esecuzione delle misure di prevenzione, nel senso sopra indicato, in base ai
rischi individuati dal legislatore mentre il lavoratore era completamente
estraneo a tale procedimento, con un ruolo assolutamente passivo. Questi
sono probabilmente i limiti maggiori che caratterizzavano la normativa del
tempo e che ne determinarono una poco efficace applicazione.