learning), visto come una tecnica molto efficace nel campo dell’insegnamento-
apprendimento, che aiuta sia il docente che l’alunno a vivere questo percorso con
maggiore serenità.
Nello stesso capitolo si analizzano gli orientamenti psicopedagogici che la
letteratura indica come più idonei al percorso dell’insegnamento-apprendimento; si
analizzano quali sono i vantaggi e gli svantaggi del cosiddetto apprendimento
cooperativo e come questi influenzano i risultati scolastici..
Il lavoro offre dunque una visione generale del concetto di apprendimento e delle
difficoltà ad esso connesse, e vuole essere in qualche modo una spinta ad affrontare
il problema sia da parte degli insegnanti che degli studenti, e a non sottovalutarlo
come talvolta accade.
Obiettivo del lavoro è quello di evidenziare il principio fondamentale che i vari
studiosi nel campo dell’apprendimento cercano di difendere da tempo: l’importanza
della stretta correlazione tra la dimensione affettiva e la dimensione cognitiva, e
dunque la grande attenzione da prestare al clima sereno e dell’ambiente positivo nel
percorso dell’apprendimento.
Riprendendo le parole di Franco Cambi, è possibile affermare che ‹‹Si è uomini
perché si parla, perché si ragiona, perché si socializza, ma soprattutto perché si ama,
perché si odia, si gioisce, si soffre, si compatisce e si partecipa agli eventi del
cuore!››.
Di qui l’importanza del binomio affettivo-cognitivo al fine di vivere costruttivamente
il delicato processo dell’apprendimento.
8
CAPITOLO 1:
INQUADRAMENTO TEORICO
La mente non ha bisogno
come un vaso di essere riempita,
ma piuttosto come legna,
di una scintilla che l’accenda…
(Plutarco, L’arte di ascoltare)
1.1 Definizioni e correnti
Dal momento in cui si decide di intraprendere un discorso sul delicato e, allo stesso
tempo complesso, tema riguardante il processo di apprendimento, si è consapevoli
delle numerosissime definizioni che i vari studiosi hanno elaborato nel corso degli
anni.
I primi studi sistematici sull’apprendimento risalgono alla metà del secolo scorso e
sono stati condotti osservando il comportamento di cave da laboratorio. Inizialmente
si supponeva che i processi di apprendimento fossero uguali nell’uomo e negli
animali, cosa successivamente smentita poiché l’uomo dispone di strumenti
linguistici e simbolici, cognitivi ed emotivi, che rendono unici i suoi processi
psichici. Ciò non invalida comunque i primi studi sull’apprendimento, infatti alcuni
principi scoperti con tali studi sono ancora oggi validi.
È importante percorrere un viaggio alla ricerca delle differenze che incontriamo nelle
varie definizioni di apprendimento, differenze che porteranno alla distinzione delle
varie correnti che si sono stabilite nel tempo.
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Le definizioni variano dunque in relazione alle diverse discipline che hanno
affrontato, in un modo o in un altro, il concetto di apprendimento.
Quando si affronta un discorso prettamente pedagogico l’apprendimento può essere
definito come ‹‹il processo mediante il quale un comportamento viene acquisito o
modificato, escludendo le modificazioni dipendenti dalla crescita o da condizioni
organiche temporanee (ad esempio assunzione di farmaci, ipnosi, ecc. )››.1
Dopo molti dibattiti passati, oggi è possibile affermare che esiste un accordo
sufficiente nell’ambito della psicologia internazionale, sulla definizione di
apprendimento.
Lo studioso Hilgard definisce l’apprendimento come un processo mediante il quale
ha origine un attività o, un attività già esistente viene modificata attraverso la risposta
ad una situazione. Thorpe e Schmuller considerano l’apprendimento come l’insieme
delle modificazioni che si manifestano nell’individuo a seguito delle risposte alla
stimolazioni e rappresentazione presenti e passate.
Ancora altre definizioni possono incontrarsi nel campo psicologico come quelle di
Fraisse, Piaget e Reuchlin che utilizzano le espressioni acquisizioni di buone condotte
e sviluppo di meccanismi costruttivi in grado di rendere conto delle novità.
Ulteriore definizione è quella di Hoffstatter che considera l’apprendimento qualunque
modificazione della facilità con la quale l’individuo, a seguito di esperienze passate,
realizza alcune forme di comportamento in presenza di determinate situazioni.
Si nota dunque come tutte queste definizioni hanno qualche fattore in comune: tutte
infatti concordano sugli aspetti comportamentali, acquisiti e modificanti.
