2
Ci si potrebbe chiedere il motivo per il quale ho deciso di incentrare la mia tesi di 
laurea su questo argomento: in sintesi potrei dire che ho cercato di unire l’utile al 
dilettevole. 
Mi sembra giovevole aprire qui una breve parentesi per sviscerare il problema. Essendo 
una studentessa senza redditi propri, le mie risorse finanziarie sono sempre state 
limitate per il tempo libero: non essendo però una ragazza sprovveduta, ho iniziato fin 
dal liceo a perseguire le maniere più disparate per reperire biglietti gratuiti per 
partecipare ad anteprime cinematografiche, rappresentazioni teatrali, concerti e 
spettacoli in senso lato. Molte persone non sono a conoscenza delle infinite possibilità 
che le aziende offrono ai propri clienti  per partecipare ad eventi in maniera totalmente 
gratuita. E’ un mondo conosciuto a una ristretta cerchia di persone: o, quanto meno, 
sono pochi individui a conoscerlo davvero bene. 
Al principio ero una fedelissima delle iniziative messe in atto dal quotidiano nazionale 
Corriere della Sera: questo si è sempre adoperato per organizzare eventi per i propri 
lettori. Col passare degli anni ho imparato ad affinare le mie tecniche e ho compreso le 
infinite sfaccettature che questo fenomeno stava assumendo su larga scala. Il Corriere 
della Sera era solo una goccia di un oceano. Infatti le potenzialità erano, e sono, 
pressoché illimitate. Anche perché questa tipologia di manifestazioni è in continua 
espansione qui in Italia. 
Devo la conoscenza di questa realtà a Nina, o meglio al suo sito Internet: 
www.neparliamo.it . Scoperto quasi per caso grazie alla mia passione per i concorsi, 
sono giunta tre anni fa a navigare su questa piattaforma virtuale dedicata quasi 
interamente al cinema. Questo sito segnalava tutte le occasioni, offerte dagli sponsor 
più diversi ed insoliti, per intervenire ad anteprime cinematografiche gratuite: essendo 
molto interessata a questa possibilità, ho iniziato ad utilizzare sistematicamente il sito, 
scoprendone poi il forum, che si è rivelato un incredibile fonte di informazioni, sempre 
fresche ed aggiornate. 
Ammetto che la mia adesione al forum inizialmente aveva scopi puramente utilitari. 
Non ero guidata da nessuno spirito comunitario, scrivevo poco e non davo contributi 
sostanziali. In breve, lo sfruttavo per il mio tornaconto personale. Tutto è cambiato 
quando ho cominciato a conoscere gli altri utenti del forum alle proiezioni dei film di 
cui eravamo riusciti ad entrare in possesso degli inviti. Mi sono affezionata e, quando il 
 3
forum di www.neparliamo.it è stato chiuso per motivi che tuttora in parte ignoro, mi 
sono accorta di quanto grave era la perdita. 
Per fortuna non tutto è andato perduto e, dopo una serie di vicissitudini, una parte degli 
utenti di quel forum è riuscita a trovarsi su un altro spazio virtuale, messo a 
disposizione da un’altra persona, che per me, fino a quel momento, era stata solo un 
freddo nickname: Kiki. Quest’ultima è una ragazza romana che non lesino a definire la 
nostra salvatrice. Per merito suo, il 6 febbraio 2007 il nostro forum festeggerà il suo 
primo anniversario. 
Sono estremamente onorata e gratificata per il fatto di fregiarmi della qualifica di 
moderatore all’interno di questo strumento asincrono di comunicazione telematica 
attraverso il World Wide Web. Il mio atteggiamento è totalmente mutato negli ultimi 
36 mesi e il mio attaccamento nei confronti di questa comunità virtuale si rafforza ogni 
giorno di più. E non solamente perché partecipo gratuitamente, con una frequenza 
sempre maggiore, a spettacoli di vario genere. 
 
