3 
INTRODUZIONE 
 
Il presente lavoro si propone di affrontare il tema del pricing delle azioni di nuova 
quotazione, molto dibattuto a livello internazionale ma poco approfondito in Italia. Non 
sono infatti numerosi gli studi che hanno affrontato questo tema sul mercato azionario 
italiano; una possibile motivazione potrebbe derivare dallo scarso sviluppo del nostro 
sistema finanziario, in comparazione con quelli ben più sviluppati di Stati Uniti, Regno 
Unito e altri paesi europei. 
In linea teorica, il prezzo di un titolo azionario dovrebbe essere determinato tenendo 
conto, da un lato, delle condizioni di mercato nel momento in cui il titolo viene offerto 
(contesto macroeconomico, grado di interesse degli investitori, livello dei tassi di 
interesse, presenza di altri collocamenti nello stesso periodo, ecc.), e dall’altro dalla 
situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società emittente. Poiché le 
imprese che si affacciano per la prima volta sul mercato mobiliare sono poco 
conosciute, specie se esistenti da pochi anni e/o operanti in settori di recente creazione, 
si manifesta un’elevata difficoltà nel prevederne le capacità di generazione dei flussi di 
cassa, complicando non poco il processo di determinazione di un prezzo corretto. 
Quest’ultimo processo, nella realtà estremamente complesso e laborioso, è 
fondamentale per il successo o l’insuccesso dell’operazione, poiché la fissazione di un 
prezzo troppo basso avrà un impatto negativo sull’emittente, il quale non avrà sfruttato 
pienamente la sua capacità di raccogliere i capitali necessari allo sviluppo, mentre la 
fissazione di un prezzo troppo elevato provocherà enormi problemi dal lato del 
collocamento dei titoli al pubblico degli investitori. 
Molte ricerche e analisi sui mercati anglosassoni hanno dimostrato come sia 
complesso e articolato il processo di determinazione del prezzo. In particolare, nel breve 
termine sono stati messi in luce due ordini di problemi: 
 
 le IPO sembrano offrire rendimenti iniziali (nello specifico, si parla del 
rendimento al primo giorno di quotazione) significativamente superiori rispetto al 
rendimento medio di mercato; 
 alcuni studiosi hanno rilevato che le IPO sono più frequenti in determinati periodi 
(hot IPO markets) e meno frequenti in altri (cold IPO markets); questo fenomeno 
di ciclicità influenza anche la dimensione dell’extra-rendimento di cui al primo 
punto.
4 
A questi due problemi se ne aggiunge un terzo, la c.d. long run underperformance: 
gli elevati rendimenti iniziali sembrano annullarsi nel lungo periodo, risultando in una 
performance delle IPO peggiore rispetto al rendimento medio offerto dal mercato. 
Il comportamento anomalo delle IPO, noto con il termine “underpricing”, ha 
cominciato ad essere studiato a partire dagli anni 70’. Successivamente, innumerevoli 
accademici, economisti e ricercatori hanno elaborato svariate teorie nel tentativo di 
giustificare questo fenomeno, il quale sembra palesemente contraddire l’ipotesi di 
efficienza dei mercati. 
Muovendo da queste considerazioni, il presente lavoro si sviluppa come segue: 
 
