2
intrattenimento, un canale dedicato al calcio e alle partite in 
diretta. Un passo importante si è compiuto quando è stato 
abbandonato il classico appuntamento della domenica pomeriggio 
per interessi televisivi, che ha portato alla frammentazione della 
giornata di campionato in un “week end” calcistico, cosa 
impensabile negli anni ottanta. I ricchi contratti e le grosse somme 
che arrivavano nelle casse delle squadre e della lega di calcio, 
hanno subito fatto gola al movimento calcistico che si può dire ha 
avviato un “matrimonio di interesse” tra questo sport e la 
televisione. Ora i diritti televisivi rappresentano una grossa fetta 
delle entrate di una società professionistica di calcio, e mostri 
sacri come la storica “Novantesimo minuto” sono diventati dei 
programmi seguiti dai pochi nostalgici del calcio o da chi non si 
può dotare di un’ abbonamento alla tv satellitare. Ora lo scenario 
dei diritti televisivi è fatto di accordi tra le società, di dispute e litigi 
per accaparrarsi la fetta maggiore e di squadre che improntano le 
proprie strategie più sul business economico che sulla ricerca 
della sola prestazione sportiva. Vedremo come questo processo 
sia legato ad espresse esigenze e interessi dei due mondi, 
divenuti ormai paralleli, e come ormai questi siano legati in 
maniera indissolubile. 
 
 
 
 
 
 3
 
CAPITOLO I 
 
Il RAPPORTO TRA FENOMENO SPORTIVO 
E DIRITTI TELEVISIVI 
 
 
1. 1 Le premesse di un’evoluzione  
 
 L’attuale situazione dello sport e della televisione è il frutto un 
processo più o meno lungo che ha visto questi due ambiti 
crescere insieme e svilupparsi quasi di pari passo. Si può dire che 
le grandi manifestazioni sportive, come ad esempio le Olimpiadi 
hanno avuto un gran ruolo in questo sviluppo, hanno attirato 
sempre un notevole numero di persone che volevo sentirsi 
rappresentati anche nell’altro capo del mondo. E’ parimenti vero 
che lo sport in Italia ha partecipato al battesimo della televisione: il 
3 gennaio 1954 nel palinsesto del primo canale era presente 
“Domenica sport”, progenitrice dell’attuale “Domenica Sportiva” e 
solo tre settimane dopo gli italiani potevano seguire la partita della 
nazionale contro l'Egitto. Spettacolo, informazione, finalità 
pedagogiche del nuovo mezzo, interessi degli organizzatori si 
combinano già nel primo incontro tra sport e televisione
1
. Lo sport, 
fenomeno già affermato, dà una mano alla diffusione del nuovo 
mezzo. Negli anni successivi i maggiori eventi sportivi, quali per 
esempio Olimpiadi, diventano terreno fertile per le nuove 
sperimentazioni a livello di tecnologia e per vedere il recepimento 
                                                 
1
 Cfr. G. Iozzia e L. Minerva, Un matrimonio d’interesse, Roma, 1986 pag. 11   
 4
dello sport nel palinsesto. Il campionato di calcio arriva in 
televisione nel 1960: tutte le domeniche va in onda la telecronaca 
registrata di un incontro prescelto delle serie A. Nel 1960 con le 
Olimpiadi di Roma si capisce l’arretratezza della pratica dello 
sport in Italia, e questo spinge le federazioni a fare grossi passi 
per incoraggiare le attività sportive. Nel frattempo gli esperimenti 
continuano a susseguirsi portando le dirette ad aggiungersi alle 
ore di differita, e a portare sempre più sport nelle case degli 
italiani. Lo sport comincia ad inserirsi nel palinsesto del secondo 
canale, e ad ogni evento sportivo di livello internazionale 
corrisponde sempre un passo in avanti nella tecnologia ed un 
aumento costante della richiesta di televisori. Nel 1964 l’olimpiade 
di Tokio vede le prime trasmissioni via satellite, anche se in 
differita, con la graduale diminuzione dei tempi di riproduzione. I 
satelliti del sistema Intelsat permettono finalmente le trasmissioni 
intercontinentali senza limiti di durata. Si apre una nuova fase per 
tutto il sistema sportivo internazionale
2
 . In Italia il 17 giugno 1970 
17.700.000 spettatori vedono la partita degli Azzurri contro la 
Germania nei campionati del mondo in Messico. Una settimana 
dopo, per la finale Italia-Brasile, si raggiungerà quota 28.200.000 . 
Nel 1971 nasce “Novantesimo minuto”. Per vedere le immagini 
delle partite non bisogna più aspettare la sera, si apre un capitolo 
di storia del calcio e delle immagini in chiaro con l’abbinamento tra 
sintesi e racconto delle emozioni provenienti dai campi di tutta 
Italia.  Negli anni ‘70 fanno la loro apparizione sulla scena gli 
sponsor; gli accordi tra Rai e Lega Calcio, sempre molto laboriosi,  
                                                 
