Cinema per la scuola. Linee guida per una progettazione didattica efficace
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sul banco degli imputati come il maggior colpevole della delinquenza minorile» (Tarroni 1970, p. 6). Soprattutto quel cinema, come diremmo oggi, di fiction, nella “versione Mélies”, appariva come una forma di manipolazione ipnoide che lasciava il soggetto in completa balìa delle immagini, divenendo possibile causa di disturbi mentali e di devianza 7 . Inoltre la maggior parte delle scuole italiane, ancora ispirate dal conservatorismo gentiliano, della superiorità dell'atto educativo, della centralità della vocazione pedagogica dell'insegnante e della valorizzazione degli strumenti didattici classici, mettevano in secondo piano qualsiasi innovazione tecnica e qualsiasi distanziamento tecnologico tra insegnante e discente. Ma se il cinema spettacolare, quello dei divi e del conformismo commercializzato era bandito dalla scuola e dalla sfera del sapere, venendo bollato come pericoloso o quantomeno considerato un futile svago, riuscì invece a fare il suo ingresso nelle scuole il cinema nella “versione Lumiere”, quel cinema concepito come spiegazione della realtà e che poteva dare agli studenti la possibilità di fare esperienza di luoghi e situazioni altrimenti difficilmente raggiungibili: si trattava di documentari e filmati illustrativi utilizzati in classe solamente come veicolo di nozioni scientifiche e ideologiche. Per tutti gli anni Cinquanta il cinema assume un ruolo di sussidio didattico a disposizione dell'insegnante nell'attività scolastica. La sussidiarietà del cinema come mezzo strumentale per facilitare la didattica di diverse discipline appare quindi come il carattere fondante di un uso scolastico del nuovo medium che presto verrà formalizzato specificamente come cinema scolastico o educativo 8 . Sulla base della distinzione fiction/documentario, la pedagogia escogita il modo per addomesticare il cinema attraverso la produzione di film educativi e didattici: strumenti 7. Erano tanti all'epoca a ritenere il cinema una distrazione onirica, ipnoide e “irrazionale”. Luigi Volpicelli arriverà a dire che «il cinematografo e sopraggiunto a sommuovere e sbrigliare l'irrazionale, la passione, il fondamento patico ed emotivo della nostra natura animale [...] e per questo e sommamente pericoloso» (Volpicelli Luigi, Pregiudiziali sul cinema e l'educazione, «Bianco e Nero», IX (1949), pp. 208-210). La stessa “irrazionalità” che solo un anno più tardi assumerà connotazioni positive: «il cinema ha abolito la necessità della mediazione, permettendo alle forze profonde dell'istinto e del sentimento di giungere alla superficie e di comunicare con l'esterno nella loro intatta purezza» (Di Giammatteo Fernaldo, Significato e conseguenze del linguaggio cinematografico, «Bianco e Nero», III (1950)). Infine, Baldelli, nel 1953, rimprovererà sia a Volpicelli che a Di Giammatteo di avere confuso il medium Cinema con l'espressione presunta “irrazionale” (Rizzo 2014). 8. Da notare che la Francia anticipa l'Italia di un ventennio, rappresentando un caso significativo in relazione alla precocità e alla capillarità della diffusione del cinema come strumento didattico. La stessa nozione di cinema scolastico e una traduzione di «cinématographe d'enseignement» coniata da Michel Coissac nel suo manuale pratico del 1926 (Coissac 1926). 10
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Forte |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2018-19 |
Università: | Università degli Studi di Roma Tor Vergata |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Alessio Ceccherelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 170 |
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