Questa mia passione mi ha permesso di avere nozioni di prima mano su questa 
innovazione degli strumenti del marketing che è il brand entertainment. Non solo sono 
venuta al corrente di questo fenomeno relativamente presto (rispetto alla sua vera e 
propria concettualizzazione), ma ho avuto modo di averne un’esperienza diretta, oltre 
che di capirne le dimensioni e seguirne lo sviluppo. 
Naturalmente non sono riuscita da sola ad intuire l’importanza di ciò che stavo vivendo 
in prima persona: è stato solo grazie ai miei studi universitari e ai miei professori che 
ho compreso esattamente il valore e l’influenza di questa rivoluzione delle strategie 
aziendali. Sapevo cosa stava succedendo, ma non sapevo dargli un nome. L’espressione 
“brand entertainment” ha dato una svolta al mio campo cognitivo (non ho 
espressamente esagerato, ma ero alquanto tentata a dire “alla mia vita”). Mi ha aperto 
una nuova finestra sul mondo. E’ per questa ragione che ho voluto indagare a fondo 
questo settore, cercando di costruirne un apparato teorico esplicativo, correlato da casi 
concreti chiarificatori. 
Lo studio sarà quindi ripartito su più fasi: ad un iniziale approfondimento sul rapporto 
tra il mondo dell’impresa e quello della cultura, seguirà un capitolo più specifico che 
avrà il compito di delineare con precisione le peculiarità del fenomeno, soffermandosi 
 4
sui campi di applicazione e sui metodi di realizzazione. Fondamentali si stanno infatti 
rivelando quelle società che riescono ad unire gli obiettivi del marketing aziendale con 
lo sviluppo di attività culturali di vario tipo. Ci si concentrerà quindi su un caso 
specifico, quello della società Comunicare In Teatro, fondata e gestita da Valentina 
Cimino, con sede a Milano. 
Con questo scritto spero di contribuire a far maggior chiarezza su un campo, che ha 
ancora molti lati oscuri, ma che si rivelerà senz’ombra di dubbio una strategia vincente 
nel XXI secolo. 
 5
CAPITOLO 1 
 
LA CULTURA NEL BUSINESS O IL BUSINESS 
NELLA CULTURA? 
 
 
 
Introdotto verso la fine dell’Ottocento, il termine “cultura” sarà la parola chiave del 
nuovo secolo. Il vocabolo appartiene di diritto alla storia occidentale e abbraccia un 
ampissimo ventaglio di significati. Per quanto sia complicato darne una definizione 
univoca, è innegabile la sua relazione con il mondo dell’impresa. A maggior ragione 
quindi, il loro è un rapporto difficile da descrivere, anche se alla base risiede un 
concetto indiscutibile: la cultura è un valore aggiunto per l’impresa. 
Per addentrarci nel problema, è possibile fin da subito cercare di distinguere una cultura 
“interna” e una “esterna” all’impresa. La prima è la concretizzazione di quella che 
l’antropologo inglese Edward Taylor definì nel 1871 “quel complesso insieme, quella 
totalità che comprende la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il 
costume, e qualsiasi altra capacità e abitudine, acquisita dall’uomo in quanto membro 
di una società”
3
: si possono qui includere tutte le attività specifiche aziendali, dalla 
produzione alla formazione del personale, dalla ricerca all’istituzione di archivi storici. 
La seconda si esplica, invece, in quella serie di forme ed attività culturali (come l’arte, 
il cinema, il teatro, la musica, la danza e la letteratura) su cui l’azienda può usare la 
propria influenza, ponendo in essere una serie di interventi che spaziano dalla mera 
sponsorizzazione alla più elaborata realizzazione di eventi. 
In che senso la cultura può essere considerata un valore aggiunto allora? Economisti 
americani ed europei hanno sottolineato come questa sia il miglior strumento per 
conferire esclusività e riconoscibilità al prodotto. Negli ultimi anni si è sempre più 
investito in ambito culturale, proprio in conseguenza di apposite indagini di mercato 
che hanno evidenziato come un’azienda che promuova iniziative culturali, nelle più 
                                                 
3
 E.B. TAYLOR, Cultura primitiva, 1871. 
 6
diverse modalità, si garantisca un considerevole ritorno di immagine. Questo tipo di 
attività viene ormai adoperato come un vero e proprio strumento di marketing, molto 
più influente delle ormai banali campagne pubblicitarie. 
I mezzi di comunicazione aziendale tradizionali (personal selling, pubblicità, 
promozioni, direct marketing, sponsorship, esibizioni, packaging, punti vendita e 
merchandising, passaparola e identità aziendale) devono essere rivisti e reinterpretati 
alla luce del nuovo modo dei consumatori di relazionarsi con i brand. La cultura può 
essere interpretata come la chiave di volta in questo processo. Infatti, le iniziative 
intraprese in questa sfera sono un’opportunità unica per le imprese di ottenere il 
massimo rendimento dalla propria competenza manageriale, tecnologica e 
organizzativa, trasmettendo ai vari stakeholders il proprio impegno civile, etico e 
morale, che si trasforma in nient’altro se non un feedback fortemente positivo per il 
marchio. Non è solo l’opinione pubblica ad essere influenzata da tali politiche, ma 
anche i dipendenti dell’azienda stessa dimostrano maggior soddisfazione e senso di 
appartenenza al gruppo di lavoro. 
 
