La tesi del giorno
Il brand naming nel mercato cinese
La sempre maggiore apertura dei mercati porta ad un aumento degli scambi internazionali tra paesi lontani culturalmente e linguisticamente. Spesso le multinazionali nello sfruttare le possibilità offerte dalla globalizzazione agiscono secondo il principio: Think globally, act locally, ma in alcuni casi il processo di adattamento alla cultura locale non si rivela affatto semplice, che si tratti di modificare un prodotto secondo le esigenze locali oppure di un'operazione di re-naming del brand.
E' il caso di Ikea, che esporta in tutto il mondo mobili dai nomi che riprendono parole comuni in svedese, danese e norvegese che, si è scoperto, è meglio non translitterare in altre lingue come il tailandese in quanto potrebbero causare malintesi imbarazzanti.
Come spiega la dott.ssa Monica Santandrea nella sua tesi Inglese e cinese a confronto: aspetti linguistici nella formulazione del brand name, entrando in un nuovo mercato "le grandi aziende devono affrontare un importante problema, e cioè la scelta di mantenere oppure adattare il proprio brand secondo le caratteristiche e i valori fondamentali degli altri Paesi".
Il brand infatti svolge alcune importanti funzioni quali quella di identificazione del prodotto con il marchio e provvede ad assicurare qualità, affidabilità ed unicità. Il brand racchiude in sé una serie di valori e caratteristiche che lo distinguono dagli altri prodotti, conquistando così l'interesse dei consumatori, che acquisteranno il prodotto con sicurezza.
Secondo la dott.ssa Santandrea ci sono molti modi di tradurre il proprio brand name, ma non tutti riescono a trovare riscontri positivi all'interno del nuovo mercato.
"Il branding a livello globale viene, in effetti, complicato dalla diversità in campo linguistico, culturale e anche economico. [...] La difficoltà aumenta nel caso in cui le compagnie decidano di entrare in mercati lontani dai propri standard e dalle proprie caratteristiche. Se un'azienda occidentale decidesse di entrare nel mercato cinese, si ritroverebbe a dover affrontare problematiche non solo di tipo economico, ma anche e soprattutto di tipo linguistico, per esempio decidere se tradurre il proprio brand name in Mandarino."
Nel suo elaborato la dott.ssa Santandrea analizza in particolare il comportamento che le aziende occidentali, in particolare quelle statunitensi, adottano per entrare nel mercato cinese: "l'ingresso in questo mercato è in effetti molto delicato: tradurre un brand è molto più dell'assegnare un simbolo o del dare al prodotto un'unica identità che lo distingua dagli altri".
"Uno dei principali problemi che le aziende hanno dovuto affrontare riguarda la trascrizione delle marche in lingua cinese. Tradurre un nome significa anche attribuirgli un significato, da questo nasce la difficile decisione su quali sinogrammi scegliere e su quale significato dare alla propria marca."
"In generale i brand names cinesi devono possedere poche, ma importanti qualità: innanzitutto devono essere composti da morfemi brevi e semplici; in secondo luogo, grande attenzione deve essere data all'aspetto fonetico e all'unicità del suono, in modo tale da distinguersi dagli altri; e per finire deve essere elegante nel significato."
Come puntualizza la dott.ssa Santandrea l'operazione di traduzione del brand name non è affatto semplice e, in alcuni casi, il metodo traduttivo scelto non ha portato effetti positivi. Ad esempio, la scelta dell'azienda Trussardi di adottare una semplice trascrizione fonetica del marchio può essere considerata negativamente. Trussardi in cinese diventa 特鲁萨尔迪 (tèlǔsà ěrdí) dove i primi due ideogrammi significano particolarmente sciocco.
Il problema della traduzione del marchio si è presentato anche per Coca-Cola con l'ingesso in Cina: "quando nel 1928 la Coca-Cola Company entrò per la prima volta in questo nuovo mercato, essa non aveva una traduzione ufficiale del proprio brand name in mandarino. Per riuscire però ad avere un impatto immediato e positivo sui nuovi consumatori era necessario trovare quattro caratteri che richiamassero il suono del brand originale e che avessero un significato. Mentre Coca-Cola era alla ricerca di caratteri che dessero origine ad un brand name positivo, i commercianti attribuirono ai prodotti dell'azienda americana caratteri la cui pronuncia era ko-ka-ko-la. Questi caratteri insieme hanno significati senza senso; a seconda del dialetto, essi possono significare mordere il girino di cera o la femmina del cavallo imbottita con la cera. Successivamente, quando l'azienda entrò nei mercati di Hong Kong e Shanghai, il nome cantonese scelto, che riproduceva il suono inglese del brand, portava con sé un significato strano: buono per la bocca e per la cera. Solo quando la Coca-Cola Company è entrata nel principale mercato cinese, il brand ha raggiunto una traduzione perfetta, che suscitava maggior attrazione sui consumatori rispetto al suono originale inglese: 可口可乐(kěkǒu kělè). Questi caratteri significano letteralmente permettere alla bocca di essere in grado di rallegrarsi, più semplicemente gradevole e che rende felice."
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