La tesi del giorno
Le BR: fare politica con il terrorismo
Il clima di antipolitica e sfiducia nelle istituzioni, coniugato ad episodi di gambizzazioni, pacchi bomba e annunci di atti terroristici non può che richiamare alla mente i metodi utilizzati dalle BR che sconvolsero l'Italia nel loro periodo di maggiore attività alla fine degli anni '70, culminando con l'omicidio dell'On. Aldo Moro.
Il dott. Paolo Formicola, con la sua tesi Le BR da Reggio Emilia. Il sequestro Moro sulla stampa locale, ci aiuta a ricostruire il clima politico e l'humus dal quale è nato questo gruppo terroristico.
La metà degli anni '70 fu caratterizzata da una crisi petrolifera che colpì le economie più vulnerabili, come quella italiana, dipendente dalle importazioni di greggio, senza contare il blocco degli investimenti, la crescente svalutazione della lira e l'incertezza sui mercati finanziari.
Accanto a questo stop della lunga scia del boom economico post-bellico, il mondo politico era stato attaccato già dai movimenti sessantottini (la cui repressione con la forza non aveva giovato) e poi "da una violenza diffusa e generalizzata, da un rifiuto netto del sistema che non risparmiò il Pci, i partiti parlamentari e la stessa Cgil in particolare della Democrazia cristiana e del Pci".
È infatti nelle fabbriche, come ci spiega il dott. Formicola, tra gli operai, che nasce il movimento delle BR, in particolare a Milano dall'esperienze dei Cub (Comitato unitario di base), dei Gds (Gruppo di studio) e poi del Cpm (Collettivo politico metropolitano).
Una delle realtà che però contribuisce in maniera importante allo sviluppo del movimento, se non in termini quantitativi, sicuramente qualitativi, "è quella costituita da alcuni giovani di Reggio Emilia e provincia; giovani che venivano spesso dal Pci o dalla Fgci, che in seguito abbandonarono il partito o ne furono radiati, e scelsero infine la strada della lotta armata". Alcuni di loro infatti avranno posizioni dirigenziali all'interno dell'organizzazione; inoltre proprio in provincia di Reggio Emilia si tenne uno dei convegni fondativi, quello di Costaferrata nel 1970.
Il salto di qualità delle azioni delle BR avvenne nel 1972 con il rapimento lampo a Milano del dirigente della Sit-Siemens Idalgo Macchiarini, che fu rinchiuso in un furgone. Prima di essere rilasciato in "libertà provvisoria" fu scattata una fotografia che lo ritraeva con la canna di una Walther P38 sulla guancia e un cartello appeso al collo che recitava: «Brigate Rosse. Mordi e fuggi. Niente resterà impunito. Colpiscine uno per educarne cento. Tutto il potere al popolo armato».
È proprio in quegli anni, continua il dott. Formicola, dopo i primi arresti e la morte di Giangiacomo Feltrinelli mentre faceva saltare un traliccio dell'alta tensione a Segrate, che le BR si riorganizzano divenendo un gruppo più compatto, strutturato che si autofinanzia con rapine e pronto, come sostenne uno dei capi, Renato Curcio, a «colpire il cuore dello Stato».
Questo portò prima al rapimento, con rilascio senza contropartita, del giudice genovese Mario Sossi, e poi al famigerato sequestro e omicidio, dopo 55 giorni di prigionia, di Aldo Moro.
"Le Br", sostiene Formicola, "sequestrando quello che secondo la loro analisi politica doveva essere il «cuore dello Stato» si inserirono nella dialettica politica tentando di ottenere un riconoscimento che però non riuscirono mai ad ottenere. Sintetizzando si può forse affermare che se da un lato l'omicidio Moro può essere visto come il fattore decisivo per la fine della solidarietà nazionale", esso minò e segnò per sempre il gruppo delle BR.
In questa occasione l'atteggiamento di estrema fermezza del Pci sembra più che altro derivare dalla volontà di marcare una distanza decisa e puntuale dalle Brigate rosse e dalla loro politica, proprio per il fatto stesso di avere una matrice comune identificabile nei valori del comunismo.
Sembra confermarlo anche l'interessante analisi, svolta dal dott. Formicola, degli articoli sulla vicenda Moro pubblicati da due testate che avevano a Reggio Emilia una propria redazione, ovvero «l'Unità» e «Il Resto del Carlino», con attenzione nello specifico alle pagine locali reggiane.
Quello che emerge chiaramente è che i due quotidiani raccontano diversamente i 55 giorni di prigionia.
«L'Unità» era all'epoca l'Organo del partito comunista, come recitava il sottotitolo del quotidiano e "passando in rassegna gli articoli pubblicati, il legame con il partito appare evidente: «l'Unità» sembra seguire fedelmente, anche nelle pagine locali, la linea della direzione di Botteghe Oscure. […] La "linea della fermezza" appare particolarmente evidente in alcuni degli articoli pubblicati durante i cinquantacinque giorni del rapimento Moro […] e emblematiche in questo senso sono le parole di Montanari riportate dal quotidiano il 25 aprile: «Con i criminali, con gli eversori «rossi o neri», non si patteggia, si combatte»".
"L'altro quotidiano preso in esame, «Il Resto del Carlino», sembra mantenere, invece, un atteggiamento più distaccato […]. Rispetto a «l'Unità» tende a dare una lettura meno "chiusa" dei fatti, dando spazio alle diverse linee di pensiero presenti a Reggio Emilia: tale atteggiamento appare maggiormente evidente in articoli come «Trattare o non trattare con le Br?» oppure «E' opportuno pubblicizzare i volantini delle Brigate rosse?». «Il resto del Carlino», oltre a quanto già detto, ha anche una copertura maggiore sia in termini di articoli pubblicati sull'argomento che di profondità" anche intervistando più volte i famigliari di Gallinari, Pelli, Ognibene e Franceschini e ripercorrendo le vicende che riguardano i brigatisti di origine reggiana.