Gli studi sull’apprendimento hanno comunque origine e carattere sperimentale; per
questo motivo non vi sono polemiche sui termini osservativi e quindi sulla natura del
processo di apprendimento.2
Se invece incentriamo l’obiettivo su un campo maggiormente medico, è possibile
parlare di apprendimento come quel processo complesso di acquisizione che
1
G. MALIZIA, C. NANNI, J. M. PRELLEZO, Voce Apprendimento, cit. in Dizionario di Scienze dell’Educazione,
Elledici, Torino 1997, p. 787
2
Cfr. Ibidem, p. 788
10
permette all’uomo di memorizzare informazioni, modelli di comportamento, abilità.
L’apprendimento in questo caso, però, non è visto solo come un immagazzinamento
in memoria di dati provenienti dalla realtà esterna: si tratta di un processo dinamico
che vede l’individuo sempre attivo, pronto a svolgere una tale azione. L’uomo in tal
caso può dunque essere considerato come un organismo dotato di memoria, di
capacità di elaborare dati, di sensori che lo mettono in contatto con il mondo esterno
(vista, udito, ecc.), di strumenti che gli permettono di intervenire sulla realtà (i
comportamenti). Vi è dunque un circuito attraverso il quale le informazioni
provenienti dall’ambiente esterno, tramite i sensori, penetrano nell’organismo dove
vengono adeguatamente elaborate per essere immagazzinate in memoria e riutilizzate
successivamente.3
Le definizioni sino ad ora citate sono solo alcune delle tante definizioni che
interessano il campo dell’apprendimento. Tutte le varie teorie sul processo di
apprendimento hanno dato vita negli anni, alle correnti di pensiero che si
contraddistinguono in questo campo: costruttivismo, cognitivismo e
comportamentismo.
1.1.1 Comportamentismo, cognitivismo, costruttivismo
Un primo modello psicopedagogico che si è interessato alle questioni riguardanti
l’apprendimento e le sue implicazioni educative può essere ricondotto al filone del
comportamentismo o behaviorismo. Il comportamentismo è un orientamento teorico
che intende la psicologia come studio scientifico degli aspetti esteriori e osservabili
dell’attività mentale.
Le origini filosofiche del comportamentismo possono essere in qualche modo
ricollegabili all’empirismo inglese, che sosteneva come l’ unica conoscenza possibile
3
Cfr. U. VERONESI, Enciclopedia Medica Salute per Tutti, NIIGA, Bergamo 2008, p. 332
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fosse quella derivante dall’esperienza, considerando la mente dell’individuo come
una tabula rasa su cui poter incidere i dati provenienti dalla realtà esterna. Tale
corrente trova le sue radici negli studi del celebre fisiologo russo Ivan Petrovič
Pavlov (1879-1936).
All’inizi del ‘900 Pavolv ha condotto degli studi sui riflessi incondizionati, che hanno
influenzato notevolmente lo studio dei processi psicologici e fisiologici
dell’apprendimento. Uno dei suoi più celebri esperimenti coinvolge un cane, al quale
gli viene consegnata una porzione di cibo subito dopo aver ascoltato un suono.
L’associazione che viene a crearsi tra il cibo e il suono è ripetuta in modo frequente, a
distanza di pochi minuti l’una dall’altra, e con meno intervallo viene presentato il
suono al cane, per un tempo maggiormente prolungato, al fine di misurare l’intensità
della salivazione prodotta solo dall’ascolto del suono, senza l’apporto del cibo.
A tal punto è possibile distinguere due tipi fondamentali di riflessi:
- Riflessi innati o incondizionati. Tali riflessi non dipendono da un’esperienza
precedente, ma sono semplicemente risposte automatiche e istintive ad uno stimolo
adeguato; nell’esempio del cane, l’animale alla vista del cibo produce saliva: dunque
ad uno stimolo incondizionato, quale il cibo, è associata una risposta incondizionata,
come la salivazione.
- Riflessi condizionati o acquisiti. Tali riflessi dipendono dalle esperienze precedenti;
ad uno stimolo inadeguato o neutrale, associato per un determinato numero di
ripetizioni ad uno stimolo adeguato, ne deriva una risposta condizionata.
Nell’esempio sopra citato la risposta della salivazione, che in principio è dovuta solo
ad uno stimolo incondizionato come il cibo, risulta una risposta condizionata quando
viene a manifestarsi anche come conseguenza di uno stimolo condizionato come, nel
caso dell’esperimento di Pavlov, il suono di un campanello.
Per far sì che ciò accada, è fondamentale creare un’associazione tra stimolo
condizionato e stimolo incondizionato: parliamo della cosiddetta legge del rinforzo. Il
cane, dunque, riuscirà a salivare senza avere il cibo dinanzi, e quindi solo con
l’ascolto di un suono solo se questi due stimoli sono stati inizialmente tra loro
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