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Togliatti sostiene la via italiana al comunismo

13 marzo 1956

Palmiro Togliatti apre i lavori del Comitato Centrale del Pci con un lungo intervento sul XX Congresso di Mosca. Nelle due ore e mezzo di relazione, il segretario del Pci dedica una parte del suo discorso ai progressi economici dell'Urss, mentre si sofferma a lungo sulla questione che più lo interessa: «La possibilità di diverse vie di sviluppo nella marcia verso il socialismo è una tesi che oggi riceve particolare conferma e acquista particolare valore». Ricorda che i comunisti italiani, fin dalle origini della Repubblica, hann imboccato la strada dell'utilizzazione del Parlamento e l'esperienza sovietica, anche se rimane «una guida per tutti coloro che vogliono andare verso il socialismo», non è più «l'unica esperienza». Togliatti argomenta e sostiene la «via italiana» come una strategia elaborata autonomamente a partire dall'opera di Gramsci: «la ricerca di una via nostra, italiana, di sviluppo verso il socialismo è stata nostra costante preoccupazione. Credo di poter affermare che essa fu già preoccupazione costante di Antonio Gramsci, il quale, in tutta la sua azione politica e particolarmente nell'ultimo periodo della propria vita, fu interessato a dare una traduzione o, per meglio dire, conversione in italiano degli insegnamenti della rivoluzione russa. Di qui la sua analisi della struttura della nostra società, di qui il modo come egli pose il problema dell'alleanza fra operai e contadini in Italia e tutte le altre conseguenze che voi conoscete. Secondo questa linea abbiamo cercato di muoverci e dobbiamo andare avanti». Il segretario del PCI, invece, si muove con grande cautela quando affronta il giudizio sull'opera di Stalin: «La questione è grave, difficile, deve essere esaminata da noi con il più profondo senso di responsabilità, non solo per quello che Stalin ha rappresentato nel movimento operaio e socialista internazionale e quindi per il fatto che le critiche toccano sentimenti ancora vivi, ma perché non è nell'interesse di nessuno che queste critiche possano diventare il cavallo di battaglia dei consueti campioni dell'anticomunismo». Togliatti propone un'immagine di Stalin divisa tra bene e male, giocando di abilità, ammettendo degli "errori" del dittatore: «il suo errore fu di mettersi, a poco a poco, al di sopra degli organi dirigenti del partito e del partito stesso, sostituendo a una direzione collettiva una direzione personale. Si venne così creando il culto della persona che è contrario allo spirito del partito e che non poteva non arrecare danni», ma riconfermò la sua statura di grande pensatore marxista, evitando così di intaccare la giustezza della linea fondamentale del partito.

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