La tesi del giorno
Il dibattito sulla pena di morte
Il dibattito sulla pena di morte è ben lontano dall'essersi esaurito. Sono ancora molti gli Stati al di fuori dell'Europa a mantenere questa pratica, tra i più noti Stati Uniti, Cina e Giappone.
Come spiega la dott.ssa Adriana Abbamonte nella sua tesi, i favorevoli alla pena di morte asseriscono che lo Stato debba tutelare coloro che rispettano la legge rispetto a coloro che la trasgrediscono, punendo alcuni reati con una pena commisurata alla colpa. Inoltre, attuando la pena di morte, lo Stato difenderebbe la società impedendo che soggetti ritenuti pericolosi possano nuovamente commettere altri reati.
Le ragioni a favore del no partono invece dal presupposto che la pena di morte costituisca una violazione dei diritti umani, sottolineando come nessun uomo, né come individuo né come rappresentante della comunità, abbia il diritto di togliere la vita ad un altro uomo, a prescindere dalla gravità delle colpe da quest'ultimo commesse. Difatti, come sosteneva Cesare Beccaria "la pena di morte, rendendo meno sacro e intoccabile il valore della vita, incoraggerebbe, più che inibire, gli istinti omicidi".
Bisogna inoltre tenere in considerazione che la pena di morte, oltre a non costituire un deterrente, si configura in molti Stati come uno strumento di discriminazione sociale, in quanto interesserebbe per la maggior parte le classi sociali più deboli, membri delle minoranze razziali, individui con un basso livello di scolarizzazione, soggetti con una vita familiare allo sbando, persone con reddito molto basso ed a volte oppositori politici.
Spesso inoltre vengono resi noti casi di errori giudiziari, che hanno come esito l'uccisione di un innocente. Infatti, come puntualizza il dott. Mauro Coppola nella sua tesi L'abolizione della pena di morte in Europa "uno studio dello Stanford Law Review ha documentato, in questo secolo, 350 casi di condannati a morte negli Stati Uniti, in seguito riconosciuti innocenti. Di questi, 25 erano già stati giustiziati, mentre altri avevano già trascorso decenni in prigione; 55 dei 350 casi risalgono agli anni '70, 20 risalgono agli anni compresi tra il 1980 e il 1985".
In Italia la pena di morte è stata abolita definitivamente nel 1948 e ormai, "all'inizio del 3° millennio, la pena capitale non è più una realtà in Europa. L'Unione Europea e i suoi membri in diverse occasioni hanno pubblicamente espresso la propria opposizione a questa pratica".
Secondo il dott. Coppola "è ormai indubbia la tendenza mondiale verso l'abolizione della pena di morte. Oltre la metà dei paesi del mondo hanno cancellato la massima pena dalle loro leggi o non ne fanno più uso e il numero dei paesi abolizionisti è in continuo aumento. L'assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, nella risoluzione 1097 del 1996, ha chiesto ai capi di stato di concedere la clemenza ed ha fatto appello ai parlamenti di tutti i paesi mantenitori affinché decretino l'abolizione della pena di morte nel minor tempo possibile, seguendo l'esempio della maggior parte dei paesi del Consiglio d'Europa. Negli ultimi venti anni il numero dei governi che hanno abolito la pena di morte per tutti i reati è più che raddoppiato, passando dai 27 del 1981 ai 58 di oggi. Oltre a questi, ce ne sono altri 15 che l'hanno abolita per tutti i reati tranne quelli considerati eccezionali, ed ulteriori 26 che possono essere considerati abolizionisti de facto".
"Nonostante siano trascorsi quasi 250 anni dalle brillanti proposte di riforma del marchese Beccaria, si avverte tuttora l'esigenza di un processo rapido, equo, che preveda, per i colpevoli accertati, pene certe, misurate e utili al recupero psicologico e sociale del detenuto e della società in genere; ma l'apparato appare palesemente ancora oggi troppo elefantiaco, burocratizzato. Riuscirà l'uomo, essere sociale, con le sue innate debolezze umane, a raggiungere un'accettabile sistema penale che consenta ai suoi consociati di vivere serenamente senza dover più temere, nel bene e nel male, la giustizia?"