Introduzione
Al giorno d’oggi le aziende si trovano in un contesto economico molto
competitivo e per tale ragione vi è spesso il confronto con i
concorrenti. Bisogna perciò studiare le varie soluzioni che possano
alimentare il vantaggio competitivo nel proprio settore. Ma quali
strumenti si devono adoperare per raggiungere la differenziazione con
i competitor? Sono efficaci? Come trasmettere il valore dell’azienda
all’interno e all’esterno dell’organizzazione per far aumentare la
reputazione?
Il concetto di strategia aziendale è un tema molto ricercato e studiato
ormai da tempo, in effetti i primi studi risalgono all’epoca Medievale
come si leggerà successivamente. Gli studiosi del tempo e nelle ere a
venire ricercavano soluzioni attraverso diverse teorie per far sì che
un’organizzazione potesse ottenere un posizionamento privilegiato
rispetto ai competitori del proprio settore. L’evoluzione storica ci
racconta come gli studiosi si siano basati inizialmente su strategia di
prodotto, poi sui processi produttivi e infine, solo da qualche secolo a
questa parte, si sia data importanza al capitale umano.
Le risorse umane sono un fattore principale per consentire alle aziende
di avere un posizionamento strategico; esse devono essere formate
viluppate; bisogna consentire loro di ottenere benefici e premi per
stimolare la loro crescita professionale e far sì che il loro lavoro abbia
una produttività costante e in ascendenza; hanno bisogno di essere
motivate ed entusiasmate, rendendole parte di una grande famiglia
ovvero quella aziendale. Le risorse umane sono i primi brand
ambassador di un’azienda, devono conoscere la storia, il valore
aziendale, devono avere condizioni lavorative ottimali, in modo tale
che siano loro a creare una buona reputazione all’esterno e cercare
così di affascinare i possibili candidati e talenti futuri. L’azienda
perciò deve essere capace di focalizzarsi sui propri dipendenti,
cercando di soddisfare i loro bisogni e necessità, al fine di valorizzarli,
generando un opinione positiva di sé stessa. I possibili dipendenti
devono avere sicuramente competenze tecniche e di problem solving,
ma anche l’entusiasmo di condividere e supportare l’identità
aziendale. La strategia per attirare e mantenere i talenti viene
identificata con il termine Employer Branding.
Il presente lavoro di tesi è volto ad analizzare tale strategia, cercando
di dare una definizione concreta e di esaminare la sua storia, di come
essa sia nata e si sia evoluta nel tempo, diventando un argomento di
grande interesse per le aziende. Successivamente, mostrando alcune
ricerche svolte da Enti riconosciuti a livello mondiale ed europeo, si
dimostrerà come le aziende che attuano politiche di employer
branding riescano ad ottenere un posizionamento strategico rispetto a
quelle aziende che invece non utilizzano questa metodologia.
La tesi è suddivisa in tre capitoli: il primo capitolo esporrà in maniera
dettagliata la storia e le definizioni del termine Employer Branding,
correlato ad altri argomenti come il Resource Based View,
l’Employer Value Proposition e l Employer Brand Proposition. Poi si
analizzerà il contesto dell’Employer Branding sia sull’impatto che ha
sull’ambiente esterno, sia su ciò che i talenti di oggi cercano per un
futuro posto lavorativo. Infine saranno esposti alcuni errori da evitare
per ottenere una strategia di successo; nel secondo capitolo, invece, si
passerà ad un’analisi più tecnica dell’argomento. Dopo una breve
analisi del modello ASA (Attracion –selection - attrition), saranno
evidenziati i fattori chiave per ottenere una strategia di successo. Le
aziende che intendono attuare politiche di Employer Branding devono
sicuramente indagare nel proprio settore ottenendo dati al fine di
elaborarli in informazioni utili per capire le azioni che bisogna
intraprendere per definire gli obiettivi aziendali. Successivamente
l’azienda deve creare la sua identità, dando una storia ed un valore al
proprio brand, in modo tale da poterlo esporre sia ai propri dipendenti
che alle persone al di fuori dell’organizzazione. Da qui deriva perciò
la suddivisione dei pubblici dell’Employer Branding, ovvero i soggetti
a cui l’azienda deve rivolgersi per far sì che il proprio valore sia
conosciuto. I pubblici sono divisi in interni, ovvero i dipendenti, ed
esterni, cioè i clienti. Ultimo e forse uno dei più importanti fattori è la
comunicazione. Infatti come disse Henri Bergson: “ La
comunicazione avviene quando, oltre al messaggio, passa anche un
supplemento di anima”, per tale ragione l’azienda deve essere capace
di saper comunicare la propria storia, improntando ai dipendenti e ai
futuri candidati tale valore, in modo tale che essi siano entusiasti e
fieri di lavorare per quell’azienda.
