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INTRODUZIONE 
 
 
Il presente lavoro nasce dall’idea di studiare e approfondire la relazione tra due 
discipline umanistiche che, seppur apparentemente lontane l’una dall’altra, risultano 
avere in comune vari elementi: letteratura e geografia. 
La parte strettamente teorica della tesi è volta, dunque, a porre in evidenza il forte 
legame tra letteratura e geografia – e più in particolare l’importanza dello spazio in 
letteratura – e le conseguenze che la scoperta di tale relazione ha portato nel romanzo 
del Novecento. Il concetto di spatial turn funge da premessa ad un’analisi approfondita 
di due romanzi di uno degli scrittori più importanti del panorama italiano del secolo 
scorso, Italo Calvino: si è scelto di analizzare i due romanzi più innovativi ed originali 
dell’autore sotto una nuova luce data proprio dalla “svolta spaziale” novecentesca nel 
tentativo di aggiungere nuovi tasselli alle riflessioni su questi lavori.  
Sulla base di tali presupposti, si è deciso di articolare il presente lavoro in tre 
capitoli più un’appendice.  
Il primo capitolo si pone come il più teorico della ricerca in quanto va ad introdurre 
e ad analizzare il concetto di spatial turn, con cui si indica la rivoluzione spaziale 
avvenuta negli anni Novanta del secolo scorso che ha portato, come prima 
conseguenza, un’attenzione maggiore rivolta allo spazio non solo da parte dei geografi, 
ma anche di letterati e filosofi – che in realtà già da qualche tempo avevano cominciato 
a sostenere la necessità di riabilitare la componente spaziale – e più in generale da 
parte di studiosi di diverse discipline appartenenti a quelle che oggi sono chiamate 
“scienze umane”. La grande novità dello spatial turn è rappresentata principalmente 
da un nuovo focus sullo spazio a discapito della componente temporale che fino a quel 
momento aveva monopolizzato l’attenzione di critici e studiosi: non a caso Michel 
Foucault definirà il Novecento come il secolo dello spazio, a differenza del XIX secolo 
che si era caratterizzato come il secolo della storia.
1
 La crisi del concetto tradizionale 
di Storia e processi quali la decolonizzazione, le migrazioni e la conseguente 
globalizzazione hanno fatto sì che lo spazio diventasse, più del tempo, “la categoria 
                                                             
1
 Michel Foucault, Spazi altri. I luoghi delle eterotopiee, Milano, Mimesis Edizioni, 2001.
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adeguata per pensare e rappresentare l’eterogeneità sempre più palese dei sistemi 
culturali e delle loro storie.”
2
  
Successivamente, analizzando il rapporto tra letteratura e geografia – a cui fu dato 
inizio dalla nascita della geografia umanistica e dai primi incontri tra letterati e 
geografi dell’Institute of British Geographers – si è focalizzata l’attenzione sul 
cambiamento dello spazio in letteratura cercando di cogliere i punti principali di questa 
rivoluzione spaziale e di concentrarsi su quanto e in che modo la “svolta spaziale” 
abbia influenzato la narrativa novecentesca.  
Con il secondo ed il terzo capitolo si è entrati nella parte più sperimentale della 
tesi, applicando retrospettivamente tali novità a due romanzi di Italo Calvino: Se una 
notte d’inverno un viaggiatore e Le città invisibili.  
Si è deciso di aprire il secondo capitolo, dedicato all’analisi di Se una notte 
d’inverno un viaggiatore, con una riflessione sintentica sulla nascita e lo sviluppo della 
letteratura combinatoria, dai più antichi esempi risalenti alla letteratura latina, come i 
centoni, ai lavori del gruppo francese dell’“OuLiPo”, fino ad arrivare agli esempi più 
moderni di ‘ars combinatoria’ come i centoni di Umberto Eco o il gruppo italiano 
dell’“Oplepo”. In seguito si è rivolta l’attenzione al periodo combinatorio di Italo 
Calvino, analizzando il suo rapporto con l’“OuLiPo” e le conseguenze del suo 
avvicinamento a questo nuovo tipo di scrittura, che lo ha portato a sviluppare la 
cosiddetta teoria della “sfida al labirinto” e a scrivere uno dei primi esempi di 
letteratura combinatoria in Italia, Il castello dei destini incrociati. 
Si è poi passati ad analizzare il gioco combinatorio presente in Se una notte 
d’inverno un viaggiatore: su questo argomento è stato scritto tanto e l’intento non è 
certo quello di presentare novità consistenti a riguardo, ma si è cercato comunque un 
approccio diverso, nei limiti del possibile, concentrando l’attenzione non solo sulla 
struttura del testo e sul rapporto tra la cornice e i dieci incipit, ma anche sulla relazione 
nuova e rinnovata tra la figura del lettore e quella dello scrittore, analizzata nell’ottica 
della temperie postmoderna. Non si può, infatti, ignorare quanto Italo Calvino abbia 
recepito e fatto suoi alcuni caratteri del postmodernismo, specialmente nel suo periodo 
combinatorio e quindi anche in Se una notte d’inverno un viaggiatore: qui Calvino 
                                                             
