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Premessa
L’obiettivo del presente lavoro, da una parte, è dimostrare quanto l’opera di Coleridge, e più
nello specifico la Rime, sia stata influenzata da una serie di traumi psico-fisici che lo hanno
condotto, successivamente, verso una condizione di passivismo nei riguardi della società.
Quest’ultima appariva, agli occhi dello scrittore, sempre più materialista e poco incline a
contemplare il richiamo della natura attraverso il ricorso all’immaginazione. Dall’altra, questa
ricerca mira a confutare alcune convinzioni della critica letteraria, sia attraverso il riferimento ad
alcuni studi relativi alle varie interpretazioni date alla Rime in termini di simbologia sia
attraverso il messaggio che l’autore ha voluto lasciare ai lettori.
Il primo capitolo parte, in primo luogo, da un accenno all’etimologia del termine
“ballata”, al fine di comprendere la differenza tra la tipologia facente capo alla tradizione
romanza, con particolare riferimento a quella italiana, e quella anglofona (più nello specifico,
quella inglese). Si giunge, in seguito, a porre l’attenzione su alcuni dei più rilevanti, e al
contempo inconsueti, aspetti del pensiero filosofico di Coleridge. Il capitolo si conclude con
un’analisi sul suo modo di concepire la “Sensibility”, la cui essenza risulta rappresentata in
maniera diametralmente opposta alla connotazione di matrice romantica.
Nel secondo capitolo si esamina il corpus della Rime of the Ancient Mariner:
inizialmente, viene analizzato il contesto storico in cui si fa risalire la prima edizione (1798), per
poi fare cenno anche ad altre sue opere (maggiori e secondarie). Si passa poi ad aprire una
piccola parentesi su alcuni esempi di analogie tra la Rime ed il Robinson Crusoe di Defoe
(tenendo in considerazione la stima ed il rispetto che Coleridge nutriva nei confronti di Defoe,
nonostante svolgesse l’originaria attività di commerciante di schiavi). La parte centrale del
capitolo si concentra sugli aspetti stilistici e contenutistici del componimento, per poi analizzare
alcuni studi condotti sulle molteplici versioni della Rime, sino a fare un confronto tra le prime
due versioni attraverso alcuni esempi principali di glosse apportate dal poeta. Il capitolo si
chiude con l’analisi di alcuni punti salienti di due saggi inerenti alle più importanti chiavi di
lettura della “simbologia” della Rime forniteci da Warren ed Empson. Come vedremo, il saggio
di Warren sarà messo in discussione da altri critici, poiché incapace di analizzare più in
profondità il messaggio della Rime che Coleridge voleva far arrivare al lettore.
Nel terzo capitolo il lavoro sarà messo in relazione all’ambito psicologico; il fine è quello
di provare a dimostrare come il senso di indeterminatezza, riscontrato maggiormente nella figura
del Marinaio, che ha condizionato il poeta per tutto il corso della sua vita, sia stato scatenato da
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vari traumi psichici, i quali hanno causato uno status di incessante malessere interiore che lo
hanno costretto, di fatto, a trovare un apparente rimedio nell’assunzione di droga.
Nella quarta ed ultima parte è presente un’appendice; quest’ultima si propone di fornire al
lettore una rielaborazione alternativa della Rime in chiave heavy-metal; nello specifico verranno
confrontati i due concetti di “colpa” e “punizione” a partire dal pensiero originario di Coleridge
giungendo poi alla lettura datagli dal gruppo metal degli Iron Maiden.
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Capitolo I
La Ballata: differenze tra Italia ed Inghilterra. Focus sul pensiero filosofico di
Coleridge
The Mariner's bound to tell of his story
To tell his tale wherever he goes
To teach God's word by his own example
That we must love all things that God made
(The Rime of the Ancient Mariner, Iron Maiden)
1.1. Analisi degli aspetti generali del genere “ballata”
Il termine “ballata” assume due significati distinti tra loro: la differenza sostanziale riguarda
soprattutto il fattore metrico e contenutistico. Per quanto riguarda il primo, si fa riferimento al
genere della ballata popolare come un modello di poesia sviluppatosi maggiormente nel
Medioevo negli ambienti di corte, e denominato anche “canzone a ballo”, in quanto destinato al
canto ed alla danza. Generalmente gran parte del repertorio delle ballate è scritto in forma
anonima, è di lunghezza breve, e veniva esposto oralmente, in modo da facilitare l'ascoltatore
nella memorizzazione. Sul piano narrativo trattasi di un componimento di natura popolare, il cui
metro è ad impianto tetrastico (ossia composto da quattro versi), in cui tendenzialmente viene
privilegiato un verso ottonario. Per quanto riguarda la poesia, invece, la ballata si compone di
versi che possono variare dall'endecasillabo classico a quello misto con settenari, seguiti dal
ritornello. Sul piano contenutistico, la duplicità del significato “ballata” fa capo, oltre che alla
fama europea delle “ballads” inglesi raccolte da Thomas Percy nel diciottesimo secolo nelle sue
Reliques, anche all’origine delle “ballads” anglofone nate in un contesto diverso rispetto a quelle
tradizionali scritte in lingua romanza.