 il primo capitolo, dopo aver brevemente analizzato le motivazioni sottostanti la 
quotazione e i rischi ad essa connessi, svolge una panoramica introduttiva 
sull’evoluzione del mercato globale delle IPO negli ultimi anni, evidenziando 
l’impatto della crisi finanziaria internazionale del 2008 e della crisi, circoscritta 
all’area europea, derivante dagli interventi di austerity promossi da alcuni paesi 
in difficoltà. In secondo luogo saranno analizzate le principali differenze tra 
quelli che fin’ora sono stati i due più importanti mercati delle IPO, ovvero quello 
statunitense e quello europeo. Successivamente un’attenzione specifica sarà 
destinata al mercato italiano, con un’analisi delle criticità più importanti degli 
ultimi 20 anni. Infine, verrà effettuato un breve accenno alle motivazioni 
sottostanti il fenomeno del delisting, ovvero la cessazione delle negoziazioni sul 
mercato regolamentato; 
 il secondo capitolo analizza in dettaglio l’articolato processo di quotazione al 
quale un’impresa deve sottoporsi per accedere al mercato. Vengono quindi 
presentate le diverse opportunità a disposizione dell’impresa in termini di 
segmenti di mercato, i requisiti necessari e gli adempimenti che devono essere 
rispettati una volta ottenuta la quotazione. Vengono poi descritti tutti i soggetti 
coinvolti e viene analizzato, punto per punto, l’articolato processo di quotazione, 
con focalizzazione su alcuni aspetti particolari, come le clausole di lock-up, la 
metodologia del bookbuilding, il pricing dei titoli e le attività di stabilizzazione 
post-quotazione, facendo anche un’accenno all’opzione greenshoe. A seguire, 
saranno analizzati i costi dell’intera operazione, suddivisi tra diretti e indiretti, 
nonché per controparte di riferimento, includendo anche le commissioni dovute a 
Borsa Italiana e Consob. Infine, il secondo capitolo si conclude analizzando, con
5 
riferimento alla determinazione di un primo intervallo di prezzi sul quale poi 
costruire gli “aggiustamenti” successivi, i principali metodi che sono 
comunemente utilizzati per la valutazione delle aziende, vale a dire il metodo 
finanziario (nella formula del DCF, Discounted Cash Flow) e il metodo dei 
multipli di mercato. Questi due metodi, pur non privi di difetti (come vedremo), 
hanno gradualmente sostituito tutti gli altri (oggi utilizzati molto più raramente e 
solo in casi particolari) come metodologia comunemente applicata dalle banche 
d’investimento e dagli analisti finanziari per la determinazione del valore della 
società quotanda; 
 il terzo capitolo infine, svolge un’analisi, applicata al mercato italiano, del 
fenomeno di cui si è accennato precedentemente in merito all’extra-rendimento 
iniziale delle IPO. Viene preliminarmente effettuata una rassegna delle teorie 
avanzate durante gli anni per la spiegazione dell’underpricing, le quali 
risulteranno essere estremamente utili per l’interpretazione dei modelli 
econometrici testati successivamente. Verrà quindi presentato il campione 
oggetto di analisi, il quale comprende tutte le IPO sul mercato azionario italiano 
dal 2003 ad oggi (escludendo il segmento di più recente costituzione, cioè AIM 
Italia). Si troverà conferma del fatto che l’underpricing è un fenomeno presente 
anche nel nostro campione e statisticamente significativo. Verranno poi 
presentati alcuni modelli di regressione semplice e multipla per individuare le 
variabili più significative per la spiegazione del fenomeno. Come vedremo, i 
risultati ottenuti sembrano confermare pienamente alcune teorie e smentirne altre, 
almeno nel campione oggetto di analisi. In questo contesto sarà analizzato, 
seppur in maniera parziale rispetto a quanto effettuato dagli Autori originali, il 
fenomeno di hot e cold IPO markets. Verranno infine presentate alcune relazioni 
tra le variabili più utilizzate nell’analisi empirica, utili per la comprensione dei 
modelli di regressione multipla.
7 
1.1 INTRODUZIONE 
 
Molte società con performance positive, private o caratterizzate dalla presenza nel 
capitale di investitori istituzionali, affrontano un momento, durante il loro ciclo di vita, 
in cui valutano l’ipotesi di quotarsi in un mercato regolamentato. Per esempio la società 
ha sviluppato un nuovo piano di investimenti da finanziare o vuole affrontare un 
ricambio generazionale della proprietà. Oppure ancora, alcuni membri della famiglia 
fondatrice o investitori istituzionali cercano un’opportunità per uscire e monetizzare 
l’investimento. Con il termine “Offerta Pubblica iniziale” o IPO (dall’inglese Initial 
Public Offering), si intende un’offerta al pubblico dei titoli di una società che intende 
quotarsi per la prima volta sul mercato regolamentato. Le offerte pubbliche iniziali sono 
generalmente promosse da un’impresa il cui capitale è posseduto da uno o più 
imprenditori, o da un ristretto gruppo di azionisti (che possono includere i venture 
capitalists
1
), che decide di aprirsi ad un pubblico di investitori più ampio grazie alla 
quotazione in Borsa. L’impresa che promuove l’IPO può scegliere tra diverse 
alternative per offrire sul mercato una quota del proprio capitale azionario: 
 
