10 
 
1.2   QUALE RUOLO SVOLGE? 
Tante sono le volte in cui non si sa esattamente rispondere a questa domanda 
nel dettaglio. È lecito avere dubbi, soprattutto per chi non è mai stato a 
contatto con la disabilità, le comunità per minori, l’assistenza familiare, i 
bambini e gli anziani. Come già detto sopra, il profilo dell'educatore è definito 
con il D.M della Sanità n. 502/98 "Regolamento recante norme per 
l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'educatore 
professionale". La definizione riportata nel decreto è quella tuttora in vigore, 
riferita alla solamente all’area sanitaria; non c'è infatti, una definizione 
giuridico-normativa che riguardi il profilo professionale, le funzioni e 
l'ambito lavorativo per tutti coloro che svolgono attività educative, al di fuori 
del campo sanitario. 
 
1.2.1 Competenze 
Non basta avere buone intenzioni ed essere disponibili verso l'altro per 
adempiere ad un ruolo educativo, ma è necessario possedere molte capacità, 
abilità e competenze che servono per svolgere al meglio le proprie funzioni 
dettate da continui processi di formazione e auto-formazione. È di primaria 
importanza che l'educatore acquisisca competenze multiformi e trasversali in 
molteplici aspetti. L’aspetto materiale e psicologico che fanno riferimento sia 
ad ambiti teorici, che metodologici-pratici devono riguardare anche il 
rispetto, la fiducia, il sostegno e la sicurezza reciproci tra i vari soggetti.  
Ci sono tre tipi di competenze che un educatore deve maturare come 
conoscenze base:  
- le competenze metodologiche;  
- le comunicativo-relazionali; 
- le competenze personali e relazionali. 
Svolgere il ruolo dell’educatore non vuol dire avere soltanto bagagli di sapere 
e non è necessario che abbia un riconoscimento in leggi specifiche, ma è 
fondamentale anche comprendere, immedesimarsi ed orientarsi in quelle 
specifiche competenze che gli permettono di concretizzare il processo 
educativo. Il punto saliente dell’educatore è la competenza pedagogica.
11 
 
«La competenza pedagogica si può definire come l'insieme complesso e 
dinamico di conoscenze, di abilità, di procedure metodologiche, di esperienze 
consolidate e ordinate di tipo educativo, fondate sulla riflessione e sulla 
teorizzazione pedagogica che connota in modo specifico la professionalità 
educativa e che i soggetti che operano in questo settore devono saper mettere 
in campo in modo personale e critico quando progettano, attuano e valutano 
il proprio intervento»
5
.  
Il tema della competenza risulta quindi essere il centro per la professionalità 
dell'educatore. Fare l’educatore è un compito complesso, questo si deduce 
anche dalle innumerevoli nozioni che indicano i diversi aspetti della realtà 
educativa, nonché la formazione, lo sviluppo, l’accompagnamento, 
l’insegnamento, la didattica e l’istruzione. 
 
1.2.2 Interventi 
L’educatore è un professionista che opera negli ambienti sociali e quindi 
interviene in una pluralità di ambiti come disabilità, dipendenza, sistema 
carcerario, minori, famiglie, anziani e ambienti comunitari. Per ogni luoghi 
ed utenze, si usano diversi approcci con strumenti e metodologie differenti. 
L’educatore deve, nel contempo, impiegare continuamente le sue risorse per 
verifiche e valutazioni in itinere, prendere in considerazione i diversi mondi 
in cui è coinvolto l'individuo e inserirsi personalmente nella relazione 
conquistando a fondo le dinamiche di quell'intervento. Per questo è rilevante 
far in modo che il compito dell’educatore sia mirato ad uno specifico obiettivo 
e non improvvisato. 
Innanzitutto gli interventi sono differenti in base al soggetto cui si 
rivolgono: l’individuo, il gruppo, la famiglia; la rete dei soggetti formale o 
informale.  
L’intervento ha carattere individuale quando l’educatore si relaziona con un 
solo soggetto o comunque con un soggetto per volta.  
                                                   