2
 Francesco Fiorentino, Letteratura e geografia: atlanti, modelli e letture, Macerata, Quodlibet, 2012, 
p. 8.
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riprende il concetto di “fine dell’identità” – tipico del postmoderno – annullando la 
figura dell’autore e mescolandola a quella di narratore, protagonista e addirittura 
lettore, in una sovrapposizione di ruoli ed identità che ben si adatta all’idea di società 
liquida proposta dal postmoderno, una società dove i ruoli non sono definiti. Ancora, 
tipico della società postmoderna è il trionfo del consumismo e del pensiero debole, 
dove l’unica cosa che conta è possedere la merce per soddisfare un proprio desiderio: 
Italo Calvino denuncia questo aspetto all’interno del suo romanzo sia criticando il 
lavoro delle moderne case editrici – attraverso le peripezie affrontate dal Lettore e dalla 
Lettrice per riuscire a leggere Se una notte d’inverno un viaggiatore per intero – sia 
opponendo come unica soluzione al caos in cui si trova la società liquida postmoderna 
la letteratura, il libro, la sola arma in grado di sconfiggere la deriva etica e sociale di 
quegli anni. 
Le stesse Lezioni americane (1985), d’altronde, seppur rimaste incomplete, non 
solo offrono una panoramica esaustiva della società moderna, ma si presentano come 
la soluzione al ‘disordine’ di quegli anni proponendo dei valori – leggerezza, rapidità, 
esattezza, visibilità e molteplicità – necessari per stabilire l’ordine, la coerenza, 
l’armonia e la razionalità che, a detta di Italo Calvino, sono necessari per ritornare ad 
una società dove a trionfare sia la morale.  
Il terzo capitolo contiene l’analisi testuale e ‘spaziale’ de Le città invisibili: come 
per il capitolo precedente, si è tenuto conto dei molteplici lavori sullo studio dello 
spazio nel romanzo e, anche in questo caso, si è cercato di fornire un nuovo punto di 
vista applicando al testo di Calvino quelle teorie cui si è fatto riferimento nel primo 
capitolo a proposito della rivoluzione spaziale novecentesca in letteratura. Dopo una 
breve presentazione del romanzo e della sua struttura si è passati ad analizzare prima 
di tutto la geometria delle città, notando come Calvino abbia presentato delle città 
apparentemente perfette dal punto di vista geometrico ma in realtà caotiche e 
disordinate nel loro essere, dando così vita ad un suo personale “spatial turn”, quasi 
concettuale più che spaziale in senso stretto; una rivoluzione spaziale che Italo Calvino 
crea anche andando a disporre le sue città non più su una mappa geografica ma su una 
scacchiera, assimilando quindi le città non a metropoli realmente esistenti ma ai pezzi 
degli scacchi, con cui il lettore può divertirsi a giocare durante la lettura. In seguito si 
è cercato di rintracciare all’interno del testo quei concetti di senso del luogo, paesaggio
