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Stare bene dentro e fuori: promuovere la prosocialità nella Scuola Primaria con il programma CEPIDEAS junior

Parlare di educazione alla prosocialità a scuola non è affatto facile, seppure sia molto probabile trovarla già insita nelle persone il vocabolo è ancora quasi inutilizzato. Effettivamente abbiamo evidenze da ricerche scientifiche piuttosto recenti: solo intorno agli anni sessanta e settanta negli Stati Uniti, un contesto quindi abbastanza lontano dal nostro, sono iniziate ricerche che avevano come obiettivo quello di dimostrare scientificamente quanto il benessere degli alunni influisse sul loro adattamento psico-sociale, sul rendimento scolastico e, ragionando con una visione più ampia, sulla creazione di una società collaborativa ed attiva.
La prosocialità non è quindi un concetto che da sempre la società e le istituzioni hanno cercato di promuovere.
Come vedremo per prosocialità si intende quell’insieme di atteggiamenti, comportamenti e pratiche volti a recare beneficio al prossimo, sono impliciti perciò il dare conforto e aiuto, il prendersi cura, il condividere e cooperare, tutto ciò che induce quindi un benessere psichico e fisico. La vera rivelazione sta nel fatto che quest’ultimo non è avvertito solo da chi lo riceve, ma anche da chi attua questo tipo di comportamenti.
Quale luogo quindi, se non quello della scuola, che prepara i cittadini del futuro, dobbiamo considerare terreno fertile per iniziare a parlare e a praticare la prosocialità? La scuola è per eccellenza il luogo in cui formare le competenze e le abilità richieste dalla vita sociale, nonché le conoscenze per poter interagire efficacemente con le altre persone.
Educare alla prosocialità vuol dire creare legami interpersonali che sottostanno a qualsiasi forma di interdipendenza positiva tra persone e gruppi. L’esercizio di una precoce cittadinanza attiva sollecita a promuovere un’educazione incentrata sui valori dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, nonché delle abilità del saper stare insieme, del riconoscimento dell’altro.
Nel primo capitolo verrà sviscerato il concetto di prosocialità: gli aspetti teorici, l’evoluzione nelle varie fasi di sviluppo e la teoria sottostante cioè valori e tratti di personalità che, assieme alle convinzioni di autoefficacia, meglio spiegano l’insorgenza della messa in atto di azioni prosociali. Infine verranno esposte sempre facendo riferimento ad evidenze scientifiche più e meno recenti, come si riversa, o potrebbe riversarsi questo concetto all’interno dell’ambiente scolastico.
Nel secondo capitolo, facendo riferimento alle cinque componenti proposte dal modello CEPIDEAS, si andrà ad indagare ed approfondire un concetto strettamente correlato alla prosocialità, quello dell’empatia: le origini, gli sviluppi e l’implementazione all’interno del contesto scolastico. Verrà inoltre analizzato perché empatia e prosocialità sono aspetti imprescindibili.
Nel terzo capitolo verranno esposti diversi modelli analoghi al modello CEPIDEAS junior, modelli che si sono distinti per la promozione di comportamenti prosociali o, più in generale, per il comune obiettivo del perseguimento del benessere all’interno del contesto scolastico.
Il quarto ed ultimo capitolo si focalizza sulle metodologie, sulla progettazione e sull’analisi dei risultati rilevati durante l’attuazione del progetto di ricerca-azione “Educare alla prosocialità nella scuola primaria: il modello CEPIDEAS junior”, coordinata dal responsabile scientifico Professor Giovanni Maria Vecchio e svolto durante il tirocinio formativo organizzato dall’Università degli studi di Roma Tre.

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8 Capitolo 1. La prosocialità 1.1 Aspetti teorici della prosocialità “La scintilla che fa scaturire la preoccupazione umana per gli altri, la colla che rende possibile la vita sociale” – Hoffmann Per spiegare cos’è la prosocialità, vista l’assenza di questo termine all’interno dei vocabolari malgrado l’utilizzo sempre più frequente nel nostro quotidiano, possiamo innanzitutto chiarire cosa non è: sarebbe errato considerare questo concetto come il contrario di antisociale, cioè qualcosa di pericoloso ed ostile alla società e allo stesso modo è troppo semplicistico considerarlo come sinonimo di altruismo, l’amore incondizionato per il prossimo; i propositi altruistici infatti non sempre riescono a tradursi in condotte prosociali efficaci. La volontà di modificare gli atteggiamenti dell’odierna società sempre più protesa alla discordia, all’individualismo e alla competizione potrebbe partire dal nocciolo del concetto stesso di prosocialità: fare del bene agli altri fa bene anche a sé stessi, contribuisce al benessere individuale e ad un sano funzionamento della società che si abita. Per prosocialità si intende l’insieme di atteggiamenti e comportamenti volontari, che si contraddistinguono per gli effetti benefici che producono negli altri senza la ricerca di una ricompensa immediata; appartiene alla sfera delle abitudini, delle pratiche e delle modalità abituali di interazione sociale ed implica comportamenti come il dare aiuto, conforto, condividere e prendersi cura. Le competenze prosociali però sono differenti dalla messa in atto di comportamenti prosociali, un individuo può essere in possesso di tutte le competenze necessarie all’aiuto e al conforto, ma non è ovvio che dia effettivamente un valore positivo a tali comportamenti prestando poi concretamente aiuto e conforto. Comprendere i meccanismi che governano questi comportamenti diventa priorità dal momento che il nostro intento è quello di promuovere forme di convivenza sostenute dalla collaborazione e dall’aiuto reciproco.

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Informazioni tesi

  Autore: Caterina Discenza
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze della Formazione Primaria
  Relatore: Giovanni Maria Vecchio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 130

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Parole chiave

pedagogia
psicologia dello sviluppo
empatia
accoglienza
benessere
prosocialità
antisocialità
scienze della formazione primaria
cepideas
educazione e formazione

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