 Offerta Pubblica di Sottoscrizione (OPS), cioè la possibilità data agli investitori 
di sottoscrivere azioni di nuova emissione; 
 Offerta Pubblica di Vendita (OPV), ovvero la vendita di azioni già esistenti e 
possedute dagli attuali azionisti; 
 Offerta Pubblica di Vendita e di Sottoscrizione (OPVS), formula più comune, 
che prevede l’offerta di titoli avente ad oggetto in parte azioni già emesse (OPV) 
e in parte azioni di nuova emissione (OPS).  
 
Nel caso di un’OPS, poiché sono collocate sul mercato azioni di nuova emissione, 
l’offerta comporta un aumento di capitale per l’impresa. Per contro, nell’OPV gli 
azionisti controllanti e/o gli investitori istituzionali presenti nel capitale dell’impresa 
cedono, in parte o integralmente, le azioni in loro possesso; in questo caso non vi è 
quindi raccolta di nuovo capitale per l’impresa, ma solo raccolta di liquidità per gli 
offerenti.  
                                                
1
 Con il termine Venture Capital si intende l’apporto di capitale di rischio da parte di un investitore per 
finanziare l’avvio e la prima crescita di un’attività imprenditoriale ad elevato potenziale di sviluppo.
8 
L’accesso al mercato dei capitali tramite la quotazione in Borsa rappresenta quindi 
uno strumento estremamente importante per tutte quelle imprese che desiderano 
confrontarsi in scenari competitivi sempre più complessi che richiedono piani industriali 
solidi, importanti capitali per realizzarli e una chiara visione strategica. Di seguito 
alcuni dati che supportano tale affermazione
2
: 
 
 grazie alla quotazione, le imprese riescono a ottenere tassi di sviluppo più elevati, 
mantenendoli stabili nel tempo: il fatturato pre-quotazione cresce del 22% annuo 
e del 18% post-quotazione, mentre il dato medio è del 7%; 
 4 imprese su 5 dichiarano che senza la quotazione la crescita aziendale sarebbe 
stata più lenta; 
 il 40% delle risorse raccolte grazie all’offerta pubblica iniziale sono destinate 
all’attività di sviluppo per linee esterne: il 70% delle imprese effettua almeno 
un’operazione di M&A e mediamente si osservano, dopo la quotazione, 4 
acquisizioni per impresa; 
 le imprese incrementano in maniera significativa gli investimenti grazie 
all’accesso al mercato azionario: il tasso di investimento annuo passa dal 15% 
pre-quotazione al 23% post-quotazione. 
 
La quotazione permette quindi non solo di accedere ad un nuovo canale di 
finanziamento, ma dà vita ad un processo che modifica sia il sistema proprietario e 
manageriale, sia i rapporti con i principali stakeholder (ovvero clienti, fornitori, 
dipendenti, ecc.) e con l’ambiente finanziario in genere. Si tratta, dunque, di una 
decisione di rilevanza strategica che deve essere presa dopo un’attenta valutazione 
dell’impatto sull’organizzazione dell’attività aziendale, confrontando benefici e 
svantaggi legati alla scelta.  
Dopo questa breve introduzione, si analizzano le motivazioni che spingono 
un’impresa alla decisione di quotarsi in Borsa, nonché gli svantaggi ad essa correlati. 
 
