Mito, Anima, Immaginazione, Cosmologia: un Itinerario in James Hillman
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13 Binswanger ad esempio, a conclusione del suo saggio Sulla psicoterapia, dice: " […] giacché ciò che in realtà facciamo con il nostro lavoro non si può vivere ed esprimere se non con un'immagine" 1 . Per il momento notiamo che le ricerche sulle immagini e sui simboli hanno rilevato come addirittura il linguaggio, da sempre considerato come miracoloso capolavoro di ingegno umano in quanto duplicazione-astrazione e 'purificazione' logico-formale del mondo e quindi sua migliore 'visione' (più pura e globale, dove queste due caratteristiche siano già considerati dei miglioramenti); questa 'superiore' visione, comprensione e controllo, non è altro che una sorta di 'torsione' (guidata) di una più antica modalità di esperire il mondo. Modalità che era pratica e patica di abitarlo con una più intensa ed emotiva partecipazione, in una gestualità (manifestativa di per sé) che originariamente si esprimeva, affidandovisi, con l'immagine e col simbolo, nel dire-essere- (originario)-di-(nel)-mondo. Una 'torsione' quindi (dell'attuale linguaggio 'astratto' che deriverebbe comunque da quello simbolico conservandone ancora, sia pur 'segretamente', il senso profondo) che per molti aspetti ha significato una violenza ed una perdita. Quindi sappiamo oggi che ogni dire è metaforico. Ma, per essere intesa propriamente, questa affermazione non va intesa in senso 'debole', e cioè: 'ci sono più modi di dire una cosa'. Perché sia intesa adeguatamente, bisogna esaminarne le premesse ontologiche. Ogni dire è metaforico ad esempio perché il linguaggio, in quanto Essere anch'esso, non può dire (tutto) l'Essere, reduplicarlo 'as-traendosi' (via) da esso. E poi una parola non può indicare una cosa e sempre e solo quella, per sempre, perché il cambiamento è 'nelle cose stesse'. Se l'Essere è in divenire, anche il linguaggio lo è; e se gli enti 'si muovono' e 'divengono' incessantemente, senza posa, come potremo avere noi una 'mappa' fissa, precisa ed immutabile di questo territorio perennemente transeunte, eternamente immobile nel suo vorticoso fluire? Forse che ad essere fissa è solo la mappa? E qual è il suo rapporto col territorio? E poi, se i termini non denotano ognuno sempre necessariamente un oggetto ma (come sappiamo dalla linguistica e dallo strutturalismo francesi) indicano 'arbitrariamente', e se il sistema dei significanti è in qualche modo autonomo rispetto ai significati, si avrebbe ad esempio un altro modo di vedere il linguaggio inteso come fenomeno globale, magari come funzione non 'comunicativa' ma come puro 'evento' nel-(del) mondo. In ambito psichiatrico, ad esempio, un gruppo di studiosi di Palo Alto 2 in conclusione del loro celebre lavoro che ha per titolo proprio la Pragmatica della comunicazione umana, argomentano della imprescindibile funzione psicologica ed esistenziale dei paradossi e dell'insolubilità del "paradosso ultimo dell'esistenza umana" 3 : l'uomo come soggetto e oggetto della sua ricerca. Essi citano prima Godel e poi il Wittgenstein del Tractatus Logico-Philosophicus, da cui fanno derivare che "il mondo […] è limitato e al tempo stesso senza limiti, senza limiti proprio perché non c'è nulla fuori e non c'è nulla dentro che possa costituire un confine" 4 . E poi, riprendendo alla lettera Wittgenstein: "La logica pervade il mondo; i limiti del mondo sono anche i limiti di essa" 5 . E ancora: "Il mondo e la vita sono tutt'uno. Io sono il mio mondo" e quindi "Il soggetto è non parte, ma limite del mondo" 6 . E concludono: "non c'è nulla dentro uno schema [o un sistema formalizzato] che possa asserire, o anche chiedere, qualcosa su quello schema. La soluzione, dunque, non sta nel trovare una risposta all'enigma dell'esistenza, ma nel prendere atto che non c'è alcun enigma" 7 . E' 1 L. Binswanger, "Sulla psicoterapia", in Per un'antropologia fenomenologica, MI, Feltrinelli, 1989, p. 168. 2 P. Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astrolabio, 1971. 3 Ivi, p. 265. 4 Ivi, p. 266. 5 L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, To, Einaudi, 1995, p. 88. 6 Ivi, p. 89. 7 P. Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson, op. cit., p. 267.
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Informazioni tesi
Autore: | Pietro Sante Vincenti |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Paolo d’Alessandro |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 238 |
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