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Articolo 2621 -Condotta punibile: esporre fatti materiali non rispondenti al vero

Il legislatore nel 2002 ha aggiunto il termine materiale per dare maggiore sostanza alla falsificazione. Esporre fatti materiali non rispondenti al vero vuol dire per esempio che il legislatore punisce l’iscrizione in bilancio di beni che non esistono. Una valutazione sfugge alle logiche della materialità di un fatto non rispondete al vero. Il legislatore intende che le falsità devono riguardare situazioni non esistenti nella realtà.
La seconda tipologie di condotte, passa attraverso un occultamento di fatti: omettere informazioni. Esempio: ometto informazioni che la legge mi imporrebbe di comunicare sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la società appartiene. L’omissione di informazioni non è rilevante come era in passato di per sé stessa, qui si dice omettere informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge, non ciò che dovresti comunicare per dar vita ad un’informazione trasparente, ma ciò che la legge ti dice di comunicare. Il legislatore stabilisce che tutto ciò che la legge non impone di comunicare, se non viene comunicato, non porta ad una sanzione penale. Nel progetto avanzato nel 2007 (che non è stato approvato) si prevedeva di eliminare “dalla legge” perché era una clausola troppo restrittiva della norma.
La norma aggiunge che sia la condotta attiva, che quella omissiva devono essere idonee a indurre in errore i destinatari sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società. Questa idoneità decettiva cioè l’idoneità a deviare il destinatario, è un elemento costitutivo del reato. Il legislatore ha voluto recuperare il fatto che queste comunicazioni non siano solo formalmente disposte da ciò che è la realtà, ma la complessiva veridicità della comunicazione sociale. Se non c’è un’idoneità decettiva, perché nessuno può essere tratto in errore sulla consistenza economica, patrimoniale e finanziaria della società, allora non c’è il reato. Questo per ciò che riguarda l’elemento oggettivo, ossia la condotta tipica.

Tratto da DIRITTO PENALE COMMERCIALE di Valentina Minerva
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