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della memoria e spazio simbolico riportati teoricamente nel primo capitolo e analizzati 
qui nella pratica; infine si è ritrovata nel romanzo l’ultima conseguenza della 
rivoluzione spaziale, ovvero la trasformazione dello spazio realista in spazio utopico, 
analizzando la particolare utopia calviniana presente ne Le città invisibili.  
Si è poi notato come Italo Calvino abbia stabilito un vero e proprio percorso nel 
romanzo che va dalla descrizione di città verticali, contenute nei primi capitoli, fino 
alla descrizione delle città orizzontali degli ultimi capitoli: un percorso geometrico e 
spaziale che in realtà è una metafora per il percorso morale e spirituale intrapreso dalla 
società moderna. Le città verticali, forma prediletta da Calvino in quanto forma 
dell’ordine, rappresentano la leggerezza e il benessere un tempo presenti, ma ormai 
scomparsi nella società moderna – “liquida”, come si è detto in precedenza – e 
sostituiti dal caos e dal disordine indicati dalla trasformazione delle città da verticali 
ad orizzontali, dove l’orizzontale rappresenta per Calvino la forma del declino per 
eccellenza. 
Infine si è cercato di tirare le somme dell’analisi svolta andando ad individuare la 
presenza di un possibile cronotopo ne Le città invisibili indagando il legame tra spazio 
e tempo nel romanzo: le scoperte che sono state fatte su tale relazione e sulla nuova 
caratterizzazione data da Calvino allo spazio hanno confermato che Le città invisibili 
possono essere lette ed analizzate senza difficoltà nell’ottica dello spatial turn 
novecentesco. 
Il compito di chiudere la tesi lo si è affidato ad un’intervista immaginaria ad Italo 
Calvino, opera dello scrittore e critico letterario italiano Silvio Perrella: riportata in 
appendice, e citata all’interno dei vari capitoli a supporto della presente ricerca, 
l’intervista si rivela particolarmente interessante in quanto delinea l’evoluzione del 
pensiero di Calvino, con riferimento tanto alla sua concezione della scrittura quanto a 
quella della storia, della politica e della società. Oltre che immaginaria tale intervista 
risulta essere anche impossibile a causa dell’identità dell’intervistatrice, ovvero 
Ludmilla, la protagonista femminile di Se una notte d’inverno un viaggiatore.  
Ciò che si può concludere dall’analisi svolta in questo lavoro è che, 
consapevolmente o no, Italo Calvino ha recepito, seppur a modo suo, i fermenti 
culturali presenti in quegli anni e li ha rielaborati inserendoli nei suoi romanzi,
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confermandosi ancora una volta come uno scrittore fortemente innovatore e 
sperimentatore, pronto a recepire e a fare spazio alle novità dei suoi tempi.
9 
 