1.2 BENEFICI E RISCHI DELLA QUOTAZIONE 
 
La quotazione è un’opportunità per le imprese, ma essa è un’operazione 
estremamente complessa, per la numerosità delle variabili che l’impresa deve prendere 
                                                
2
 Fonte: http://www.Borsaitaliana.it/azioni/come-quotarsi/come-quotarsi.htm
9 
in considerazione, la limitatezza dei tempi di realizzazione e la necessità di rispettare le 
procedure e i vincoli previsti dalla normativa. Poiché l’impresa quotata assume un 
interesse “pubblico” (deve essere cioè garantita la tutela degli investitori), è importante 
che l’attività aziendale sia coerente con l’obiettivo della massimizzazione del valore per 
gli azionisti (cioè la massimizzazione del prezzo azionario) e con la trasparenza della 
gestione e della comunicazione
3
. 
Anche se i benefici possono essere diversi a seconda delle caratteristiche della 
singola realtà imprenditoriale oggetto di studio, è comunque possibile identificare una 
serie di vantaggi, di carattere generale, riconducibili alla decisione di quotarsi
4
: 
 
1.   Maggiore solidità della struttura finanziaria: la quotazione può essere associata 
ad una modificazione della struttura finanziaria dell’impresa, con l’obiettivo di 
ridurre l’indebitamento e di conseguenza il costo del capitale di debito
5
. Una 
società quotata, inoltre, può avere accesso al capitale di rischio con una maggiore 
facilità e a costi più contenuti rispetto ad una società non quotata. Il capitale 
raccolto con la quotazione può, come già accennato precedentemente, essere 
utilizzato per finanziare la crescita per linee esterne attraverso future 
fusioni/acquisizioni, oppure la crescita interna attraverso nuovi investimenti 
(alcuni studi hanno dimostrato che all’aumentare della dimensione degli 
investimenti che l’impresa intende effettuare aumenta la probabilità che la stessa 
si quoti in Borsa
6
). Inoltre, la quotazione può rappresentare un’opportunità per 
cogliere il trend favorevole nel mercato finanziario, traendo vantaggio da un 
miglior pricing dei titoli sul mercato. Attraverso la quotazione, infine, si crea un 
bene, il titolo quotato, che può essere utilizzato come mezzo di pagamento o di 
scambio in operazioni di finanza straordinaria. 
                                                