Se si prende come esempio quella tipica italiana, l’apertura è scandita dalla ripresa (o
ritornello), e ciascun componimento è suddiviso in stanze (o strofe). Ogni strofa è divisa in tre
parti: le prime due parti (ossia i piedi), si legano all’ultima parte, che prende il nome di volta.
Quest’ultima si allaccia ai piedi per mezzo della rima nei primi versi.
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L’ultimo verso della volta
rima sempre con l’ultimo verso del ritornello (o ripresa). Ad una stanza segue il ritornello, poi
un'altra stanza e così via. Di norma le stanze sono quattro, e si dicono “pluristrofiche”, ma vi
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Cfr. Definizione etimologia significato ballata. Treccani.it. (https://www.treccani.it/enciclopedia/ballata).
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possono essere anche casi di ballate “monostrofiche”, ossia con un’unica strofa.
Per quanto riguarda le origini storiche della ballata in lingua romanza, è la Chanson de
Roland che può essere considerata il fulcro di un vasto percorso iniziato con le tribù germaniche
dei Vandali e Visigoti. Tali popolazioni di barbari con le invasioni barbariche, portarono dai
paesi iberici, oltre al canto epico-eroico, anche la radice di quella che più tardi sarà la Chanson
de geste, che sarà conservata e tramandata dai cantori (o “juglares”) spagnoli sin dai tempi del
regno di Carlo Magno.
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Per chiudere questa parentesi introduttiva, si fa riferimento ad uno studio condotto da
Paolo Giovannetti sulla Lettera semiseria di Giovanni Berchet, considerata il “manifesto” del
movimento romantico italiano. La lettera contiene, al suo interno, la prima ricerca teorica sul
territorio italiano di un genere letterario che, a livello di contenuto, è estraneo al canone
nazionale e destinato ad avere successo in tutto l’Ottocento: la ballata romantica (o romanza). La
prima parte del titolo della suddetta opera cita le due ballate principali tradotte dallo stesso
Berchet, ovvero il Cacciatore feroce e la Eleonora di Bürger. Nell’analizzarne i contenuti, egli
ritiene che queste due ballate siano da considerarsi in sé romanzi, assumendosi la responsabilità
di andar incontro alle critiche, che lui chiamerà “scappellotti”. Giovannetti ci spiega, come la
critica, dopo aver recensito la lettera di Berchet, ha tralasciato di spiegare in maniera più
approfondita la ragion per cui lo stesso Berchet abbia deciso di apportare modifiche al genere
originale del termine tedesco femminile “Ballade” (o “Romanze”), inteso come genere letterario
in prosa in voga tra i poeti romantici a partire dal 1816, convertendolo col maschile “romanzo”.
Sulla storia del termine “romance” inglese, lo scrittore e librettista italiano Bartolomeo
Benincasa, nella sua opera Il Romanziere Inglese (1815), fornisce un approfondimento circa
l’origine del termine “romance” inglese, definendolo come componimento in versi di lunghezza
medio-breve, avente come oggetto l’elemento tragico e come soggetto un elemento che richiama
il “soprannaturale” (apparizioni di spiriti, avventure soprannaturali, o tristi lamenti).
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Come il “romance” francese, quello inglese non esclude la possibilità che vi sia un
“happy-ending”, un finale tragico, o semplicemente un lamento amoroso. Inoltre, il “romance” e
la “ballad” hanno un aspetto in comune, vale a dire la scelta di componimenti patetici, dove per
“patetico” si intende la capacità di suscitare compassione nel lettore ricorrendo a due strategie
parallele: da una parte, tramite la presentazione di vicende spiacevoli in cui degli innocenti si
ritrovano vittime di destini sventurati, dall'altra attraverso eventi legati all'horror o al gotico.
A conclusione di questo confronto, Benincasa mostra che, il “patetico” è spesso
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Giordano Dall’Armellina, Ballate popolari europee (Francia, Germania, Inghilterra, Irlanda, Italia, Scozia,
Spagna), Milano, Book Time, 2012, p.13.
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Paolo Giovannetti, Da “ballad” a “romanzo”: Deformazioni italiane del Romanticismo inglese (1809-1839),
I.U.L.M. Milano, in Transiti letterali e culturali, Vol.1, 2017, pp. 87-90.