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Gli elementi indicatori nella definizione di stato di insolvenza


Rispetto alla precedente nozione di “cessazione dei pagamenti”, la nozione di insolvenza contenuta nell’art. 5 risulta molto più complessa. Essa appare configurabile come una “norma concetto”, una norma “aperta”, che ha indotto molti interpreti a giudicarla una “definizione che non definisce”.
Dall’analisi del contenuto della norma sembra emergere l’esistenza di un vero e proprio modello, con un struttura composita e complessa, che si articola mediante diversi elementi tra loro strettamente correlati:
a. La manifestazione;
b. Gli inadempimenti e gli “altri fatti esteriori”;
c. La dimostrazione del fatto che il debitore-imprenditore commerciale non è più in grado di soddisfare le proprie obbligazioni;
d. Il significato da attribuire all’avverbio “regolarmente”.

A) LA MANIFESTAZIONE
Per essere rilevante ai fini della dichiarazione di fallimento lo stato di insolvenza deve essere manifesto. Il legislatore affronta la questione dell’insolvenza dell’imprenditore commerciale non piccolo scegliendo un approccio particolare che può essere sintetizzato in tre punti:
- Non considera il fenomeno dell’insolvenza fino a quando esso non diventa manifesto e come tale ritenuto pericoloso, lasciando libero sino a quel momento l’imprenditore di gestire l’eventuale situazione di difficoltà senza interventi pubblicistici;
-Considera irrilevanti le cause che hanno determinato l’insolvenza;
-Considera irrilevante la riferibilità all’imprenditore delle cause che l’hanno determinata.
La scelta di ricollegare la rilevanza dell’insolvenza alla sua manifestazione esteriore può apparire condivisibile sotto il profilo del rispetto dell’autonomia dell’imprenditore nella gestione dell’impresa anche in situazione di difficoltà, ma può apparire dubbiosa in merito alle conseguenze di tale scelta sul piano della tempestiva diagnosi dello stato di insolvenza. Infatti, l’esperienza insegna che l’imprenditore, che è il soggetto che per primo dovrebbe rendersi conto della crisi della propria impresa, è spesso restio a prenderne atto e, di conseguenza, ad assumere iniziative per renderla manifesta. Ne consegue che, essendo la dichiarazione di fallimento correlata alla manifestazione dello stato di insolvenza, il ritardo che inevitabilmente si crea tra il momento dell’insorgere dell’insolvenza e quello della sua esteriorizzazione spesso impedisce quella tempestività nella dichiarazione di fallimento che viceversa renderebbe più efficace l’intera procedura concorsuale.

B) GLI INADEMPIMENTI
Gli inadempimento, alla luce di quanto detto sin ora, hanno un valore presuntivo ai fini dell’accertamento della sussistenza dello stato di insolvenza. Si può persino ritenere che l’insolvenza possa prescindere, almeno in una prima fase, dalla presenza di inadempimenti.
Secondo la giurisprudenza, il mancato adempimento di un’obbligazione non costituisce elemento di giudizio univoco per ritenersi integrata la prova dell’esistenza dello stato di insolvenza. Dall’altra parte, invece, il mancato pagamento dell’IVA, è di per sé un atto sintomatico della situazione di insolvenza, non rilevando l’impugnazione del ruolo, salvo che il debitore dimostri che l’esecutività dell’atto impugnato è stata sospesa.
Non è necessario, ai fini della sussistenza dello stato di insolvenza, l’esistenza di una pluralità di inadempimento, essendo sufficiente anche un solo inadempimento, qualora si manifesti in modo idoneo da dimostrare l’esistenza di un patrimonio in dissesto e l’oggettiva impossibilità del debitore di soddisfare regolarmente con mezzi normali gli obblighi assunti.

C) GLI “ALTRI FATTI ESTERIORI”
Ai sensi dell’art. 52 l’insolvenza può manifestarsi, oltre che mediante inadempimenti, anche con “altri fatti esteriori”, che si configurino come sintomi dello stato di insolvenza. Lo stato di insolvenza può essere dedotto da qualsiasi manifestazione esteriore che riveli in modo univoco l’impossibilità per il debitore di adempiere le proprie obbligazioni. Tra gli “altri fatti” che possono rivelare il dissesto dell’imprenditore sono da segnalare i fatti elencati dall’art. 7 (fuga, irreperibilità o latitanza dell’imprenditore, chiusura dei locali dell’impresa, trafugamento, sostituzione o diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore). A questi vanno aggiunti il suicidio del debitore, l’alienazione in blocco dei beni di proprietà dell’imprenditore, la presenza di uno sfratto per morosità e la mancata esecuzione di una sentenzia in materia di lavorio.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Alessandro Remigio
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