3
 La teoria sostiene che le società in grado di sfruttare appieno la quotazione in Borsa sono quelle 
caratterizzate da importanti piani di investimento o da progetti altamente innovativi. Questo perché gli 
azionisti, impiegando i loro fondi in un’ottica di lungo periodo, puntano sullo sviluppo futuro della 
società. 
4
 Draho J., “The IPO Decision. Why and How Companies Go Public”, Edwar Elgar, Publishing, 2004; 
Borsa Italiana, AIFI, Pwc, Guida alla quotazione, giugno 2001. 
5
 E’ necessario evidenziare che spesso, nel passato e, purtroppo, ancora oggi, per molte società, la 
quotazione in Borsa è stata utilizzata esclusivamente per riequilibrare strutture finanziarie estremamente 
sbilanciate verso il debito, con un rapporto di leverage insostenibile: la raccolta di denaro fresco serviva 
per rimborsare i debiti precedentemente contratti e non per perseguire nuovi piani di sviluppo e di 
investimento. Pagano M., Panetta F., Zingales L., Why do Companies go Public? An Empirical Analysis, 
Working Paper 5367, Cambridge, novembre 1995. 
6
 Pagano M, Roell A. (1995), “The Choice of Stock Ownership Structure: Agency Costs, Monitoring and 
Liquidity”, mimeo, Università Bocconi, ECARE.
10 
2. Maggior potere contrattuale con le banche: avendo accesso al mercato azionario 
e diffondendo maggiori informazioni alla generalità degli investitori, l’azienda 
suscita una maggiore concorrenza e si assicura un minor costo del capitale, 
l’accesso a maggiori risorse a titolo di capitale di debito o entrambi
7
. Per questi 
motivi, la probabilità di quotarsi in Borsa è maggiore quando l’azienda paga 
elevati tassi di interesse sul proprio debito. 
3. Miglioramento dell’immagine aziendale: lo status di impresa quotata conferisce 
prestigio e notorietà. La maggiore trasparenza delle strategie aziendali, unita alla 
necessità di fornire informazioni periodiche dettagliate sugli accadimenti 
societari e sui risultati ottenuti aumentano il valore dell’azienda e migliorano lo 
standing creditizio della società. Più in dettaglio, l’obbligo di revisione contabile 
dei bilanci, le più stringenti regole di corporate governance e l’esistenza di 
organismi esterni di controllo (in particolar modo la Consob) inducono fiducia e 
sicurezza negli investitori e nel sistema competitivo in cui l’impresa opera. 
4. Presenza di un management maggiormente qualificato: un’impresa quotata 
riceve un’attenzione particolare da parte degli investitori e acquista maggiore 
visibilità sui mercati finanziari. Questi aspetti, che si aggiungono alla trasparenza 
nella gestione aziendale, contribuiscono ad attrarre managers maggiormente 
qualificati. Inoltre, esistono maggiori possibilità di premiare gli stessi con piani di 
stock option, in modo da rafforzare il loro vincolo di fedeltà all’azienda. 
5. Trasformazione della proprietà dell’impresa: la quotazione può anche 
rappresentare, per gli azionisti, un’opportunità di monetizzazione e di 
liquidazione del proprio investimento azionario. Diversi sono i motivi che 
potrebbero dar luogo a questa esigenza: per esempio, la volontà di diversificare il 
patrimonio dopo aver reinvestito per anni gli utili nell’impresa di famiglia; 
oppure, l’impossibilità, per l’imprenditore ormai giunto alla fase di passaggio 
generazionale, di identificare un successore nella guida della società. La 
quotazione può soddisfare, inoltre, l’esigenza di liquidare la quota di soci 
desiderosi di uscire dalla compagine sociale, senza che ciò comporti impegni 
finanziari per gli altri azionisti. 
6. Maggiore redditività per gli azionisti: l’impresa quotanda affronta un lungo 
processo di cambiamento che porta, generalmente, a nuovi meccanismi operativi, 
                                                
7
 Rajan, Raghuram G. (1992), “Insiders and Outsiders: The Choice between Informed and Arm’s-Length 
Debt”, Journal of Finance 47, 1367-1400.
11 
congiuntamente a più efficienti sistemi di gestione aziendale, e sistemi di 
programmazione e controllo più avanzati; tutto ciò può portare ad una maggiore 
redditività del capitale investito nell’impresa e a maggiori guadagni per gli 
investitori. Le migliori performance possono anche generare un forte vantaggio 
competitivo, grazie alle nuove competenze acquisite e grazie all’accesso a nuove 
e maggiori opportunità di finanziamento, che agevolano l’impresa 
nell’ampliamento della propria quota di mercato, fino al perseguimento della 
leadership. Ciò assicura la continuità nel tempo dei buoni risultati raggiunti. 
7. Benefici fiscali: possono essere previsti, infine, incentivi fiscali legati alla 
quotazione di un’impresa sul mercato borsistico. Ad esempio, in Italia, il D.L. 
537/1994 e il D.L. 466/1997 hanno previsto sgravi fiscali, anche se temporanei, 
per le imprese neo quotate su un mercato borsistico regolamentato.  
 
