4
Il focus di questa relazione sta proprio nella logica che sottende le politiche
del lavoro. A partire dalla constatazione dei limiti di programmi indiscriminati,
casuali e standard, si ribadiscono l’urgenza e la necessità di una svolta nelle
strategie di intervento che veicoli un ripensamento della protezione sociale
transitando da un approccio passivo alla promozione dell’autonomia. Solo una
revisione della filosofia del tradizionale sistema di welfare può consentire
l’espressione delle potenzialità di misure differenziate, interventi coerenti di un
quadro organico, finalizzate all’inserimento lavorativo e, quindi, all’integrazione
sociale. Proponendo un piccolo contributo, non inteso come corroborazione di
un’ipotesi sperimentale ma in termini di condivisione e rafforzamento di un’
interpretazione sociologica convincente, questa relazione può essere letta come
una voce dal basso che si aggiunge ad un coro ormai composito di illustri
pensatori che da più parti esortano all’assunzione dell’esperienza del singolo
come punto di partenza nella formulazione e nell’implementazione di un’azione
politica sensibile alle esigenze dei destinatari, che valuti i vincoli specifici nonchè
le risorse soggettivamente mobilizzabili.
L’ impostazione complessiva della mia relazione finale enfatizza la
circolarità tra domande sociali e risposte politiche evidenziando la necessità di un
approccio istituzionale funzionale alla configurazione concreta del mercato del
lavoro che si traduca in politiche “ad hoc”: risposte specifiche a bisogni socio-
5
individuali differenziati. E’ questo il messaggio fondamentale che intendo
trasmettere rintracciando nella costruzione sociale di politiche del lavoro attive il
tentativo di soddisfare una richiesta sociale sempre più pressante: il bisogno di
lavorare. Tale domanda è impellente oggi quanto mai in piena globalizzazione. E
attende una risposta istituzionale se non tempestiva almeno funzionale alla
caratterizzazione reale del problema sociale concreto.
La riflessione sociologica, suggerendo criteri e parametri, non pretende di
indicare gli ingredienti da combinare nella ricetta per migliorare la quantità e la
qualità dell’occupazione ma semplicemente mira a stimolare il dibattito politico
orientandolo in tale direzione.
Le argomentazioni fin qui esposte rappresentano il contenuto essenziale
delle due parti di questo lavoro: domande sociali/risposte politiche. Al fine di
guidare uno sguardo diretto alle varie dimensioni della problematica affrontata,
prospetto una demarcazione dei principali aspetti trattati.
Nel primo capitolo l’accento è posto sulla deregolamentazione del mercato
del lavoro che trova il suo corrispettivo, nella sfera psico-sociale, nei processi di
individualizzazione e di de-tradizionalizzazione. Il soggetto, infatti, svincolandosi
dalle catene del passato si ritrova allo sbaraglio, solo di fronte alle scelte di
progettazione biografica di un percorso individuale che non trova riconoscimenti
in modelli collettivi di riferimento.
6
La precarietà dei destini occupazionali, legata alla crisi del modello di
sviluppo fordista-taylorista e alla fine del lavoro full-time full-life, si riverbera
sulle traiettorie biografiche generando diffuse incertezze. Le difficoltà di accesso
al mercato del lavoro sono percepite come esclusione sociale dai ritmi collettivi,
dalle attività e dai contatti sociali e sono causa di crisi di identità. Status e ruolo
lavorativo sono, infatti, variamente investiti di significati simbolici, dipende dal
contesto sociale in cui la persona si inserisce, dall’appartenenza di classe e dalle
caratteristiche culturali soggettive. Occorre inquadrare la persona con i suoi tratti
soggettivi, i suoi valori e la sua cultura nelle reti relazionali di ambienti ben
determinati. Centrali sono l’individualità del vissuto e l’eterogeneità delle
esperienze. Le conseguenze personali dell’assenza del lavoro si associano alle fasi
del ciclo di vita: se ai disoccupati adulti preme tutelare identità ed autostima, i
giovani inoccupati sono desiderosi di costruirsi un’identità lavorativa e, dunque,
di persona adulta.
Il lavoro desiderato o perduto costituisce un tassello cruciale nella
formazione del sé ed il canale di accesso alla partecipazione democratica in
quanto titolari di cittadinanza. L’acuirsi dell’esclusione, del disagio, del malessere
e della povertà è sintomo di una negazione sempre più netta del diritto al lavoro.
7
Nel secondo capitolo distinguendo tra lavoro “maiuscolo” e “minuscolo”
1
si
ripercorrono le tappe del “secolo del lavoro” mettendone in luce protagonisti e
funzionamento e ponendo l’accento sui cambiamenti che hanno condotto al
ridisegno dell’universo dei lavori e alla disoccupazione di massa
2
. Il modello
fordista-taylorista, sull’onda della rivoluzione micro-elettronica, viene soppiantato
da nuove forme flessibili di accumulazione e da un grande slancio del terziario.