CAPITOLO I 
LA PROBLEMATICA SPAZIALE NELLA 
LETTERATURA DEL NOVECENTO 
 
1.1 Lo spatial turn: dal predominio temporale a quello spaziale  
 
«Lo spazio non è un mero riflesso passivo delle tendenze sociali e culturali, ma un loro 
fattore costitutivo. Una forza vitale che plasma le nostre vite […] e che non può essere 
più governata con le tecniche e i metodi del mainstream accademico.»
3
 
A partire da metà del Novecento, e ancora più specificatamente negli ultimi decenni, 
vari sono stati i cosiddetti cultural turns, le svolte culturali, che hanno contribuito a 
dare un nuovo assetto e una nuova prospettiva agli studi umanistici.                                                                     
Quella che verrà presa in considerazione in questa sede è lo spatial turn, la “svolta 
spaziale”, che ha visto per la prima volta lo spostamento del focus, in letteratura e nelle 
scienze umane in generale, dalla componente temporale a quella spaziale, e la 
conseguente apertura di un dialogo tra due discipline che fino ad allora si erano 
sviluppate ed erano cresciute separatamente: la letteratura e la geografia.                                                                                                                                                                 
Ancora adesso, nonostante i grandi passi in avanti compiuti negli ultimi anni e 
nonostante i numerosi studi a riguardo, l’associazione tra le due discipline non nasce 
per tutti così spontanea, anzi. Letteratura e geografia vengono spesso tuttora 
considerati campi di studio completamente separati e così facendo si perde di vista 
quello che è stato invece il grandissimo cambio di prospettiva nato a partire da metà 
Novecento, che ha dato vita alla collaborazione tra geografi e letterati: 
l’imprescindibile legame, cioè, che esiste tra qualsiasi tipo di prodotto letterario (che 
sia un romanzo, un diario o, ancora di più, un resoconto di viaggio) e la geografia.  
Chi, infatti, pensando a I promessi sposi di Alessandro Manzoni, non vede apparire 
come prima immagine nella sua mente “Quel ramo del lago di Como…”? Non è un 
                                                             
3
 Giacomo Marramao, Spatial Turn: spazio vissuto e segni del tempo, in “Quadranti”, Volume I, nº I, 
2013, pp. 31.
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caso che Manzoni abbia scelto di dare al lettore come prima coordinata quella spaziale; 
che non abbia aperto il suo romanzo con la descrizione dei personaggi o con un 
accenno sulla data in cui si sarebbero svolti gli eventi narrati: il primo dato fornito è 
quello spaziale, perché non esiste romanzo o testo di qualsiasi tipo che non si svolga 
in qualche luogo, in uno spazio. Che sia inventato o reale, allegorico o utopico, questo 
non importa: ciò che è importante è il fatto che il dato spaziale sia sempre e comunque 
presente in qualsiasi narrazione, e che spesso anzi sia utilizzato dall’autore come 
simbolo, allegoria o metafora.
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Sostiene infatti Patrizia De Ponti: 
Se in ogni opera letteraria annulassimo le rappresentazioni dei paesaggi e degli 
ambienti entro cui si svolgono le azioni degli uomini, rimarrebbero solo 
personaggi privati del contesto che li caratterizza. Essi si muoverebbero nel nulla. 
Il vuoto non dà spessore, non aiuta la caratterizzazione dei protagonisti e rende il 
racconto anonimo e privo d’indentità. L’ambientazione è utile allo scrittore per 
oggettivare la realtà.
5
 
La grande novità dello spatial turn è proprio di quella di porre finalmente l’attenzione 
su un qualcosa che fino a quel momento era stato quasi del tutto ignorato, o al quale 
comunque non si era data la giusta importanza: ci si era concentrati fino ad allora sulla 
dimensione temporale del testo, dimenticando la coordinata spaziale che difatti 
raramente veniva presa in considerazione dai critici letterari.                                                                                                                                 
Così rileva Francesco Fiorentino: 
L’assetto centralistico che la modernità ha conferito ai processi culturali è 
correlato a un predominio del tempo sullo spazio, ovvero a una svalutazione della 
dimensione spaziale nell’osservazione dei fenomeni culturali. […] Si guarda al 
mutamento dei tempi e si dimenticano i luoghi in cui esso si realizza con ritmi, 
modi e vigore molto diversi. Anche se questa modernità appartiene alla storia, è 
utile non smettere di ripetersi questa verità lapalissiana; gli eventi letterari – come 
tutti gli altri eventi – hanno luogo, e questo luogo non può più essere considerato 
                                                             
4
 Su questo concetto si basa la definizione di cronotopo di Michail Bachtin, che verrà preso in 
considerazione più avanti. 
5
 Patrizia De Ponti, Geografia e letteratura: letture complementari del territorio e della vita sociale, 
Milano, UNICOPLI, 2007, p. 70.