Secondo un’indagine condotta da Mergermarket nel febbraio 2009
8
, effettuata 
raccogliendo l’opinione di 53 dirigenti di aziende italiane che negli ultimi anni hanno 
affrontato un’IPO sulla Borsa Italiana o che hanno preso in considerazione la 
quotazione per il futuro, si evidenzia come il 51% degli intervistati ritenga che uno dei 
maggiori vantaggi della quotazione in Borsa, rispetto alla raccolta di capitale tramite il 
“Private Equity” o strumenti analoghi, sia la creazione di un mercato degli investitori 
più ampio o comunque un più efficiente accesso ai capitali. Inoltre il 27% degli 
intervistati ritiene che la trasformazione in società quotata consente una maggiore 
visibilità, una migliore trasparenza e una migliore corporate governance (22%). Solo 
l’8% ritiene che l’ingresso sul mercato non apporti alcun vantaggio rispetto alla ricerca 
di finanziamenti privati. Di seguito si evidenziano i risultati della ricerca: 
2%
8%
10%
12%
14%
22%
27%
51%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Altro
Nessun vantaggio
Maggiore indipendenza
Nessuna uscita preimpostata/obiettivi IRR 
Esposizione a clienti/nuove attività
Migliore corporate governance
Maggiore visibilità 
Accesso più efficiente ai capitali 
Figura 1 - I vantaggi della quotazione
 
Fonte: Mergermarket, Report sull’IPO in Italia, marzo 2009 
                                                
8
 Mergermarket, Report sull’IPO in Italia, marzo 2009.
12 
Quotarsi in Borsa rappresenta dunque un cambiamento culturale ed operativo che 
conduce ad innegabili vantaggi, ma costringe anche a sforzi monetari, cambiamenti 
organizzativi e operativi, nonché ad un aumento dei rischi ad esso connessi: 
 
1. Necessità di un cambiamento organizzativo, operativo e manageriale: la 
preparazione della società alla quotazione coinvolge l’intera struttura aziendale, 
comprendendo in primo luogo i meccanismi operativi e i sistemi informativi, ma 
anche la cultura manageriale. Cambiano le modalità di nomina ed il ruolo del 
Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale ed è necessaria una 
profonda modificazione dello Statuto, anche tenendo conto di quanto stabilito dal 
Codice di Autodisciplina delle Società Quotate. La condotta della società quotata 
deve inoltre rispettare molteplici regole a tutela delle minoranze, a presidio delle 
situazioni di conflitto di interesse, a difesa dell’integrità del mercato; ne deriva la 
necessità di seguire procedure di decisione che rispettino criteri di 
formalizzazione, di trasparenza, di autonomia. Naturalmente, uno dei possibili 
rischi è l’aumento del grado di complessità e burocrazia. 
2. Perdita della gestione familiare: è frequente, soprattutto per le imprese familiari, 
l’esistenza di una commistione tra il patrimonio personale dell’imprenditore e il 
patrimonio societario, sia per quanto riguarda i beni posseduti, sia per quanto 
riguarda le più comuni spese correnti, quali ad esempio gli stipendi. L’apertura al 
mercato comporta la necessità di separare nettamente il patrimonio e gli interessi 
familiari da quelli aziendali, ai fini di una crescente professionalità nella struttura 
e di una corretta gestione; 
3. Maggiori costi di compliance: l’aumento dei fronti di regolazione, sia in ambito 
societario, sia in ambito finanziario e di mercato, rendono più complessa e 
costosa l’attività di verifica della piena e continua conformità della condotta 
aziendale. Come sarà discusso maggiormente più avanti, non sono mancate le 
valutazioni che hanno attribuito l’aumento del fenomeno del delisting proprio al 
costo crescente della compliance
9
. 
4. Crescente pressione per le performance di breve periodo: la quotazione rende 
molto più visibile la società sul mercato e come tale oggetto di valutazione 
continua da parte di analisti e operatori di mercato; l’andamento del prezzo viene 
                                                
9
 L’esempio più pertinente in questo senso è rappresentato dagli Stati Uniti, dove l’introduzione del 
Sarbanes Oxley Act (2002) ha incrementato significativamente gli adempimenti di governance e di 
sistemi di informazione del mercato richiesti alle società quotate.
13 
influenzato dalla qualità dei piani di sviluppo che il management presenta e dalla 
capacità di confermare periodicamente i risultati attesi. Tutto ciò può provocare il 
rischio che il management si concentri maggiormente sulla ricerca di risultati 
economici di breve periodo, perdendo di vista l’obiettivo di massimizzazione del 
valore nel medio-lungo periodo. 
5. Maggiore esposizione al rischio di takeover: tale eventualità è ricorrente nei 
mercati dove prevale la c.d. “proprietà diffusa” e nei casi in cui la quota di 
controllo è maggiormente contendibile. D’altra parte, la maggiore esposizione, 
ex-ante, del management al rischio di takeover costituisce un incentivo 
importante per gli stessi ad operare in linea con gli interessi degli azionisti; ex-
post, cioè in stato di debole performance, permette il ricambio del vertice 
aziendale, contribuendo a migliorare il livello di efficienza e di competitività del 
mercato. 
 