2
 Cfr. G. Iozzia e L. Minerva, Un matrimonio d’interesse, Roma, 1986 pag. 16 e seg. 
 5
prevedono che nelle trasmissioni giornalistico-sportive le sintesi 
degli incontri siano precedute dai nomi e dai marchi ben visibili 
degli sponsor. Si arriva al 79’ con la nascita del terzo canale, che 
da subito propone una grossa offerta di sport, arrivando dopo 
qualche anno ad avere il 45% delle ore di sport 
complessivamente trasmesse nella televisione. Però la svolta per 
i diritti televisivi e lo sport in genere avviene nel 1980 con la 
nascita di Canale 5 e l’acquisto da parte del network di tutti i diritti 
del Mundialito
3
.  
A questo punto la Rai sente il proprio prestigio intaccato e si va ad 
una disputa sui diritti delle della nazionale. La vicenda si risolve 
grazie alla mediazione del ministro delle Poste e 
Telecomunicazioni: la Rai ottiene gli incontri della squadra italiana 
e Canale 5, riconosciuto ufficialmente per la prima volta come 
interlocutore, l’uso del satellite intercontinentale. Comincia da quel 
momento il gioco al rialzo per l’acquisto dei diritti televisivi. Canale 
5, che importa in Italia una serie di avvenimenti spettacolari dello 
sport americano (innanzitutto il Super Bowl, la finale di football 
americano, all’inizio del 1981) avanza delle offerte per i diritti delle 
olimpiadi di Los Angeles, il risultato è un’impennata dei prezzi, 
che salgono da tre a cinque volte per i maggiori avvenimenti 
sportivi
4
. In alcuni casi Canale 5 e Italia 1 conquistano l’esclusiva 
su avvenimenti che in Italia erano sempre stati visti sotto il 
marchio della Rai: una parte della boxe mondiale, la finale di 
coppa Davis del 1984. Il monopolio è ormai rotto. 
                                                 
3
 Competizione svolta dal 1981 al 1987, che vedeva impegnate le due squadre di Milano e altri club 
prestigiosi di tutta Europa. Si svolgeva a Milano, che era anche la sede dell’emittente.  
4
 Cfr. G. Iozzia e L. Minerva, Un matrimonio d’interesse, Roma, 1986 pag. 21 
 6
Gli effetti si notano anche nei rapporti tra servizio televisivo 
pubblico e l’istituzione sportiva nazionale (CONI). In occasione di 
un errore della Rai nelle trasmissioni della discesa di slittino nelle 
olimpiadi invernali di Sarajevo 84’ il CONI lancia un avvertimento: 
“Il mondo sportivo, pur avendo avuto incoraggianti offerte dalle 
televisioni private, ha sempre preferito il discorso diretto ed 
esclusivo con la Rai, in quanto l’ente radiotelevisivo è l’unico, per 
legge, ad avere la possibilità di effettuare trasmissioni in diretta su 
tutto il territorio nazionale”
5
. 
Questi fatti dimostrano che la crescita di sport e televisione sono 
sempre andati i pari passo, aumentando sempre più le cifre 
investite e l’importanza data ai diritti delle trasmissioni sportive; 
infatti le prime discussioni sono nate per diatribe sui diritti 
televisivi, tanto da portare a mettere in dubbio la posizione 
dominante delle Rai, che all’epoca dei primi fatti era l’unico ente 
televisivo ad aver usufruito di questi diritti. Con l’ingresso nella 
scena nazionale del network privato di Mediaset, si è visto 
abbandonato il monopolio e una crescita esponenziale dei diritti 
relativi allo sport. Negli anni successivi si è vista sempre la Rai 
prevalere nei diritti in chiaro delle sintesi del campionato di serie 
A, almeno fino alla stagione calcistica 2005-2006, che ne ha visto 
l’acquisto da parte di Mediaset, andando ad intaccare la storia e le 
abitudini degli italiani e a mettere fine alla longevità di trasmissioni 
come “Novantesimo minuto”, durata ben 34 anni. 
Ora il matrimonio tra calcio e televisione è consolidato, dopo aver 
vissuto quasi tutti i passi della storia di uno e dell’altro mass 
                                                 