5
 Milani L., Competenze pedagogiche e progettualità educativa, Brescia, La Scuola, 2000, 
pag. 84.
12 
 
Si ha un intervento di gruppo quando l’educatore ha modo di rapportarsi con 
il soggetto osservando anche ciò che avviene nelle relazioni tra il soggetto e 
gli altri. L’educatore, in questo caso, ha l’opportunità di intervenire sui modi 
e le modalità generali di relazione, sull’organizzazione complessiva del 
gruppo, su tutto ciò che, in quanto contesto, forma, limita, indirizza 
l’individuo. 
Infine l’intervento rivolto alla famiglia, quando cioè, l’educatore svolge 
direttamente lì il suo compito, per osservare e ristrutturare modalità 
relazionali o organizzative disfunzionali. Inoltre, l’educatore interviene nei 
confronti della famiglia durante colloqui con i genitori o altri parenti del 
soggetto, affiancando simultaneamente, l’intervento individuale.  
In sintesi il compito dell’educatore professionale è quello di recuperare, 
reinserire e restituire dignità alle persone con disagio sviluppando le 
potenzialità degli utenti affinché essi possano raggiungere un livello di 
autonomia tale da rendere vano il suo intervento. 
 
1.2.3 Saper interpretare i bisogni educativi 
Saper osservare ed ascoltare: «costituiscono le premesse di ogni 
relazione educativa. […] L’osservazione è, dunque, uno strumento 
privilegiato di chi agisce in campo educativo, senza fermarsi agli aspetti solo 
esteriori, ma cercando di scoprire i vissuti, il mondo interiore, la “visione del 
mondo” di quel particolare soggetto, le difficoltà, le risorse, la sua originalità. 
[…] Ascoltare è un fare silenzio sui preconcetti, sui pregiudizi (anche 
scientifici), per far parlare la soggettività umana nella sua pienezza e nella sua 
complessità»
6
. 
Saper interpretare i bisogni educativi: «significa pertanto non riferirsi 
soltanto agli aspetti espliciti, ma cercare di cogliere altresì le domande latenti, 
cioè quelle non espresse, spesso più autentiche di quelle manifeste»
7
. 
L'educatore deve essere in grado di osservare, ascoltare, percepire, nel senso 
di sentire gli stimoli della realtà esterna, captare anche i minimi particolari e 
                                                   
6
 Milani L., Competenze pedagogiche e progettualità educativa, cit., pp. 141-143. 
7
 Ivi, pag. 139.
13 
 
i segnali di un soggetto, che possono essere di primaria importanza alla 
costruzione di una buona relazione ma, nello contempo, saper trovare un 
giusto equilibrio tra coinvolgimento e distacco.  
Il rapporto d’osservazione che si instaura tra l’educatore e il soggetto risulta 
essere sempre a doppio senso: noi osserviamo il soggetto che stiamo aiutando 
per conoscerlo meglio, capire i suoi bisogni, le sue risorse e prevedere il suo 
comportamento, viceversa anch’ egli con noi.  
L'ascolto è sicuramente un aspetto che non deve mancare all’interno della 
relazione, poiché permette di accettare realmente ciò che l’altro vuole dire, 
accogliendo i suoi punti di forza e le sue debolezze.  
  Essere buoni comunicatori: significa che «nella relazione ciò che 
conta è la volontà da parte di entrambi di costruire un legame: la 
comunicazione è lo strumento che può favorisce questo legame» 
sottolineando che «mentre non può esistere una relazione senza 
comunicazione, può invece esserci comunicazione senza relazione»
8
.  
L' educatore professionale può essere considerato un "tecnico della 
comunicazione"
9
, comunicando con l'utenza, infatti, ma anche con le loro 
famiglie, con i colleghi del gruppo di lavoro, si ha quello che si definisce 
‘comunicazione educativa’. 
 
1.2.4 Relazione umana ed educativa 
«Così il lavoro educativo va a toccare l’esistenza di chi accetta la centralità 
della relazione ed in particolare la centralità del processo empatico ed 
influisce sui processi cognitivi, riflessivi, immaginativi, valutativi»
10
.  
Questo significa essere coinvolti nell’intimo di una relazione, complice di una 
ricchezza reciproca di un rapporto personale e tutte le implicazioni che 
causano, la possibilità o meglio, il “rischio” del cambiamento non solo per 
uno, ma per tutti e due, esso comporta il mettersi in gioco. L’educatore 
                                                   