Una ricerca particolarmente significativa in proposito è quella condotta dall’agenzia 
Unicab Italia per conto dell’Associazione Civita, in occasione del convegno “L’impresa 
tra cultura e comunicazione” svoltosi a Roma il 13 novembre 2002. L’obiettivo primo  
di questo studio è stato di comprendere la relazione esistente tra il mondo dell’impresa 
e quello della cultura: per questo motivo sono state intervistate 202 aziende operanti nel 
settore dei servizi e dell’industria. Si è cercato di calcolare il valore attribuito alla 
cultura tradizionalmente intesa e il valore materiale assegnato al mondo della cultura 
(in termini di impegno e benefici). 
Da questo sondaggio è emerso innanzitutto che l’86,6% degli intervistati considera la 
cultura come un valore per il mondo dell’impresa, contro un 13,4% che non condivide 
quest’affermazione. Nonostante questa decisa presa di posizione, solo il 58,7% 
ammette di aver sostenuto iniziative culturali. Alla domanda in cui veniva 
esplicitamente chiesto il motivo per cui non erano state svolte attività in questa 
direzione, le risposte sono state eterogenee, come dimostra il grafico della pagina 
seguente. 
 
 
 7
24,1
6,6
4,1
6,9
7,2
14,4
33,7
0 5 10 15 20 25 30 35 40
NESSUN MOTIVO IN PARTICOLARE
 ALTRO
MANCANZA DI INTERESSE PER IL TEMA
MANCANZA DI RISORSE UMANE E DI TEMPO
NON CREDIAMO IN QUESTO TIPO DI INVESTIMENTO
RISORSE ECONOMICHE NON ADEGUATE
NON RIENTRA NELLA NOSTRA POLITICA AZIENDALE
Grafico 1.1 Perché la sua azienda non ha mai sostenuto iniziative culturali? 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte: Associazione Civita e Unicab 
 
 
Il 58,7% di aziende che ha avviato progetti in campo culturale può essere suddiviso a 
sua volta, a seconda della tipologia delle iniziative: infatti, all’interno di questo 
segmento il 76,3% si è dedicato ad eventi, il 6,8% ad interventi strutturali, mentre il 
restante 16,9% ha dato spazio ad entrambi. 
L’entità dell’investimento sostenuto da queste imprese è evidenziato dal seguente 
grafico: 
 
 
Grafico 1.2  Che genere di iniziative culturali sono state sostenute dalla sua azienda? 
 
Fonte: Associazione Civita e Unicab 
%
93,8
6,3
100,0
13,6
75,0
25,0
7
72,1
20,9
11,4
70,5
18,2
0
20
40
60
80
100
< 1 m ilione
di €
1 - 5
milioni di €
5 - 10
milioni di €
10 - 30
milioni di €
> 30 milioni
di €
INTERVENTI STRUTTURALI
EVENTI
ENTRAMBI
 8
Tra coloro che hanno dichiarato di aver appoggiato interventi strutturali, l’82,1% si è 
impegnato nel restauro di monumenti, il 42,9% nella ristrutturazione o nel recupero di 
spazi e/o strutture, il 14,3% nella creazione o costruzione di nuovi spazi e/o strutture e 
il 14,3% in altro ancora.  
Anche gli eventi culturali sostenuti riguardano ambiti diversi, come quest’altro grafico  
mette bene in risalto: 
 
 
Grafico 1.3 Che genere di eventi culturali sono stati sostenuti dalla sua azienda? 
 