5
 Documento CONI del 3 aprile 1984 
 7
media, andando sempre più a coinvolgere aspetti 
apparentemente esterni come economia e politica. 
Nel breve excursus storico della crescita a braccetto dei due 
mondi si è parlato  dei diritti televisivi cosiddetti “in chiaro”, cioè i 
diritti relativi agli highlights, ossia le sintesi delle partite (che non 
possono superare i 3 minuti per partita). Il vero strappo su questi 
diritti è avvenuto nel 1996, quando il 29 febbraio la Cecchi Gori 
Communications, battendo la concorrenza della RAI e della RTI, 
s’è assicurata l’esclusiva dei diritti radiofonici e televisivi “in 
chiaro” dei campionati di calcio si serie A e B
6
. Sta di fatto che il 
mancato versamento della fideiussione da parte 
dell’aggiudicataria ha permesso di rimettere in campo la palla dei 
diritti per la trasmissione on the air, così da propiziare il ripristino 
dello status quo in favore dell’emittente di Stato, miglior offerente 
in seconda battuta
7
. 
Questo avvenimento ha rappresentato uno spartiacque per questi 
diritti che erano sempre appartenuti alla rete di stato, il fatto che 
poi i diritti stessi siano tornati in seguito alla Rai è solo un 
particolare, infatti, come già visto, dopo meno di 10 anni Mediaset 
farà la voce grande acquistando i diritti in chiaro. 
La tecnologia ha poi fatto il resto, con i diritti “criptati”, cioè con le 
dirette riservate per lo più al satellite che hanno cominciato ad 
influenzare le abitudini del mondo del calcio e degli appassionati 
sin dai primi anni; infatti fino alla comparsa delle dirette sui satelliti 
nessuno avrebbe mai pensato che la sacralità delle partite della 
                                                 
6
 E. Poddighe, “Diritti televisivi”e teoria dei beni,  Padova, 2003, pagg.237 e segg.  
7
 vedi R.Simone, Diritti televisivi, sport e siphoning effect: tutela degli spettatori o delle emittenti in 
chiaro?, in Rivista di diritto sportivo, 1997,  pagg. 47 e segg.  
 8
domenica pomeriggio potesse essere rivoluzionata, fino all’attuale 
“rateizzazione” che parte dall’anticipo del sabato pomeriggio per 
arrivare al posticipo della domenica sera. Tornando ai diritti in 
chiaro, si è subito capito come queste contrattazioni avrebbero 
potuto portare tensioni tra la tv di stato e il principale competitor 
(possiamo anche dire l’unico), che hanno portato a mettere più 
volte in discussione la posizione dominante (almeno in passato) 
della Rai e la loro strategia aziendale per servire i propri abbonati. 
Queste dispute si sono sempre ripetute, arrivando a livelli più alti 
negli ultimi anni, con il già citato acquisto dei diritti da parte di 
Mediaset, fino ancora all’attualità fatta di minacce velate e 
notifiche degli avvocati delle parti.  
Per esempio in data 27 gennaio 2006 Mediaset ha  annunciato 
un’azione legale nei confronti della Rai riguardo a questi diritti, 
nella quale accusa specificatamente la trasmissione “Quelli che il 
calcio…” che riporta in diretta le reti segnate e i risultati delle 
partite, simulando anche dei collegamenti con gli stadi dove si 
giocano le partite. 
Dopo diverse richieste di cessazione, Mediaset agisce per vie 
legali in nome della lega e degli interessi delle squadre stesse, 
affermando che questo comportamento rischia di svalutare i diritti 
in chiaro con conseguenti danni economici per le squadre cedenti 
dei diritti televisivi
8
. Il precedente attesta una sorta di guerra 
fredda tra le due emittenti, in un periodo come quello attuale in cui 
più volte si è discusso di questi diritti. Ricordiamo che invece per 
quanto riguarda i diritti in chiaro della Champions League, (la 
                                                 
8
 www.dgmag.it  27-01-06 
 9
maggiore competizione europea di calcio) la Rai si è aggiudicata 
l’esclusiva, ribaltando la tendenza degli ultimi anni che avevano 
visto questa manifestazione legarsi ai palinsesti di Mediaset. In 
seguito vedremo i diritti criptati e quelli su internet, che sono diritti 
derivanti sempre di diritti  di cui abbiamo parlato e legati alle 
nuove tecnologie.    
 
