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Resoconto delle “leggi di movimento” del capitalismo - teoria della crescita

La crescita economica avviene in conseguenza all’accumulazione di capitale. I capitalisti dispongono di un capitale preesistente, al quale si somma il plusvalore, questo permette di accrescere la loro base di capitali. L’accumulazione del capitale è un’esigenza per i capitalisti, perché gli consente di migliorare la loro posizione competitiva sui mercati.
Il processo di accumulazione procede ad un tasso di crescita superiore al tasso di crescita della popolazione. Per questo prima o poi si devono determinare carenze di forza lavoro.
Inoltre la produzione capitalistica va di pari passo con la meccanizzazione dei processi produttivi, che sostituiscono il lavoro.
Il progresso tecnico ha effetti così rilevanti da determinare la formazione dell’”esercito industriale di riserva”, ovvero della disoccupazione.
Dunque questa situazione è responsabile del fatto che i salari restano al livello di sussistenza.
L’offerta di lavoro è eccedente rispetto alla domanda di lavoro che fanno i capitalisti. Quindi il livello di sussistenza è una conseguenza della disoccupazione alimentata dal progresso tecnico.
Marx definisce il mantenimento dei salari ad un livello di sussistenza LEGGE FERREA DEI SALARI. In un’economia capitalistica i salari non riescono a salire sopra il livello di sussistenza, se non per breve periodi.
La seconda conseguenza apportata dalla meccanizzazione è l’aumento della composizione organica del capitale (γi = ci / vi). La meccanizzazione aumenta il numeratore, che va di pari passo con una diminuzione del denominatore, questo porta all’aumento della composizione organica del capitale.
Se la composizione organica del capitale aumenta, accade che:
γi = ci / vi
πi = s/ (ci + vi) + 1          =           σ/ 1 + γi
La meccanizzazione dei processi produttivi determina un accrescimento di γ.
Questo accrescimento di γ porta ad una diminuzione del saggio di profitto, se σ rimane uguale.
Questa è la LEGGE DELLA CADUTA TENDENZIALE DEL SAGGIO DI PROFITTO.
L’idea che il saggio di profitto possa essere tendenzialmente decrescente non è nuova.
Anche Ricardo l’aveva previsto, secondo lui si riducevano le rese e quindi il saggio di profitto.
Marx ha una conclusione analoga, però nel suo schema le terre non ci sono più. Secondo Marx il conflitto riguarda i capitalisti e i lavoratori.
Il meccanismo dalla quale dovrebbe dipendere la caduta tendenziale del saggio di profitto non è molto chiaro.
Si potrebbe pensare che se si impiega meno lavoro produrre le merci si inaridisce la fonte del plusvalore, perché si riduce il capitale variabile, perché si è ridotta la forza lavoro.
L’idea che il plusvalore si origina dal lavoro, se il lavoro è meno utilizzato c’è meno plusvalore nel sistema economico.
Se fosse così però il risultato è incerto.
In realtà se la meccanizzazione comporta una opportunità di profitti per i capitalisti, allora ci dovrebbe essere un aumento dello sfruttamento e non una diminuzione. E se i salari sono ad un livello di sussistenza i profitti dovrebbero aumentare.
Quindi se la meccanizzazione significa più produttività, con i salari al livello di sussistenza ci dovrebbero essere più profitti.
Se i profitti restano costanti allora i salari dovrebbero salire.
Quindi la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto non è precisa.
La ragione per la quale questa legge non è confermata sta nel fatto che l’idea che la meccanizzazione aumenta la composizione organica è un’apparenza, perché l’aumento della composizione organica ha caratterizzato solo le prime fasi della meccanizzazione, ma non in seguito.
Se la composizione organica rimane costante non cambia il saggio di profitto.
L’idea che il saggio fosse tendenzialmente decrescente era una circostanza per le idee politiche, perché Marx era convinto che il capitalismo fosse solo transitorio, le controindicazioni interne avrebbero provocato una caduta del capitalismo e l’avvento del socialismo.
Per rafforzare la legge della caduta del saggio di profitto Marx usa la crisi di realizzazione del plusvalore: secondo Marx ci possono essere situazioni transitorie nel processo di crescita dell’economia capitalistica, che determina per i capitalisti la difficoltà di realizzare il plusvalore.
Queste crisi sono situazioni in cui c’è una sovrapproduzione complessiva delle merci, e risulta difficile vendere sui mercati. I capitalisti sono costretti ad abbassare i prezzi, si riduce così il saggio di profitto, che si va a sommare alla caduta tendenziale.
Le crisi sono però una caratteristica effettiva del funzionamento del sistema economico. Questo perché il processo di crescita economia non è regolare, ma la crescita si accompagna a fluttuazioni cicliche. In queste fluttuazioni la crescita può aumentare, diminuire o restare tale.

Tratto da ECONOMIA POLITICA I di Valentina Minerva
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