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La tesi del giorno

La Polizia nelle rappresentazioni fotografiche durante il G8 di Genova

La Polizia nelle rappresentazioni fotografiche durante il G8 di GenovaE' arrivata undici anni dopo, ma, finalmente, la sentenza sugli abusi della polizia alla scuola Diaz durante il G8 di Genova mette la parola fine a una delle pagine più drammatiche della nostra storia recente. Un evento massmediatico imponente, che ha posto molti interrogativi sul modo in cui è stato gestito dal mondo dell'informazione, prima e durante.

Nella sua tesi I buoni e i cattivi. La Polizia nelle rappresentazioni fotografiche durante gli scontri di Genova: un'analisi semiotica, Anna De Dominicis si chiede se vi fosse una cornice interpretativa adottata dai giornali per i fatti di Genova e se, all’interno di questa, ci fosse un’iconografia delle forze dell’ordine presentata in maniera prepotente o stereotipata.

Un lavoro accurato, che parte dall’analisi semiotica delle fotografie della stampa nazionale italiana raffiguranti le forze di polizia in servizio durante il summit. "Nelle trattazioni giornalistiche del vertice", scrive la nostra autrice, "il topic delle notizie si sposta dai temi sociali ed economici dell’antiglobalizzazione alla lotta tra manifestanti e forze dell’ordine: questo slittamento tematico è riscontrabile in tutte le testate. Vi è stata un'uniformità degli stili narrativi delle varie testate, un canovaccio che intrattiene il lettore nella descrizione di un solo scenario: la guerriglia urbana".

La metafora bellica ha costruito "una saga narrativa che ha dipinto nuovi scenari di conflitto caratterizzati dal loro essere “guerre narrative” e in cui gli attori (o meglio, inter-attori) costituiscono un attante collettivo: l’attante duale. Di volta in volta la figura dell’attore sfidante o sfidato è stato ricoperto dai manifestanti o dalle forze dell’ordine. Il frame interpretativo della sicurezza viene declinato in modo diverso dalle testate con orientamento politico opposto".

Da un’analisi complessiva dei termini più ricorrenti nei titoli dei quotidiani, si evidenzia come "i giornali di destra abbiano usato parole come “danni”, “bomba”, “ordigno” e abbiano individuato i presunti responsabili in “Br”, “anarchico”, “Bertinotti”, anti-global”, “sinistra”; i giornali di sinistra abbiano insistito sul “diritto” e la “libertà” di manifestare negati dalla “polizia”".

Queste scelte lessicali si accompagnano ad altrettante scelte redazionali circa la pubblicazione del materiale fotografico, finalizzate al racconto politicamente orientato. Non a caso "appaiono in misura maggiore fotografie di manifestazioni e dell’evento ufficiale sul Corriere della Sera, di devastazioni e violenze a opera dei manifestanti su Il Giornale, di manifestazioni e violenze da parte della polizia su Il Manifesto".

Numerose fotografie raffigurano gli agenti di polizia allineati ordinatamente e composti, un “io collettivo” esteticamente ordinato. "Non si può non considerare il fascino che emana da queste illustrazioni: un’idea di ordine, di compostezza, di severità, di unità che si traduce in una retorica dell’unione e dello spirito di corpo dove le singole personalità sono annullate a favore del gruppo".

In altre immagini l’obiettivo fotografico punta sulle armi in dotazione ai poliziotti, il che non è privo di conseguenze perché si producono scenari virtuali. "Le armi abbozzano una “drammaturgia silenziosa”, anticipano scenari di guerra, di violenza e presuppongono pratiche specifiche come lo scontro di corpi. Le immagini delle armi diventano le figure concrete del ruolo tematico del poliziotto, sottolineando quindi l’aspetto aggressivo-punitivo di tale ruolo".

Di fatto, si è venuto a costituire un "habitus percettivo, cognitivo e simbolico che ha portato all’edificazione di una rappresentazione delle forze dell’ordine che ha subito processi di semplificazione e stereotipia". E che, alla fine - purtroppo - quello stereotipo l'ha confermato in pieno. (Fonte immagine: mediascuola.blogspot.it)

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