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La tesi del giorno

Le donne immigrate: badanti, colf, bambinaie

Le donne immigrate: badanti, colf, bambinaie"Fino agli anni Settanta del secolo scorso, scarsa visibilità è stata data alle donne negli studi sulle migrazioni internazionali, contribuendo a diffondere l’immagine stereotipata delle immigrate come persone a carico, analfabete, madri prolifiche, casalinghe o colf, sottomesse al marito, conservatrici".
Sono quindi abbastanza recenti, come sottolinea la dott.ssa Viola Careggio nel suo lavoro di tesi, gli studi sui migranti che pongono in primo piano la "figura della donna ponendone in luce il protagonismo, la capacità strategica e progettuale, lo spirito di iniziativa".

La situazione in Italia incanala questi flussi migratori femminili in forme occupazionali che raramente sono una scelta personale, mentre spesso sono frutto di influenze delle reti etniche e delle politiche migratorie.
In particolare in una società sempre più vecchia e povera di servizi per la cura della persona, l'immigrata finisce per inserirsi nell'organizzazione familiare come colf o badante.

"Si viene, dunque, a delineare un conflitto interno al genere femminile: quel carico di lavoro domestico che le donne italiane non sono più in grado di sostenere viene appaltato ad altre donne, provenienti da paesi o da contesti poveri. Proprio per queste donne, il lavoro domestico si profila come unica opportunità di impiego, sia per la condizione giuridica instabile, spesso illegale, nella quale si trovano, che rende più agevole l’accesso ad un lavoro sottopagato, in cui la precarietà è la regola".
In più, continua Careggio, questo tipo di impiego rinchiude la donna immigrata nel ruolo di subsidiary workers, lavoratrici di riserva: impiegate in un lavoro non qualificato, afferente alla sfera emozionale ed affettiva, oltre che relegato a mansioni "naturalmente" associabili alla figura femminile.

La lavoratrice immigrata è in più portatrice di una peculiarità culturale rispetto al modo di relazionarsi con la cura della casa e della persona, che ha portato ad una forma di gerarchizzazione interna imputabile ad una sorta di stratificazione razziale: la filippina è la bambinaia, la rumena è la badante e così via.
A questa forte stigmatizzazione concorre anche la peculiare modalità di incontro tra offerta e domanda, che passa nella maggior parte dei casi attraverso il passaparola, la conoscenza, il rapporto amicale all'interno della stessa etnia, che conduce la donna immigrata a trovare un'occupazione sempre all'interno del medesimo settore.

Careggio affronta infine un tema in parte trascurato nei discorsi che comunemente raccontano il mondo delle immigrate.
Esse sono altro oltre a colf, badanti o bambinaie, sono a loro volta mogli, madri e figlie. Questo comporta una nuova forma di genitorialità transnazionale, che trascina con sé tutta una serie di strascichi emotivi e difficoltà pratiche.
La necessità per la donna emigrata di assumere a propria volta qualcuno che si prenda cura dei suoi cari innesca la paura di venire dimenticata o che il lavoro non sia svolto con la dovuta partecipazione e cura.

Per avvicinarsi personalmente alle situazioni vissute da queste donne, Careggio ha effettuato un'analisi a stretto contatto con alcune immigrate "nello specifico tre donne rumene, una peruviana, una ecuadoregna, e una filippina, alle quali sono state somministrate delle interviste discorsive guidate, finalizzate a sollecitare una narrazione, il racconto, cioè, della loro storia personale, lasciando, però, loro la libertà di gestione del discorso, pur rimanendo all’interno della cornice tematica predefinita".

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