 
 
1.2 Il potere dei mass media, l’arrivo della pay tv 
 
Dopo aver parlato della nascita, crescita e sviluppo della 
televisione dal 1953 ad oggi, passiamo ad osservare meglio 
l’arrivo della televisione a pagamento nei suoi specifici aspetti, 
individuando il valore aggiunto dato dai diritti televisivi. Ripartiamo 
dal 1977 e vediamo la nostra a televisione al confronto con quelle 
degli Stati Uniti, dove il colore era già utilizzato in maniera più 
diffusa ed era già presente la prima tv a pagamento, la Home Box 
Office, che contava più di 2 milioni di abbonati e un’attività di due 
anni; questa situazione era dovuta anche al fatto che in Europa le 
tv di stato erano detentrici della quasi totalità delle frequenze a 
disposizione, preoccupati di non far finire un mezzo così potente 
nelle mani dei privati. In quegli anni cominciano le prima 
trasmissioni private, ma solo via cavo e monocanali e soprattutto 
fuorilegge.  
La Fininvest nasce come emittente a livello locale. Dalla metà 
degli anni ‘80 ad oggi, la situazione rimane pressoché immutata, 
 10
con Rai e Fininvest proprietari di tre canali a testa, e Tmc 
(diventata l’attuale La7), Mtv Italia e Rete A che trasmettono a 
livello nazionale
9
. Anche la tv a pagamento, come quella free-to-
air, entra nel mercato italiano in ritardo rispetto agli Stati Uniti ed 
altri europei più evoluti: la prima pay tv italiana entra in servizio 
solo nel 1991, ma si adegua velocemente agli standard del 
settore,  diventando la prima a lanciare un’offerta in modalità 
digitale satellitare, nel 1996. 
Dopo queste premesse, passiamo ad analizzare la differenza tra i 
due maggiori tipi di diffusione televisiva, ossia Free-to-air e Pay.  
Come riconosciuto più volte in sentenze precedenti dalla 
Commissione Europea ( casi IV/M.99-Bertelsman/Kirch/Premiere 
e COMP JV.37-B_SKY_B/Kirch_pay-TV) che dall’Autorità 
Garante della Concorrenza e del Mercato (casi A274-
Stream/Telepiù, provv. N. 8386, C4754-Group Canal+/Stream ) 
una differenza fondamentale è costituita dalla modalità di 
finanziamento. Infatti come argomentato dall’AGCM “”nel mercato 
della televisione a pagamento si instaura una relazione 
economica diretta fra emittenti e abbonati, mentre nel mercato 
della televisione la domanda è rappresentata dagli inserzionisti 
pubblicitari che acquistano degli spazi televisivi per la promozione 
dei loro prodotti, né sussiste alcun tipo di relazione diretta tra 
emittenti e telespettatori. (il pagamento del canone non può 
essere assimilato ad un abbonamento, in quanto è una tassa per 
                                                 
9
 La legge 223/90, cosiddetta legge  “Mammì” , consente ad un ente privato di detenere al massimo il 
25% dei canali nazionali in chiaro; oltre ai 9 canali sopraccitati, al momento dell’entrata in vigore 
della legge, sono presenti, in chiaro, anche i canali Telepiù1, Telepiù2, Telepiù3. Questa situazione 
consente a Rai e Fininvest di non dover spegnere alcun canale a loro disposizione.  
 11
il solo possesso di un apparecchio televisivo, e l’ammontare non è 
stabilito dalle emittenti)”
10
.   
Conseguenza diretta di ciò e la distinzione fra i due mercati: 
quello della televisione a pagamento e quello della televisione in 
chiaro. Dal punto di vista del telespettatore i costi sono di due tipi: 
monetario nel caso della tv a pagamento, con l’esborso 
dell’abbonamento, e temporale nella tv in chiaro, con la pubblicità 
inserita nella programmazione. La scelta del telespettatore se 
abbonarsi o meno alla pay-tv, avviene quindi in base al proprio 
reddito e al costo attribuito al tempo “perso” per le inserzioni 
pubblicitarie.  
Sempre dal punto di vista del telespettatore si percepisce la 
differenza nel palinsesto, che risulta più rigido nelle tv in chiaro e 
più adattabile alle proprie esigenze nel caso della tv a pagamento. 
Questi aspetti dimostrano l’importanza dei diritti sportivi e sui film, 
che rappresentano una grossa parte dell’offerta delle tv a 
pagamento; questo considerando anche la formula del “pay-per-
view” , nella quale il telespettatore spende solo se decide di 
acquistare un evento, sportivo o meno, dal bouquet di offerta del 
canale. Come riconosciuto dalla Commissione europea “il cinema 
e i principali eventi sportivi costituiscono i due prodotti faro della 
televisione a pagamento. L’acquisizione di tali diritti è 
indispensabile per produrre programmi con caratteristiche tali da 
attirare e convincere i futuri abbonati a pagare per ricevere tali 
                                                 