 
Fonte: Associazione Civita e Unicab 
 
 
Le motivazioni addotte dalle imprese per giustificare l’attività culturale sostenuta sono 
le seguenti: 
 
 
42,7
1,8
19,1
21,8
27,8
32,7
1,8
10,4
0,9
0 102030405060
ALTRO
EVENTI INTERCULTURALI
DANZA-BALLETTI
SFILATE DI MODA
MANIFESTAZIONI TEATRALI
MOSTRE OGGETTI - DESIGN
CONVEGNI - PREMI LETTERARI
ESPOSIZIONI-ARTI FIGURATIVE
CONCERTI
 9
10,1
4,2
10,1
14,4
33,0
46,6
0 102030405060
ALTRO
UTILITA' SOCIALE
AFFINITA' CON
L'ATTIVITA' AZIENDALE
ATTINENZA COL
PROPRIO TERRITORIO
SPESSORE CULTURALE
DELL'INTERVENTO
RITORNO DI IMMAGINE
3,3
6,6
12,1
19,8
86,8
0 2040608010
ALTRO
ARRICCHIMENTO
CULTURALE
ECONOMICI
AUMENTO CONTATTI
PRESTIGIO/
IMMAGINE
Grafico 1.4  Secondo quali criteri la sua azienda seleziona e definisce il tipo di iniziativa a cui aderire o da gestire? 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte: Associazione Civita e Unicab 
 
Rilevante è stato anche capire il tipo di feedback ottenuto dalle imprese in seguito alle 
iniziative culturali intraprese: tre quarti del campione analizzato (il 77,1% per 
l’esattezza) ha riconosciuto di aver riscontrato benefici, il 13,6% dichiara di non avere 
avuto alcun tornaconto, mentre il 9,3% rimane neutrale, asserendo di non essere in 
grado di esprimere un giudizio.  
Il gruppo che ha individuato degli evidenti vantaggi ripartisce questi utili in questo 
modo: 
 
 
Grafico 1.5  Che tipo di benefici ha portato alla sua azienda l’aver ideato, organizzato o sostenuto iniziative 
culturali? 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte: Associazione Civita e Unicab 
%
%
 10
6,3
6,3
12,5
18,7
18,7
37,5
0 1020304050
INIZIATIVE NON FINALIZZATE AD UN RITORNO
 MEDIA INEFFICACI
PROBLEMI ORGANIZZATIVI
SCELTA INIZIATIVA NON BEN MIRATA
RISORSE NON SUFFICIENTI
NON SA INDIVIDUARE UNA CAUSA
Coloro, invece, che hanno indicato di non aver avuto frutti adducono le seguenti 
motivazioni: 
 
Grafico 1.6 Per quale motivo l’aver ideato, organizzato o sostenuto iniziative culturali non ha portato benefici alla 
sua azienda 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte: Associazione Civita e Unicab 
 
 
Alla luce di questi fatti, l’87,3% del campione dichiara di vedere la cultura come 
un’opportunità comunicazionale: questo sia perché garantisce un ritorno di immagine 
(57,5%), sia perché la cultura coinvolge tutti (32,6%) sia per altri motivi non meglio 
esplicitati (9,9%). Al contrario il 9,3% delle imprese intervistate non ritiene la cultura 
utile per la comunicazione aziendale e il 3,4% dichiara di non avere una precisa 
opinione in proposito, spiegando così il loro punto di vista: 
 
 
%
 11
31,6
10,5
5,3 5,3
26,3
21,0
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
NON
RAGGIUNGE
TUTTI I TARGET
RITENIAMO PIU'
EFFICACI ALTRI
MEZZI
RITORNO DI
IMMAGINE NON
ASSICURATO
IL MONDO
DELLA
CULTURA NON
HA ATTINENZA
CON QUELLO
DELL'IMPRESA
ALTRO NON SA
Grafico 1.7  Perché la cultura non rappresenta una realtà comunicazionale? 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte: Associazione Civita e Unicab 
 
 
L’analisi si è poi spostata sull’organizzazione di queste iniziative ed è subito stato 
chiaro come esse siano organizzate direttamente dall’azienda solo per il 29,7%. La 
prassi (confermata dal 70,3% di intervistati) è di rivolgersi a realtà esterne. In effetti un 
altro dettaglio su cui si è soffermata la ricerca è stata la verifica della presenza di un 
responsabile culturale all’interno dell’organizzazione aziendale: il dato sembra qui 
significativo ma deludente, in quanto solo l’11,9% prevede questa figura. 
 
