La tesi del giorno
Omogenitorialità: non bianco, non nero ma arcobaleno
Secondo l'art. 29 della Costituzione Italiana "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio". Matrimonio possibile, in Italia, solo tra coppie eterosessuali.
Eppure la realtà famigliare del nostro Paese sta cambiando e l'omogenitorialità è un tema di rilievo nelle discussioni politiche, religiose e culturali, elevato persino ad argomento nei talk-show.
Disquisire su questo tema non è facile, non tanto per la mancanza di studi scientifici e ricerche psicologiche pro e contro (negli ultimi dieci anni l'argomento è stato approcciato da più parti), quanto per le implicazioni socio-storico-culturali che sono condizionate e condizionano in primo luogo il giudizio sull'omosessualità e, quindi, di riflesso il valore dell'omogenitorialità.
Questi giudizi inoltre hanno implicazioni sull'omofobia interiorizzata delle persone omosessuali, creando un circolo di idee e valori che alimenta processi omofobi e limita al contempo la riflessione legislativo-politica sulle "famiglie arcobaleno".
Queste implicazioni non possono essere scordate quando si parla di omogenitorialità.
Lo sa bene la dott.ssa Linda Zucchetti che nella sua tesi Bianco, nero o arcobaleno? Aspettative e pregiudizi dal punto di vista delle famiglie omogenitoriali cerca di affrontare il problema senza la pretesa di esaurire l'argomento, ma per ampliarlo e, soprattutto, sdoganarlo dai limiti dello stereotipo e del pregiudizio, per una discussione seria, serena e proficua.
Il primo punto di partenza è la definizione dei cambiamenti avvenuti nel concetto di famiglia, non più legata ai legami di sangue ma definita con il termine "«household», coniato per indicare l'insieme di tutte le persone che siedono allo stesso tavolo; queste evoluzioni portano al cambiamento, seppur lento, della descrizione della famiglia e della famiglia stessa, nonché alla trasformazione dei legami di parentela".
Questa nuova definizione non riguarda solo le famiglie omogenitoriali, ma si ricollega al recente panorama famigliare che si compone di famiglie divorziate, ricostituite, monoparentali.
Una riflessione sulle famiglie arcobaleno, secondo la dott.ssa Zucchetti, non può precludere dallo studio di cosa significhi omosessualità oggi, come venga percepita dalla società, dalla religione, dai famigliari e da chi decide di esternare o meno le proprie inclinazioni sessuali.
Se la qualità delle relazioni umane non è data dall'appartenenza all'uno o all'altro sesso, quindi non necessariamente essere maschio o femmina implica determinate caratteristiche etico-morali, è pur vero, come sottolinea la dott.ssa Zucchetti, che il percorso che una coppia omosessuale compie per poter creare una famiglia è condizionato dalle prerogative biologiche.
Sebbene quantificare il numero delle famiglie arcobaleno sia ancora complesso perché non riconosciute, nel nostro paese la filiazione da parte di una persona omosessuale riguarda ancora in grandissima maggioranza bambini concepiti in unioni eterosessuali, in famiglie omogenitoriali ricostituite dopo il divorzio.
Poche sono quindi le famiglie dove i figli provengono da scelte alternative (anche per i limiti legislativi), con relative differenze tra coppie lesbiche e gay: inseminazione assistita, dono dello sperma, madri surrogate, adozione.
Al di là di come avviene l'arrivo del figlio, l'interesse della dott.ssa Zucchetti è soprattutto per le dinamiche genitoriali e parentali che si sviluppano nelle famiglie arcobaleno: come cresce un figlio in una coppia omosessuale? Quali problematiche potrà incontrare nella società? Sarà un bambino/a diverso rispetto ai figli di una coppia eterosessuale?
La dott.ssa Zucchetti presenta quindi i risultati di molteplici studi e ricerche, pro e contro l'omogenitorialità e vale la pena riportare la sua conclusione: "la maggior parte delle differenze evidenziate dalle ricerche, quando non favoriscono i genitori omosessuali, sono effetti secondari del pregiudizio sociale o rappresentano una di quelle differenze che le società democratiche dovrebbero rispettare e proteggere; l'unico punto su cui la differenza evidenziata non può essere attribuita allo stigma sociale è che, in effetti, i figli dei genitori omosessuali sono più aperti a relazioni omosessuali, anche se, comunque, la maggioranza di essi si identifica come eterosessuale.
[…] In conclusione emerge la difficoltà di integrare il proprio vissuto familiare e la propria decisione di avere un figlio con gli attacchi (reali o percepiti) di una società centrata sull'eterosessualità; le difficoltà quotidiane di bambini cresciuti in famiglie omogenitoriali non sembrano differire dai compiti evolutivi normali, le risorse educativo-affettive appaiono soddisfacenti sia in termini qualitativi che quantitativi, il contesto allargato si è dimostrato nella maggioranza dei casi capace di accogliere o per lo meno di non additare il nucleo arcobaleno, ma, se attraverso il confronto con la singola persona si possono arginare certe credenze, quando ci si imbatte nella legislazione e nella politica le distanze divengono incolmabili e prevale la sensazione di precarietà della propria famiglia.
Ovviamente bisogna tener presente i limiti intrinseci di ciascuno studio. A causa della spesso ridotta numerosità e dell'anonimato del campione non si può sapere con certezza quanto sia rappresentativo; bisogna inoltre tenere in considerazione il fatto che i genitori gay possano avere enfatizzato la positività del loro rapporto con i figli, minimizzando, deliberatamente o inconsciamente, i conflitti esistenti per un bisogno di accettabilità sociale o per paura che venga chiamata in causa la custodia dei figli".
Infine il corpus di ricerca mantiene tutta una serie di limitazioni, in quanto il campione analizzato si identifica in bianchi, di ceto medio, con livello di istruzione medio-alto.
Interessante infine anche la ricerca proposta dalla dott.ssa Zucchetti, che ha sondato, con mero scopo esplorativo attraverso un questionario auto-somministrato, le aspettative e le paure di venti genitori omosessuali.
I risultati evidenziano che il punto di forza e di debolezza di queste famiglie coinciderebbe: la diversità è percepita sia come valore aggiunto in grado di aprire le menti, anche rispetto all'atteggiamento dei figli verso la società, sia come motivo di isolamento sociale.
La necessità che traspare pare essere unanime: la richiesta di una società non giudicante a priori, ma informata e aperta al confronto.
Fonte immagine: Gay Wave, supplemento alla testata giornalistica Tuttogratis.it, http://www.gaywave.it