8
 Ivi, pag. 161. 
9
 Bertolini P., L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza 
fenomenologicamente fondata, Firenze, La Nuova Italia, 1999, pag.250. 
10
 Ivi, pp. 81-5.
14 
 
professionale deve avere una forte istinto e una disposizione per le relazioni 
umane: per questi motivi, bisogna essere in grado di affiancare le capacità di 
risoluzione dei problemi a quelle di flessibilità, apertura mentale e risoluzione 
delle conflittualità. Bisogna aver compiuto un percorso di autoaccettazione e 
di consapevolezza di se stessi per non rimanere intrappolati in atteggiamenti 
mentali di difesa che in situazioni impegnative non permettono di tirar fuori 
la propria personalità con i propri pregi e i difetti, risorse e limiti. Lavorare 
attraverso relazioni uniche significa costruire relazioni diverse ma 
personalizzate a secondo della persona con cui ci troviamo di fronte; significa 
anche coinvolgersi intimamente cioè emotivamente, affettivamente e 
intellettualmente, disposti a correggere anche le nostre convinzioni personali. 
Una altra vera e propria competenza di cui deve impadronirsi 
l’educatore è la cosiddetta competenza comunicativa, che sostanzia il 
concetto più ampio di "relazione educativa", attraverso la quale si realizza lo 
sviluppo emotivo, affettivo, sociale e cognitivo degli utenti che diventano 
protagonisti del proprio percorso di crescita e del proprio cambiamento. Si 
tratta di uno strumento potentissimo ed essenziale: la costruzione di un 
rapporto significativo con l'utente comporta una conseguente maturazione, un 
cambiamento, una trasformazione, ed è impossibile se non vi è il 
coinvolgimento forte con l'utenza. Nella relazione educativa non si può non 
essere emotivamente coinvolti e distaccati, il coinvolgimento è un fattore 
inevitabile, poiché il lavoro (condivisione di spazi, tempi, attività) determina 
di fatto un coinvolgimento tale da stabilire rapporti empatici, comprendendo 
i diversi punti di vista ed individuarne i bisogni. La relazione educativa si 
distingue dalle altre relazioni, poiché mira a sostenere e stimolare lo sviluppo 
e la crescita di un cambiamento mirato e quanto più conforme alle prospettive 
del soggetto ma anche dell’educatore stesso. 
 
1.2.5 Cambiamento 
Quando parliamo di cambiamento intendiamo principalmente di 
cambiamento della propria visione, percezione, prospettiva e delle condizioni 
di vita e di se stessi.
15 
 
Come afferma Demetrio: «Anche la strada per certi aspetti educa, nel senso 
che indirizza la crescita, indica delle linee evolutive, ma solo in rari casi educa 
veramente perché l’educazione costruisce cambiamento, evoluzione e 
crescita secondo certe caratteristiche»
11
. 
La meta finale degli educatori è il cambiamento: «Lavorare per il 
cambiamento e non limitarsi all’assistenza anche nella concretezza significa 
modificare gli equilibri: ad esempio non solo utilizzare le risorse pubbliche 
disponibili per supportare uno o più membri di una famiglia lasciando 
immutate le dinamiche familiari e sociali, ma progettare un utilizzo delle 
risorse specificatamente indirizzato a quella famiglia. Quindi non un utilizzo 
seriale dei servizi, ma progetti specifici, caso per caso, attivando le risorse 
delle persone e stimolando la loro autonomia, con un lavoro di rete»
12
. 
Gli educatori si occupano principalmente di prevenzione e promozione 
sociale, nella creazione di reti sociali per il sostegno alle famiglie e fare da 
mediatori, supporto alla cittadinanza attiva e anche alle amministrazioni 
comunali.  
Saper progettare: «La progettualità, osservata dal punto di vista 
dell’educatore, si traduce nella ricerca e nella messa a punto delle strategie 
più efficaci in grado di interpretare continuità e discontinuità, contingenza o 
emergenza e permanenza nella quotidianità»
13
. 
L'educatore si occupa prevalentemente di progettare interventi anche per il 
fine sociale, per trovare vie alternative, nuove opportunità e possibilità. 
L’educatore che lavora per progetti si assume la responsabilità della 
decisione, si attiva in un lavoro di ricerca sociale, perché concretizzi problema 
e contesto, metodi e strumenti, soggetti, obiettivi e risorse ed infine sottoporre 
il tutto a continue verifiche e a valutazioni. Il suo lavoro non è semplicemente 
progettare ma guardare al futuro, andare oltre gli stereotipi ed i pregiudizi. 
Questi sono i due poli del progettare: l’invenzione, la creatività, la volontà di 
cambiamento, come abbiamo visto, non solo per l’altro, ma anche e 
specialmente per sé stessi. 
                                                   
11
 Demetrio D., Educatori di professione. Pedagogia e didattiche del cambiamento nei 
servizi extrascolastici, Firenze, La Nuova Italia, 1990, pp. 54, 71-2. 
12
 Gardella O., L'educatore professionale, Finalità, metodo, deontologia, Milano, Franco 
Angeli Edizioni, 2016, pag. 40. 
13
 Milani L., Competenze pedagogiche e progettualità educativa, cit., pag.111.