Nell’ultimo capitolo, ovvero il terzo, sarà trattato un argomento
correlato alla strategia di Employer branding, il Welfare Aziendale.
Quest’ultimo riguarda le azioni che un’azienda decide di sviluppare
per fare in modo che i propri dipendenti abbiano condizioni lavorative
ottimali, soddisfacendo i loro bisogni necessari primari e rilasciando
anche qualche beneficio tramite premi ottenuti da un lavoro produttivo
migliore rispetto ad altri dipendenti. Il Welfare aziendale è un
argomento di attuale interesse, citato molto spesso nei telegiornali, in
politica e su riviste. Le azioni di Welfare possono essere molte, ma le
più utilizzate dalle aziende sono in primis la possibilità di ristorazione
e di cure mediche per i dipendenti, assegni famigliari per quanto
riguarda aiuti scolastici per i figli, attività culturali e sociali. Queste
azioni sono ben viste dai dipendenti e comportano un’ottima
reputazione per l’azienda stessa. Motiva i lavoratori a produrre
maggiormente in quanto si sentono soddisfatti e tutelati anche in
termini di sicurezza.
La presente tesi dopo aver dato una definizione di Welfare aziendale
metterà a confronto due grandi esponenti che hanno attuato tale
politica, ma che hanno vissuto in epoche e momenti differenti. Il
primo è Adriano Olivetti, grande imprenditore italiano, vissuto negli
anni della seconda guerra mondiale, che ha sviluppato nella fabbrica
di famiglia, le prime politiche di welfare aziendale, consentendo ai
dipendenti di essere i migliori e i più produttivi di altri colleghi in altre
imprese. Egli costruì la prima macchina da scrivere (MP1), generando
una sorta di evoluzione tecnologica e elettronica, ma che purtroppo si
interruppe per colpa della morte improvvisa di Olivetti. L’esponente
che verrà messo a confronto è Steve Jobs, cofondatore dell’azienda
Apple. Jobs, come Olivetti, aveva la passione per la tecnologia e
l’elettronica e creò un’azienda quasi dal nulla. Riuscì a farla crescer
e in poco meno di 10 anni, rivoluzionando il mondo con i suoi
prodotti, dal personal computer ai telefoni cellulari. Le cose in
comune tra Jobs e Olivetti erano, oltre all’elettronica e alla tecnologia,
la passione di rincorre i propri sogni, sfidando chiunque e facendo sì
che la cricchia di persone che le circondavano fossero quelle giuste e
che assecondavano i loro desideri. Erano entrambi grandi motivatori
ed entusiasmavano i propri dipendenti, coinvolgendoli nei loro
progetti e rendendoli partecipi, quasi responsabili. Tutelavano le
risorse umane all’interno della propria azienda, davano importanza al
loro operato, ascoltavano le loro opinioni e le loro idee e forse è stata
questa la forza che ha fatto si che entrambi ottenessero un posto nella
storia come grandi imprenditori.
1
CAPITOLO 1
1 Introduzione all’Employer Branding
1.1 Definizione
L’epoca della globalizzazione, delle informazioni rapide e della
conoscenza, ha portato alla realizzazione di nuove figure professionali
mai esistite prima e dall’altra alla riorganizzazione interna per
replicare al meglio sui nuovi cambiamenti. Tutto ciò ha indotto ad una
mobilità del mercato del lavoro, reso flessibile e spedito con
conseguente riformazione dei livelli gerarchici. La conseguenza di tale
cambiamento avvenuto negli anni ‘80 ha fatto sì che i lavoratori
potessero cambiare lavoro velocemente e perciò le aziende studiavano
tecniche per rendersi appetibili agli occhi dei dipendenti e dei futuri
dipendenti; per non parlare poi del periodo attuale che essendo
caratterizzato da una forte crisi economica ha portato le aziende a
servirsi di nuove modalità di promozione di sé e dei propri prodotti
con conseguente utilizzo di nuove tecniche di marketing. L’employer
branding è la risposta alle nuove necessità aziendali nell’analisi
dell’attrattività di un posizionamento adeguato sul mercato del lavoro.
L’azienda determina, scopre, compone la propria employer identity,
valuta le sua capacità di attrazione in termini di maggiore
differenziazione in confronto ai concorrenti e informa sia all’interno
che all’esterno dell’azienda la sua identità. Il termine employer
branding è quindi una disciplina astratta basata su concetti intangibili