La tesi del giorno
Investire nell'arte
L'opera più pagata della storia è una delle quattro versioni di L'urlo di Munch, battuto a Sotheby’s a New York per 119,92 milioni di dollari.
Una cifra eccezionale per un dipinto, che ribadisce l'importanza del mondo dell'arte inteso come forma di investimento alternativa alle solite obbligazioni, azioni e immobili.
L'approfondito studio del dott. Diego Santi Investire in Arte Contemporanea affronta il tema della poliedricità del valore dell'opera d'arte, che non è più collegato solo al suo contenuto prettamente artistico, ma bensì al nome dell'artista, del gallerista e alla quotazione nel mercato.
Anzi, secondo il dott. Santi, l'interesse maturato negli ultimi anni per il mondo dell'arte contemporanea è più legato ai facili guadagni che all'interesse per il contenuto culturale delle opere.
Ma come si guadagna con un'opera d'arte?
Oltre alla funzione estetica, la funzione economica dell'opera si crea nel momento in cui diviene oggetto di scambi all’interno di un proprio mercato di riferimento.
Lo scopo, quindi, è quello di guadagnare dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita.
"A differenza degli altri strumenti finanziari", sottolinea Santi, "[l'opera d'arte] non produce flussi periodici nella forma di interessi o dividendi e consente esclusivamente forme di speculazione al rialzo. Investire in questo settore è un’operazione molto delicata".
Il lavoro del dott. Santi circoscrive la ricerca all'arte contemporanea, periodo che va all'incirca dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri e comprende una vasta produzione che include numerose espressioni artistiche, tanto più che gli storici dell'arte non riconoscono una scuola artistica dominante a fronte di molteplici interpretazioni personali.
La differenza tra il collezionista/investitore in arte contemporanea, rispetto a quello più propenso per l'arte classica o moderna, si riscontra nell'audacia e nella propensione al rischio: le opere contemporanee non hanno la certezza di avere quotazioni stabili nel tempo e spesso gli artisti non sono ancora del tutto affermati.
D'altro canto chi investe nel contemporaneo può contare su un mercato vitale, considerando che le opere di periodi artistici precedenti sono ormai scomparse dagli scambi.
Questo comporta, secondo il dott. Santi, un maggior grado di partecipazione da parte dei collezionisti, che spesso (per passione o tornaconto) si affezionano ai loro artisti contemporanei e ne promuovono attivamente la valorizzazione e l'affermazione.
Il grado di notorietà dell'artista ha ovviamente un riflesso sul prezzo dell'opera che, spiega Santi, viene identificato considerando numerose variabili: "si tiene conto dell’anno di produzione, delle dimensioni, del movimento artistico di appartenenza, dei materiali e della tecnica di esecuzione; con riferimento all’artista si rilevano il grado di autenticità dell’opera, il numero di anni trascorsi dal suo eventuale decesso e la sua nazionalità. Devono essere presi in considerazione anche altri aspetti economici come il livello delle quotazioni passate, il periodo o la piazza in cui è avvenuta la transazione, l’identità della casa d’aste, la dinamica del reddito dei potenziali acquirenti, il rendimento reale delle azioni e delle obbligazioni e il tasso di inflazione. In un mercato in cui le informazioni disponibili sono scarse e poco affidabili il punto di partenza per il calcolo del prezzo di un’opera è la reputazione di cui gode l’artista, lo status del gallerista e del potenziale compratore".
Come si evince da questa descrizione, il mercato artistico ha il difetto spesso di essere poco trasparente dal punto di vista informativo, oltre ad essere "insufficientemente liquido e non regolamentato. […] I prezzi possono subire ampie oscillazioni a causa delle asimmetrie informative fra venditori e acquirenti, e spesso le negoziazioni richiedono tempi lunghi e costi notevoli".
Nonostante ciò il numero di acquirenti sta aumentando non soltanto tra i collezionisti, galleristi, musei e le case d’aste, ma anche tra le banche, intermediari finanziari e gli speculatori.
Le opere d'arte si collocano in pratica a metà tra il bene di lusso e il bene rifugio.
Non a caso quasi tutte le banche e gli istituti di credito hanno strutturato dei veri e propri dipartimenti per interagire con questo settore: l'Art Banking studia nuove formule per diversificare gli investimenti del cliente; i servizi di Art Advisory proteggono ed incrementano il valore patrimoniale dell'asset artistico. E tra le offerte di investimento indiretto ora non mancano mai gli Art Funds.
È pur vero che, anche in Italia, il mercato dell'arte è piuttosto ristretto e ha ancora dei punti poco chiari, come l'incerta valutazione economica dell'opera o il rischio di bolle speculative.
Santi è però convinto che "l’arte contemporanea se affrontata con criterio può effettivamente essere una forma di investimento remunerativa soprattutto per chi cerca investimenti con respiro a medio-lungo termine. […] Infine, bisogna ricordare che l’arte rispetto ad ogni altra forma di investimento permette al possessore di fruire esteticamente dell’opera, e che il piacere di appendere e contemplare un quadro alle pareti di casa o del proprio studio è sicuramente superiore rispetto a possedere il certificato di un titolo azionario o di un fondo di investimento".