Oliva farcita all'ascolana: aspetti produttivi e valutazioni igienico sanitarie
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4 In quel periodo storico le campagne ascolane erano povere, la produzione limitata a colture tradizionali e il bestiame era scarso per la difficoltà di allevamento data soprattutto dalla limitata quantità di foraggi, considerando che il mais venne introdotto dopo il 1820 mentre la sulla, l’erba medica, la fava e la veccia apparvero intorno al 1860. Quel poco di bestiame che c’era veniva utilizzato soltanto per il lavoro nei campi e la sua macellazione per uso domestico era quasi inesistente. Successivamente alla costituzione del Regno d’Italia, migliorate le condizioni economiche, iniziò a svilupparsi la cultura di questo piatto. I cuochi al servizio delle nobili famiglie Ascolane, sull’esempio di un’antica ricetta del 600 nella quale le olive si riempivano di erbe, si lessavano e si friggevano, cominciarono a farcire le olive tenere ascolane. Da ciò si evince che le olive tenere ascolane, ripiene e fritte, sono nate alla fine dell’800 come un piatto pregiato e non come un piatto di recupero, come si ritiene erroneamente. Una delle prime ricette è riportata in “Le olive bianche ascolane nell’antichità” di Giuseppe Castelli (1889) che riporta: (dose per circa 120 chicchi) olive “Tenera Ascolana” 1Kg; carne magra di manzo 300g; carne magra di maiale 300; carne di pollo 300 g; sale; parmigiano reggiano grattugiato 50 g o nel caso formaggio pecorino; 8 uova intere; una presa di noce moscata; pane grattugiato; farina; olio di oliva ½ bicchiere; una cipolla steccata con un chiodo di garofano; una carota; un gambo di sedano, un pizzico di pepe nero. Le olive devono essere snocciolate praticando un taglio elicoidale attorno al nocciolo, senza spezzettare la polpa. Per il ripieno; tagliare le carni in pezzi grossolani, farle rosolare in casseruola con l’olio, la cipolla, il sedano, la carota, salare, profumare con un pizzico di pepe nero. In una terrina riunire: il macinato, il parmigiano o nel caso formaggio pecorino, tre uova leggermente battute e la noce moscata. Amalgamare il tutto fino ad ottenere un impasto omogeneo di media consistenza. Se risultasse troppo duro si può ammorbidire aggiungendo un po’ di brodo di carne. Farcire le olive snocciolate con un po’ di ripieno, riportandole alla forma allungata originaria. Infarinare leggermente i chicchi così ottenuti, poi passarli in un piatto contenente cinque uova ben battute, sgocciolarli e impanarli nel pangrattato, il che equivale alla classica indoratura. Friggerle in abbondante olio bollente. Quando sono ben dorate da ogni parte, sgocciolarle e servirle calde, accompagnate con spicchi di limone. (Castelli, 1889). Nonostante ciò, problematiche legate
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandra Falleroni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Agraria |
Corso: | Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali |
Relatore: | Gerardo Manfreda |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 56 |
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