La tesi del giorno
Il fenomeno dei bambini soldato
Una delle immagini del massacro della guerra civile in Siria, vede coinvolto un bambino tra le lacrime mentre, aiutato da un soldato, cerca di maneggiare un kalashnikov. Il problema dei bambini soldato è un problema che siamo, di solito, abituati a vedere nelle regioni centrali dell'Africa, e di cui da sempre si parla, ma ci si rende sempre più conto che sono diversi i paesi che utilizzano nelle loro guerre i bambini come soldati. Ma quali sono le ragioni che portano alla nascita di questo fenomeno?
La dott.ssa Lidia Taraborelli, nella sua tesi "La questione dei bambini soldato. Dal coinvolgimento alla riabilitazione", ci spiega la nascita di questo fenomeno e le cause che lo determinano.
"Uno dei peccati originali dell’umanità è la sua incapacità di vivere in pace. Il mondo che oggi conosciamo è stato in larga misura modellato dalla violenza della lotta armata. Tuttavia, pur sotto il dominio della più terribile violenza societaria, sono andate sviluppandosi alcune regole di comportamento. Tra queste, vi era una speciale immunità per determinati gruppi: anziani, malati, donne, e, quel che più conta, bambini. Sebbene non fosse sempre osservata, questa “legge degli innocenti” è stata una delle più durevoli norme di guerra, forse il punto cardine di ciò che i teorici del diritto hanno definito jus bello (diritto di guerra). Sembra tuttavia, che nel caos e cinismo spietato delle guerre, queste legge sia venuta meno.Infatti, mai come negli ultimi anni, sono stati usati nei conflitti armati bambini."
Purtroppo in alcuni paesi del Mondo i livelli di disperazione dovuti alla guerra e alla povertà sono tali da spingere le famiglie a fare delle scelte che per noi sono disumane. La scelta di coinvolgere i bambini nei conflitti, a volte, è presa proprio dalle famiglie stesse che, per sopravvivere, sono costrette a sacrificare i propri figli, grazie agli indennizzi che lo stato da alle famiglie dei soldati arruolati. A volte invece, sono i bambini stessi, che reduci da traumi subiti durante la guerra, come assistere alla morte dei propri cari, fanno si che si sviluppi un senso di violenza e vendetta da sfogare solo con la stessa violenza, e quindi arruolandosi in guerra. Molto più spesso invece i bambini vengono rapiti, seviziati e costretti a prendere le armi, mentre le bambine vengono sfruttate sessualmente. Molteplici possono essere quindi le cause e le condizioni che provocano tutto ciò. La dott.ssa Taraborelli, nel suo lavoro affronta questo argomento.
"Per quanto positivi da alcuni punti di vista, gli sviluppi della globalizzazione che hanno dominato l’ultimo quarto del XX secolo hanno escluso molti e disgregato società e costumi tradizionali. Assistiamo a situazioni del genere: una quantità senza precedenti di bambini è denutrita, insufficientemente istruita, marginalizzata, frustrata; un quarto della popolazione giovanile mondiale vive con meno di un dollaro al giorno; almeno duecentocinquanta milioni di bambini vivono nelle strade, duecentoundici milioni devono lavorare per sfamare se stessi e le proprie famiglie; centoquindici milioni non sono mai andati a scuola; in Africa un terzo dei bambini soffre gravemente di fame. "
"Oltre ad assistere a combattimenti e massacri, i bambini che crescono in mezzo alla guerra generalmente mancano dei servizi essenziali (scuole, assistenza medica, abitazioni adeguate, acqua e cibo), fanno fronte a relazioni familiari distrutte, e sperimentano perfino un grado maggiore di violenza domestica. Complessivamente l’ambiente impedisce alla comunità di favorire un sano sviluppo cognitivo e sociale. Di conseguenza l’indebolita struttura sociale è solitamente incapace di tener i propri figli lontani dalla guerra.
Si manifesta quella che è definita “disorganizzazione sociale”, ossia, un processo variabile nel tempo, che caratterizza una società in cui sta accadendo una diminuzione dell’influenza delle regole sociali di comportamento sui membri del gruppo. Comporta il deterioramento delle regole sociali e la crescente incapacità di svolgere funzioni o di realizzare scopi per la quale era l’organizzazione costituita. In poche parole, il figlio, non fa più il figlio, ma il combattente che massacra la sua stessa gente; i genitori non sono più gli educatori dei figli bensì, i loro bersagli di guerra; le bambine non vanno più a scuola, non giocano più con le bambole bensì, giocano a fare le madri."
La nostra società non tende certo a far si che questo fenomeno diminuisca, con il diffondersi della tecnologia infatti vengono create armi sempre più letali. Le armi da guerra vengono inoltre diffuse con facilità e spesso tramite commerci illegali.
"A questa tendenza “disorganizzatrice”, si aggiunge anche il contributo dello sviluppo tecnologico per quanto riguarda la fabbricazioni di armi.
Sono le armi più spesso usate tanto in combattimento quanto negli attacchi contro i civili e hanno provocato quasi il 90 per cento delle perdite totalizzate nelle guerre recenti. Le armi leggere sono in grado di lacerare il tessuto della società civile meglio di qualsiasi altra arma; grazie ad esse, un gruppuscolo relativamente debole può trasformare senza difficoltà un paese pacifico in una catastrofe umanitaria. Ed oggi, il progresso tecnologico e funzionale di queste armi permette di trasformare i bambini in combattenti non meno letali degli adulti."
Quale ruolo ha la società in tutto questo?
"La crisi complessa del fenomeno è corroborata dal fatto che i sistemi giudiziari, contro questi crimini di guerra, sono deboli e ancora in collaudo e quindi risultano un tentativo simbolico di riparare i crimini di guerra. Ci si domanda infine, se la nostra società sia del tutto innocente ed estranea a tale angosciante fenomeno. Se anche per la società occidentale l’utilizzo dei bambini in guerra è un’aberrazione del significato della guerra stessa, ciò non basta a cambiare il pensiero di quelle persone che vivono l’orrore della guerra."
Fonte dell'immagine : http://bambinioggi.blogosfere.it/2010/07/ce-speranza-per-i-bambini-soldato-1.html