Un’altra ricerca che può risultare utile a questo livello è quella commissionata 
dall’Agenzia della Comunicazione e condotta, su oltre 300 top manager di imprese 
italiane medio-grandi che investono in comunicazione, dall’Istituto Astra. Questo 
studio è stato divulgato il 9 novembre 2006 in occasione della manifestazione Visual 
Communication, organizzata da Fiera Milano International. Questa volta l’analisi si è 
focalizzata sulla figura dell’event manager, posizione non coincidente con quella del 
responsabile culturale, ma spesso sovrapponibile. Anche qui è emerso come questa 
figura sia tuttora poco diffusa all’interno delle aziende italiane: infatti, il 71% degli 
intervistati afferma che non esiste alcun event manager nella propria organizzazione. E’ 
altresì rilevante un secondo dato: il 40% del campione puntualizza che ambirebbe ad 
assumerne uno entro il 2008. 
%
 12
Cosa possiamo quindi estrapolare dai dati appena riportati? 
Innanzitutto si può affermare che la situazione sopra descritta denota un atteggiamento 
ambivalente, per non dire schizofrenico, delle aziende italiane. Infatti il rapporto con il 
mondo della cultura viene ritenuto rilevante, ma nello stesso tempo si può constatare 
come poche realtà cerchino di instaurarvi una relazione. Queste rare imprese, però, 
sono state capaci di trarne grande profitto. Tuttavia, a livello generale, non viene 
prevista nessuna formazione per i manager in questa direzione. Questi sono dati 
totalmente contrastanti e lascerebbero ipotizzare un completo disinteressamento delle 
aziende ad aumentare i propri utili. Ma poiché l’impresa è, per sua stessa definizione, 
un organismo che coordina prestazioni di lavoro e strumenti adeguati per il 
conseguimento di finalità economiche, questa congettura non è in nessun modo 
credibile. 
Nella sua opera L’impresa in ascolto
4
 il sociologo francese Michel Crozier sostiene la 
necessità di “dirigere attraverso la cultura”. Anche Kaplan & Norton
5
 giungono alle 
medesime conclusioni, nel loro studio sulla società post-industriale, affermando che il 
valore delle imprese non è determinato dal loro conto economico, ma ha delle basi 
qualitative. 
Per le aziende investire in cultura ha molteplici significati: lasciare una testimonianza, 
consolidare i legami con il contesto di riferimento, contribuire alla propria eccellenza 
intellettuale e competitiva, costruirsi un’immagine oltrepassando il marketing 
tradizionale.  
Durante il convegno organizzato da Civita nel 2002, alla domanda “esiste un futuro per 
l’investimento in cultura da parte delle imprese?”, l’ex Ministro per i Beni e le Attività 
Culturali Giuliano Urbani aveva sottolineato come la risposta potesse essere duplice. 
Infatti, se l’obiettivo delle aziende fosse un profitto diretto derivante dalla gestione di 
un bene artistico, la risposta sarebbe stata negativa; ma se, al contrario, il fine fosse un 
ritorno indiretto rispetto all’investimento, la sua risposta sarebbe stata assolutamente 
positiva. 
                                                 
4
 M. CROZIER, L’impresa in ascolto, Il sole 24 ore, Milano 1990. 
5 
R. S. KAPLAN, D. P. NORTON, The balanced scorecard: translating strategy into action, Boston: Harvard Business 
Press, 1996. 
 13
Infatti la cultura può concorrere alla creazione di quel plusvalore identitario necessario 
all’impresa per distinguersi e ottenere un posizionamento privilegiato nella mente degli 
stakeholders. Le iniziative culturali non solo attraggono un sempre più consistente 
numero di persone, consentendo al brand di relazionarsi col grande pubblico, ma, 
soprattutto, conferiscono prestigio e qualità al marchio. E’ già stato appurato come gli 
stakeholders siano indotti a giudicare in maniera molto più positiva le società che 
manifestino una particolare attenzione alle problematiche sociali: risale al 1984 
l’espressione “responsabilità sociale di impresa”, coniata da R. Edward Freeman nel 
suo saggio Strategic Management: a Stakeholder Approach, per indicare l'integrazione 
di preoccupazioni di natura etica all'interno della visione strategica di 
un’organizzazione. 
Nonostante gli scarsi incentivi statali
6
, il rapporto tra impresa e cultura si è 
concretizzato in passato e continua a concretizzarsi soprattutto nelle forme canoniche 
del mecenatismo e della sponsorizzazione (di mostre d’arte, di restauri, di concerti, 
ecc...). Nell’ultimo periodo, però, si sta notando un’evoluzione: si cerca per l’appunto 
di abbracciare progetti più complessi, trasformando l’intervento sulla cultura in una 
strategia di comunicazione che leghi - senza intermediari - l’identità stessa dell’azienda 
(o il prodotto finale) all’evento culturale. 
Possiamo quindi distinguere due principali indirizzi, quelli che il semiologo Omar 
Calabrese
 