Last but not least, è necessario considerare quale ulteriore ostacolo alla quotazione in 
Borsa l’attuale congiuntura economica, tutt’altro che positiva. Sempre secondo 
l’indagine condotta da Mergermarket nel 2009, oltre il 50% degli intervistati ritiene che 
oggi in Italia il problema più pressante da affrontare al fine di valutare la possibilità di 
quotarsi in Borsa sia il clima economico sfavorevole; il 43% ritiene inoltre che le 
complesse procedure di IPO e il loro impatto sulle strutture aziendali siano tra le 
preoccupazioni più serie. In confronto solo il 19% degli intervistati ritiene che il rischio 
di valutazioni inadeguate/instabili sia la problematica più pressante da affrontare, ed 
appena il 10% ritiene che la preoccupazione più seria sia costituita dal sentimento 
negativo nutrito contro le società a capitale pubblico. Tale scenario non si modifica in 
maniera sostanziale nel 2012, con numerose società costrette a rinviare o abbandonare 
definitivamente i propri progetti di quotazione a causa dell’estrema volatilità dei mercati 
finanziari e della situazione economica non certo favorevole, penalizzata ulteriormente 
dalla perdurante crisi del debito sovrano che ha colpito molti paesi dell’Eurozona.  
Di seguito sono presentati i risultati della ricerca sugli aspetti più impegnativi della 
quotazione in Borsa.
14 
Figura 2 - Aspetti più impegnativi della quotazione
64%
43%
40%
35%
28%
25%
19%
10%
17%
38%
21%
17% 31%
29%
50%
26%
15% 15%
27%
27%
22% 31%
23%
38%
4% 4%
10%
15% 12%
14%
4%
16%
2%
6% 7%
4%
10%
1%
0%
20%
40%
60%
80%
100%
120%
Clima economico
attuale
Complessità ed
impatto sulla
struttura aziendale
Costi di
implementazione
Aspetti normativi
Mancanza di
liquidità
Costi post-
quotazione
Rischio di
valutazione
inadeguata/instabile
Preferenze per
strutture di
governance private
Non impegnativo
Poco impegnativo
Impegnativo
Molto impegnativo
Estrem. Impegnativo
 Fonte: Mergermarket, Report sull’IPO in Italia, marzo 2009 
 
Dopo aver analizzato gli aspetti più importanti da prendere in considerazione ai fini 
della quotazione in Borsa, il paragrafo successivo analizza l’andamento del mercato 
delle Initial Public Offerings negli ultimi anni, focalizzando inizialmente l’attenzione 
sul contesto globale, per poi analizzare più in dettaglio il mercato europeo ed italiano. 
 
1.3 ANALISI DEL MERCATO GLOBALE DELLE IPO 
 
Di seguito sono presentate alcune statistiche relative al mercato globale delle IPO 
negli ultimi anni, riguardanti il capitale complessivo impiegato, il numero di operazioni 
effettuate, i settori maggiormente coinvolti, ecc, integrate da un’analisi dettagliata delle 
principali operazioni avvenute anno per anno. 
Figura 3 - Analisi del mercato globale delle IPO, per capitale raccolto e n. di 
operazioni
210
99
70 58
131
180
267
295
96
113
285
170
110
1883
876
847
812
1520
1552
1796
2014
769
577
1393
1225
703
0
50
100
150
200
250
300
350
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
0
500
1000
1500
2000
2500
Capital
raised
(US$b)
Number of
deals
 Fonte: Dealogic, Thomson Financial, Ernst & Young.