Introduzione
Scopo del lavoro è quello di esaminare la realtà dei Call Center, ponendo l'accento sul
fatto che, soprattutto in un momento storico come quello attuale, un buon servizio (e
conseguentemente un buon risultato per l'azienda), non può e non deve prescindere da
una attenta, corretta e coerente gestione delle risorse umane.
In un momento in cui anche l'operatore di call center ha talmente ampliato le sue
competenze/conoscenze da assomigliare sempre di più ad un Agent, i risultati saranno
ottimali solo se tutto il team di lavoro, a partire proprio dall'operatore che ne è il nodo
iniziale e centrale, arriva a sentirsi parte integrante e attiva dell'azienda.
Il caso studio è stato sviluppato in un Call Center che svolge il servizio di Recupero
Crediti, in particolare in quello in cui opero attualmente in qualità di Team Leader, per
cui il caso studio si avvale sia del questionario che dell'osservazione diretta.
Il lavoro è stato organizzato e sviluppato su quattro capitoli:
Il primo capitolo "Gestione delle Risorse Umane e Performance Aziendale" è composto
dal Quadro Teorico di Riferimento, che fa un excursus sui metodi di gestione delle
risorse umane che si sono sviluppati nel tempo, per arrivare ai più recenti High
Performance Work Systems e alla loro influenza sulla performance aziendale, e dalla
formalizzazione dell'Obiettivo della Tesi, con evidenza del Caso Studio previsto (Call
Center di Recupero Crediti).
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Nel secondo capitolo, relativo alla "Metodologia utilizzata", viene descritto il metodo
utilizzato per il caso studio, partendo dalla descrizione dell'azienda in cui è stata
effettuata l'indagine.
Il terzo capitolo "La realtà dei Call Center" parte da una visione generale dei Call
Center (evoluzione storica, tipologie di servizi gestiti, organizzazione) per arrivare al
caso studio preso in esame, tramite la definizione degli aspetti particolari di un servizio
di Recupero Crediti e il dettaglio del questionario posto, con i relativi risultati.
Nel quarto capitolo, "Conclusioni - Il fattore umano come elemento strategico", unendo
i risultati del caso studio alle teorie degli HPWS, vengono esposti gli interventi che si
ritiene opportuno adottare nel caso specifico, al fine di aumentare le performance
complessive. Si termina con un'analisi operativa sui ricavi, completata da una
simulazione sui miglioramenti ottenibili con gli interventi ipotizzati.
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1 Capitolo 1 - Gestione delle Risorse Umane e Performance
Aziendale
1.1 Quadro teorico di riferimento
Negli ultimi decenni la gestione del personale di un'azienda ha subìto grandi
trasformazioni, e parallelamente ad un mercato sempre più aperto e competitivo, alla
spinta delle innovazioni tecnologiche e alla crescente sindacalizzazione si è sviluppato
un modo di fare impresa molto più focalizzato sulle risorse umane. Non si tratta quindi
più di una mera 'direzione del personale', ma di un concetto molto più ampio e
complesso, che riguarda concetti come motivazione, impegno, partecipazione e
relazione e li mette in stretto collegamento con i risultati dell'azienda stessa.
La gestione del personale tende quindi a non essere più vista come un costo, ma è
sempre più considerata come parte fondamentale dell'organizzazione aziendale, in
quanto meccanismo causale del successo aziendale stesso.
In particolare, a partire dagli anni '80 è sorta molta attenzione intorno alle cosiddette
High Performance Work Systems (HPWS), un insieme di pratiche e di metodi
gestionali mirati ad aumentare il grado di commitment dei lavoratori verso
l’organizzazione, cioè tutti quei comportamenti di impegno, motivazione, senso del
dovere, di appartenenza e di responsabilità dei lavoratori nei confronti della propria
azienda, che generano una forte identificazione con l'organizzazione e con i suoi
obiettivi.
Anche se a seguire mi focalizzerò soprattutto sulle pratiche degli HPWS, ritengo
comunque importante fare un brevissimo excursus storico sul valore attribuito alle
risorse umane nelle scuole di pensiero post-industriali, perchè in fondo ogni corrente di
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pensiero risente dell'influenza delle precedenti, in modo continuativo o anche
profondamente critico, ed è quasi sempre strettamente connessa all'andamento
economico/tecnologico dei suoi tempi.
1
Per risalire alla prima volta in cui, all'interno di un concetto seppur embrionale di
organizzazione aziendale, ci si imbatte in modo concreto nel termine 'Relazioni umane',
si deve arrivare al periodo di dibattito e revisione del Taylorismo, che viene in genere
considerato come il primo sviluppo di teoria sull'organizzazione del lavoro.
Frederick Taylor elaborò un metodo di organizzazione scientifica del lavoro'
2
,
partendo da una visione critica della varietà di procedimenti/mansioni svolte all'interno
delle officine del tempo, e dalla convinzione che gli operai sfruttassero a loro beneficio
la disomogeneità dei processi produttivi per minimizzare lo sforzo lavorativo, e che
fossero spinti al lavoro esclusivamente da interessi economici.
La sua organizzazione scientifica, basata sul concetto che ci fosse sempre un modo
migliore di fare le cose ("one best way"), prevedeva la razionalizzazione del ciclo
produttivo secondo criteri di ottimalità economica, raggiunta attraverso la
scomposizione e parcellizzazione dei processi di lavorazione, processi a cui venivano
assegnati tempi standard di esecuzione. Il lavoratore operava completamente in
solitudine, avulso non solo dal mondo esterno ma anche dai suoi stessi colleghi di
lavoro.