definisce “partecipativo” ed “inventivo”.  
Il primo include tutte le iniziative a cui le imprese aderiscono, provando ad incanalare 
sull’azienda un complesso di valori che è già implicato in ciò che si manifesta nel 
sociale. Agendo in questo modo, l’azienda ha due vantaggi: poter essere presente sulla 
scena culturale cooperando con altre istituzioni ed intessere relazioni non-profit con 
differenti soggetti sociali, sempre importanti per l’immagine aziendale. Questo filone 
comprende: 
• la sponsorizzazione di mostre e spettacoli; 
• il finanziamento di musei, fondazioni ed istituti; 
• il finanziamento della ricerca su campo; 
• il finanziamento di restauri; 
                                                 
6
 In Italia e in Europa in generale, il mecenatismo è ancora considerato un fenomeno esclusivamente privato e non 
suscettibile di piena deducibilità fiscale, come avviene in altri paesi come gli Stati Uniti d’America. 
 14
• la pubblicazione di testi rari e specialistici a tema, diversamente non eseguibili. 
 
La seconda tendenza prevede l’attuazione di politiche di investimento culturale del tutto 
indipendenti: ciò significa che eventi e progetti culturali vengono prodotti 
autonomamente dall’impresa. Questa pratica è molto meno diffusa, ma si prospetta 
anche nettamente più interessante, dal punto di vista del tornaconto aziendale, per vari 
motivi: in primis l’azienda si configura come un vero e proprio propulsore per la 
cultura, presentandosi come interlocutore diretto e acquisendo credito sociale; 
secondariamente il successo di un’iniziativa è direttamente riconducibile all’impresa, la 
quale, oltretutto, non corre più il rischio di patire gli effetti negativi causati da eventuali 
insuccessi altrui. 
 
Non si può, infine, non accennare al Premio Impresa e Cultura messo in palio dal 
concorso nazionale concepito da Bondardo Comunicazione esattamente dieci anni fa. I 
dati in merito sono significativi: le aziende che si sono candidate per ricevere questo 
riconoscimento hanno investito 269 milioni di euro
7
 in progetti culturali dal 1997 al 
2005. 
Un sondaggio realizzato tra le imprese partecipanti ha chiarito una volta per tutte quali 
fossero i vantaggi nell’intraprendere iniziative di stampo culturale: la valorizzazione del 
marchio, il ritorno d’immagine presso pubblici mirati, il consenso sociale, l’incremento 
dell’orgoglio di appartenenza da parte delle risorse interne, l’affiorare di un nuovo 
pensiero stimolatore di creatività, la qualificazione della comunicazione all’esterno e 
all’interno, per non parlare dei vantaggi economici rispetto alle tradizionali leve di 
marketing. La cultura può esercitare un ruolo di primo piano come fonte inesauribile di 
tecniche e soluzioni innovative per un’azienda che reputa la creatività una risorsa 
importantissima per trionfare nelle lotte di mercato. 
In questo contesto è poi emerso come sia indispensabile occuparsi delle pianificazioni a 
medio-lungo termine di marketing (e non solo), delle necessità di uno scambio con il 
contesto locale, del rispetto per le tradizioni del territorio di appartenenza e del 
coinvolgimento dei dipendenti nei progetti culturali attivati. La relazione tra impresa e 
                                                 
7
 Questa cifra è arrotondata per difetto, in quanto quasi un centinaio delle imprese concorrenti in tutti questi anni non 
hanno fornito indicazioni precise relative all’ammontare del loro investimento. 
 15
cultura non può più procedere solo con incontri sporadici, ma deve modificarsi, 
diventando un rapporto costante e duraturo. Scommettere sui valori identitari, stabilire 
le finalità, selezionare il codice espressivo, predisporre le tecniche di comunicazione 
più efficaci sono le mosse fondamentali per ricavare frutti da ogni investimento 
culturale. 
 
In breve, si può riassumere il tutto dicendo che inizialmente la cultura veniva 
interpretata come sostegno all’arte, come impegno nel sociale e come strategia. Le 
iniziative venivano scelte in base al tipo di progetto artistico, all’interesse soggettivo 
per la causa e alla tipologia di target dell’elemento artistico. Ora la cultura non è più 
solo questo: è, invece, un fattore critico di grande interesse per il posizionamento del 
brand. Nelle prossime pagine vedremo come l’intrattenimento culturale, in particolare, 
si stia rilevando una leva di marketing importantissima per le imprese al giorno d’oggi..