10
 Punto 13 Sentenza C5109-Group Canal+/Stream  
 12
servizi: si tratta perciò di programmi che fungono da richiamo per 
la televisione a pagamento”
11
.  
Circa i diritti relativi ad eventi sportivi, un’altra particolarità, 
anch’essa riconosciuta dalla Commissione, è quella di presentare 
“un’elevata deperibilità connessa all’interesse del telespettatore 
ad un’immediata fruibilità dell’evento trasmesso. L’attrattiva di un 
evento sportivo, infatti, per un telespettatore è data generalmente 
dalla sua trasmissione in diretta”
12
. Fra questi eventi sportivi è 
possibile individuare un più ristretto set che gode di vasta 
popolarità fra il pubblico denominato con l’aggettivo Premium; 
sono considerati eventi sportivi premium: il campionato di calcio, 
serie A e B, le fasi finali della Champions League e della coppa 
Uefa, in seconda battuta il campionato di formula 1 e i tornei del 
Grande Slam di tennis (Wimbledon, U.S. Open, Australian Open e 
Roland Garros).  
In tema di diritti sportivi è semplice notare come questi siano 
influenzati dagli avvenimenti e dai protagonisti capaci magari di 
avvicinare tante persone ad uno sport, ne sono esempi lampanti 
la Juventus, che dovendo giocare nella serie B la stagione 2006-
2007, ha provocato un aumento esponenziale dei prezzi dei diritti 
della serie cadetta; invece ci sono sport come lo sci, che ha 
goduto di grossa visibilità e attratto molti appassionati negli anni 
90’, grazie ai successi di Alberto Tomba. 
Da queste considerazioni è facile capire come i diritti sportivi 
rappresentino una delle principali basi per una tv satellitare, ma in 
questi ultimi anni abbiamo assistito all’emergere del Digitale 
                                                 