In sintesi le tecniche ideate per migliorare il sistema produttivo prevedevano:
1
Non è certo un caso che le nuove teorie della conoscenza condivisa e delle relazioni interfunzionali
siano nate in un contesto di fortissime innovazioni tecnologiche (es. reti internet e reti locali aziendali),
che le hanno rese possibili e ne hanno a loro volta ricevuto una spinta verso ulteriori ottimizzazioni
2
The Principles of Scientific Management, 1911, preceduto dalla relazione sul sistema di incentivo a
cottimo presentata nel 1895 all’ American Society of Mechanical Engieers
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- Scomposizione del lavoro in unità lavorative, attuabili tramite una rigida e ripetitiva
sequenza di movimenti, per ridurre le competenze dei lavoratori e permettere un
maggior controllo del ciclo lavorativo
- Assegnazione dell'unità di lavoro alla persona ad essa più adatta, per ottimizzare i
tempi di produzione
- Misurazione cronometrica dei tempi di lavoro e stretta sorveglianza dei capireparto,
per eliminare le perdite di tempo
- Retribuzione a cottimo del lavoratore, per ottenere il massimo rendimento
Sarà poi l'imprenditore automobilistico Henry Ford (negli anni '10) a portare avanti
l'applicazione pratica del ritmo e dell'organizzazione scientifica del lavoro di Taylor,
utilizzando nella sua fabbrica la tecnologia meccanica della catena di montaggio. Nel
concretizzare l'organizzazione scientifica di Taylor, Ford si rende conto che i livelli di
produttività aumentano non solo con lo stretto controllo, ma anche con incentivi
materiali e soprattutto con l'incremento dei salari, che hanno anche il pregio di dare ai
lavoratori maggiore spinta a diventare consumatori della loro stessa produzione.
L'incremento dei salari rispetto alla media del periodo non ha quindi una connotazione
di attenzione verso il lavoratore, ma semplicemente uno scopo di tornaconto economico.
E' proprio dalla revisione critica del Taylorismo, propenso a considerare l'azienda
unicamente come organizzazione economica (ignorando gli aspetti sociali e umani
dell'organizzazione) e l'uomo come un prolungamento della macchina (senza
conoscenze e capacità individuali)
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che nasce la Teoria delle Relazioni Umane
(Human Relation Movement) di Elton Mayo, che, seppur preceduta da altri studi che
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"Voi siete pagati per lavorare, non per pensare; c'è qualcuno che è pagato per questo" - 1911, Frederick
Winslow Taylor
7
avevano già messo in luce gli effetti del lavoro ripetitivo e della noia sulla produttività
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,
è a tutti gli effetti il primo modello organizzativo che pone attenzione anche al
lavoratore e alle relazioni sociali.
Mayo
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arrivò alla sua teoria delle Relazioni Umane dopo aver condotto varie ricerche
sperimentali presso gli stabilimenti Hawthorne della Western Electric, Chicago
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(1927-
1932).
Tali ricerche, partite inizialmente sulla verifica del grado di relazione esistente tra il
luogo di lavoro (in particolare l'illuminazione dell'ambiente ) e il rendimento dei
lavoratori, si erano poi focalizzate sull'introduzione di pause di lavoro, uniche o
ripetute, alternate a ripristino della situazione pregressa, fino ad arrivare a pause
individuali programmate collettivamente e a fermi macchina che imponevano la pausa
anche ai capireparto. L'analisi dei risultati mise in evidenza il fatto che l'aumento di
produttività da parte dei lavoratori era legata non tanto alle variabili inserite, quanto al
fatto di sentirsi tutti coinvolti nella sperimentazione e nel perseguimento degli obiettivi
aziendali
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, dando luogo anche all'instaurarsi di rapporti amichevoli e positivi. Scopo
finale della ricerca divenne quindi quello di verificare le dinamiche informali
nell‘ambito di un gruppo di lavoro in rapporto all‘andamento della produzione,
concentrandosi sulla funzione del fattore relazionale nella produttività aziendale.
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In particolare tre studiosi inglesi (Wyatt, Fraser e Stock), pur non teorizzando un nuovo modello
organizzativo, nel 1929 avevano già cercato di integrare il modello tayloristico con qualche aspetto
socio-psicologico. Analizzando gli effetti negativi della monotonia del lavoro ripetitivo sulla produttività,
avevano dedotto la necessità di spezzare la conseguente noia con piccole innovazioni, quali la rotazione
tra lavoratori, l'inserimento di pause nel lavoro e la paga giornaliera anzichè a cottimo. I suggerimenti
non vennero però praticamente mai attuati, lasciando per decenni spazio al modello fordista della catena
di montaggio
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Psicologo e sociologo australiano, trascorse la maggior parte della sua carriera presso l'Harvard Business
School (dal 1926 al 1947), dove era professore di ricerche industriali.
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Già nel 1923 aveva comunque effettuato studi sul problema del turnover degli operai addetti ai filatoi
presso la città di Filadelfia.
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Ancora oggi si parla di 'effetto Hawtorne', per indicare l'insieme di variazioni di un fenomeno o di un
comportamento che si verificano per effetto della presenza di osservatori
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