Nel terzo capitolo emerge come la flessibilità operando una
presentificazione
3
incide sulla vita emotiva creando disagio. Interrompere questo
circolo vizioso compete alle istituzioni che guidano la costruzione sociale dei
cambiamenti delineando le coordinate esistenziali del futuro. Spetta alle politiche
sociali ed occupazionali stimolare la capacità autoriflessiva del cittadino
incentivando la capacità di presa sul suo corso di vita. Determinante diventa
l’orientamento alla promozione anziché alla protezione nella definizione della
cittadinanza. Per il cittadino tanto più ampi saranno i margini della sua facoltà di
manovra sulla propria traiettoria biografica quanto maggiore sarà la sollecitazione
ad opera di interventi personalizzati in sistemi di intervento integrati, mirati ad
attivare gli utenti, responsabilizzandoli tramite richieste e verifiche di impegno. Il
passaggio politico dall’assistenza all’attivismo è veicolato dal riconoscimento del
1
A. Accornero, Era il secolo del lavoro, Bologna, Il Mulino, 1997.
2
Accorsero contrappone le modalità lavorative tipiche del ‘900: prestazione temporalmente
definita e rapporti temporalmente indefiniti ai nuovi lavori definiti “atipici” sotto il profilo della
durata e della tutela dell’occupazione.
3
A. Giddens, 2000, Identità e società moderna, Ipermedium, Napoli.
8
“diritto all’inserimento”
4
. Il welfare delle opportunità auspicato da Paci conferisce
dignità al destinatario che affronta le avversità come occasioni per misurarsi con
se stesso.
Nell’ultimo capitolo, assumendo il welfare delle opportunità come orizzonte
conseguibile, si suggeriscono alcune linee operative strategiche. Il cittadino
autoriflessivo, che reinventando se stesso diviene soggetto propulsore-creatore di
nuovi quadri istituzionali “ad hoc”, è il punto di partenza della
concettualizzazione e dell’implementazione di programmi innovativi. Si profila
un nuovo contratto sociale che conduca cittadini e governanti all’assunzione della
responsabilità delle proprie scelte. Occorre “riformare il welfare senza
“ingabbiare” il lavoro”
5
. Un sistema garante di libertà individuale, coesione e
giustizia sociale assicura occasioni di inserimento lavorativo promuovendo
l’occupabilità. Gli ammortizzatori sociali svolgono una funzione biografica nella
strategia soggettiva. Progettare misure di politica attiva del lavoro implica
considerare differenze e interdipendenze tra le dimensioni fondative delle
rappresentazioni del lavoro e costruire reticoli relazionali che consentano agli
attori di capitalizzare le risorse sociali in opportunità occupazionali
6
.
4
M. Ambrosini, B. Beccalli, Introduzione, in M. Ambrosini, B. Beccalli (a cura di), Lavoro e
nuova cittadinanza, cittadinanza e nuovi lavori, Sociologia del lavoro n.80, FrancoAngeli, 2000..
5
R. Rizza, Trasformazioni del lavoro, nuove forme di precarizzazione lavorativa e politiche di
welfare, in R. Rizza (a cura di), Politiche del lavoro e nuove forme di precarizzazione lavorativa,
Sociologia del lavoro n. 78-79, 2000.
6
A. M. Zaccaria, Una lettura di rete,in A. Spanò, Tra esclusione e inserimento, 2001.
9
Parte prima – DOMANDE SOCIALI
Capitolo primo
Il significato dell’occupazione nella “società del rischio”
1
I.1. Una componente identitaria
Nello scenario odierno significativi cambiamenti investono trasversalmente la
dimensione strutturale e simbolica della società modificando le condizioni
materiali nonché la cultura e i valori della gente. E’ in questo quadro che si
stagliano le traiettorie biografiche dei disoccupati e degli inoccuppati di oggi, i
quali, sperimentando nuove condizioni manifestano nuove reazioni: ad un diverso
atteggiamento nei confronti del lavoro è associato un differente modo di valutare
l’occupazione.
Il lavoro è espressione del potenziale creativo, mezzo di sussistenza e
fondamento simbolico e strutturale di ogni società. […] “fissare l’attenzione sulla
natura del lavoro svolto in una determinata società equivale a svelarne il modo in
cui essa si riproduce in quel determinato momento”
2
.
1
U. Beck, La società del rischio, Roma, Carocci, 2000.
2
F. P. Cerase, Amministrare: l’economia, la società, Milano, FrancoAngeli, 2006, p.47