11
 Cfr. Decisione della Commissione del 27 maggio 1998, Bertelsmann/Kirch/Premiere 
12
 Punto 21 sentenza 13/05/2002 C5109 
 13
terrestre, che ha puntato ugualmente su questi diritti per attrarre 
abbonati. In seguito andremmo ad analizzare la strada di questi 
diritti dalla già citata legge Mammì del 1990 fino ai giorni nostri. 
Secondo un articolo comparso sul sito www.dgmag.it, sulla 
situazione del digitale terrestre al momento della sua apparizione 
nel mondo dell’intrattenimento sportivo, e le prime barriere contro 
cui è andato a sbattere per scontrarsi col colosso Sky; 
individuiamo il momento in cui la piattaforma digitale ha concluso i 
contratti con le principali società italiane: Juventus, Inter e Milan. 
“L'emittente satellitare reagisce dopo l'accordo di Mediaset con i 
tre club sul digitale terrestre. Se non è proprio guerra, è qualcosa 
di simile. E ormai sono tutti contro tutti: Mediaset che con i diritti 
del digitale terrestre di Milan, Inter e Juve ha dato un colpo a Sky; 
la pay tv di Murdoch che dopo l’iniziale momento di smarrimento, 
al grido di “business is business” sta preparando la controffensiva 
su diversi piani; le squadre di calcio che vogliono soldi dal digitale 
terrestre di Mediaset e dal satellitare di Sky. Ma Sky proprio non ci 
sta, tanto da aver fatto due conti e ora sta valutando se chiedere 
soldi indietro a Milan, Inter e Juve. Infatti, quando di recente la tv 
satellitare aveva chiuso l’accordo triennale con le tre squadre per 
un valore economico altissimo, lo aveva fatto in una sorta di 
esclusiva visto che allora Sky era l’unica piattaforma in grado di 
trasmettere il calcio. Ora invece la tv del magnate australiano è 
convinta che i valori vadano ridiscussi e che pertanto potrebbero 
esserci delle decurtazioni sui contratti. Insomma l’esclusiva ha un 
valore che va salvaguardato. Finché la partita si poteva vedere 
solo su Sky aveva un certo peso, se ora si può vedere anche sul 
 14
digitale terrestre (sul computer e sui telefonini) ne ha un altro. In 
qualche modo, anche tutte le altre squadre di calcio, che ancora 
devono chiudere i contratti con Sky, è bene sappiano che le cifre 
potrebbero essere meno stellari se poi si vendono i diritti anche a 
Mediaset, e soprattutto saranno uguali agli ultimi contratti stipulati. 
Peraltro i valori delle squadre di calcio sono costantemente 
monitorati dalle principali società di ricerche. Di recente, quella 
elaborata da Nielsen («indagine monitor calcio»), aveva 
identificato circa 27 milioni di appassionati di calcio, in Italia: tra 
questi il 24% tifa Juve, il 12% Milan, il 12% Inter, il 4% Roma e via 
di seguito. Numeri che possono pesare anche nei contratti. 
Quanto a Mediaset - dopo il colpo di Milan, Inter e Juve - per ora è 
in una fase interlocutoria, ma di trattativa, con altre squadre di 
serie A. Le più felici sono proprio le squadre contattate da 
Mediaset, intenzionata a portare, con gradualità, la serie A sul 
digitale terrestre. Ma la strategia di Mediaset deve essere 
forzatamente a lungo raggio: perché se è vero che avere il calcio 
sui decoder del digitale terrestre è un forte lancio per la nuova 
tecnologia, è anche vero che Mediaset per ora rischierebbe di 
spendere molti soldi acquistando i diritti, senza poi averne un gran 
ritorno. Infatti la prima stagione 2004-2005 è del tutto 
sperimentale e i primi mesi potrebbe anche non riuscire a 
trasmettere le partite (peraltro solo quelle casalinghe) di Milan, 
Inter e Juve. I problemi, riguardo alla tecnologia del digitale 
terrestre, sono di vario ordine. Per esempio, allo stato attuale, è 
coperto solo il 50 per cento della popolazione; ma soprattutto è 
ancora da capire bene in che modo incassare i 3 euro a partita 
 15
che il telespettatore paga attraverso una card acquistata in 
tabaccheria. Insomma per i primi mesi Mediaset effettuerà dei test 
su varie città italiane per vedere di mettere a punto diversi aspetti 
della nuova tecnologia. Poi per la stagione 2005-2006 partirà la 
prima vera offerta per il telespettatore. Che comunque fino al 
2007 continuerà a vedere le partite su Sky che ha i diritti per tutte 
le squadre di serie A. Solo nel 2007, quando scadranno i diritti di 
Sky e Mediaset potrà godere del suo diritto di prima negoziazione, 
tutto verrà ridiscusso. Anche se c’è chi è pronto a giurare che in 
realtà alla fine Mediaset rivenderà i diritti a Sky. Insomma dal 
Biscione non c’è voglia di forte guerra e si usa fare il paragone dei 
telefonini: avere la card ricaricabile o l’abbonamento col canone 
fisso sono due modi diversi di avere il cellulare che coesistono 
benissimo e che si rivolgono a pubblici diversi, proprio come il 
calcio per il digitale e il satellitare. Chissà, forse è vero che c’è 
spazio per tutti”
13
. 
Questa era la situazione con l’arrivo del digitale terrestre di 
Mediaset, e questo ci porta a qualche riflessione. Prima di tutto è 
facile comprendere come Mediaset abbia avuto subito un peso 
importante in questa questione, seppur al momento del suo 
inserimento i problemi tecnici erano diversi e anche significativi. Il 
digitale terrestre, più volte spalleggiato dallo stato con 
finanziamenti di vario genere, assume subito il ruolo di 
concorrente del satellitare, nonostante siano poche le comunanze 
tra i due mezzi. Un altro aspetto è quello della durata dei contratti, 
che visti i vari stravolgimenti societari (come nel caso “Calciopoli”) 
                                                 
13
 www.dgmag.it