La tesi del giorno
La relazione sino-africana
La capillare presenza cinese nel continente africano è ormai un dato di fatto. Una politica di partnership innanzitutto economica, ampiamente criticata dall'Occidente per la presenza di molte zone d'ombra in merito all'effettiva natura dei rapporti tra Pechino e il continente africano.
Sono solo cinque i Paesi africani su cinquantaquattro che non intrattengono rapporti di collaborazione con la Cina, tra cui Gambia, Sao Tomé e Principe, Swaziland, Burkina Faso e Malawi: i restanti godono invece di una cooperazione senza intervento, che mira a trattare gli stati Africani come eguali, senza interferire negli affari domestici e rispettando le scelte dei singoli stati nei loro approcci allo sviluppo, nel bene e nel male.
La dott.ssa
Silvia Giordano, autrice della tesi
"La diplomazia cinese in Africa: un esempio di cooperazione strategica, offre un'analisi critica attuale di quello che dal punto di vista strategico e cooperativo questo rapporto ci può insegnare, focalizzando l'attenzione sulle motivazioni storiche, filosofiche e sociologiche che conducono all'anti-egemonia, allo sviluppo pacifico e alla non interferenza adottate dalla Cina in Africa, per poi concentrarsi sulla cooperazione che ne deriva, ufficializzata nei quattro Forum di Cooperazione Cina-Africa.
Partendo dalla storia delle relazioni tra Cina e Africa, lo studio di Silvia si focalizza sull'approfondimento delle principali caratteristiche della diplomazia cinese, in cui gli aspetti culturali influiscono sensibilmente:
"
I concetti di cui tanto oggi si discute a proposito della diplomazia cinese, '"ascesa pacifica", "sviluppo pacifico", "antiegemonia", perseguimento delle "tre armonie", "non interferenza", "politica del buon vicinato", non sono altro che antichi insegnamenti cinesi filosofici e religiosi che la Cina ha coltivato e incentivato, riuscendo a farne principi cardine di una politica inusuale e strategica agli occhi di noi occidentali.
Analizzando la storia cinese, la politica di pacifica coesistenza con i paesi vicini era già ampiamente sfruttata dalle dinastie Han (206-220 a.C.) e Tang (618-907 a.C.) tramite i contatti diplomatici e l'invio di doni che promuovessero la pace e lo scambio culturale tra i popoli: pensiamo a Zheng He 郑和 che con i suoi viaggi promosse importanti contatti diplomatici tra Africa e Cina, o alla Via della Seta che permise preziosi scambi tra Occidente e Oriente in un rapporto di reciproco beneficio.
Il concetto di armonia era promosso anche dai classici confuciani, come guida per l'interazione sociale e mezzo per lo sviluppo di una nuova struttura politica basata sulla collettività che, grazie al mantenimento dell'equilibrio fondato sull'armonia, avrebbe aiutato attivamente il regnante nel suo ruolo di amministratore del popolo."
Anti-imperialismo e sviluppo economico rappresentano i pilastri della politica diplomatica cinese, il cui esempio più significativo è il legame tra Cina e Zimbabwe.
Infatti l'autrice spiega come "
in cambio della cooperazione e dei contributi cinesi, lo Zimbabwe importa una vasta gamma di prodotti e manufatti a prezzi economici. Si tratta una vera e propria inondazione di vestiti made in China, scarpe e tessili, tutti venduti a prezzi più bassi rispetto a quelli prodotti in Zimbabwe", che ha determinato il processo di deindustrializzazione dello stato africano e la perdita di molti posti di lavoro.
Oltre all'attacco al settore tessile, il supporto cinese allo Zimbabwe in ambito militare caratterizzato dalla vendita di armi è stato oggetto di critiche e denunce da parte della Comunità Internazionale, soprattutto in merito alla questione dei diritti umani e delle libertà civili.
Agli attacchi dei Paesi occidentali, Pechino risponde a sua difesa "
risollevando la retorica anti-imperialista, combinandola con una differente concezione di diritti umani e di democrazia. I due elementi chiave di questa direzione alternativa sono l'importanza per il diritto di raggiungere la prosperità economica ed il principio della non interferenza negli affari domestici di altri paesi con la norma della sovranità di stato. L'attenzione dedicata a questi due punti e l'importanza attribuita all'economia invece che ai diritti politici, differenziano Pechino da qualsiasi altro governo nel suo confermare alcuni aspetti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ma enfatizzarne altri come il diritto alla nutrizione, agli abiti e allo sviluppo economico."
Dunque, il business prima di tutto. Ma al Governo cinese dobbiamo attribuire un merito: ha fatto riaccendere i riflettori sull'Africa, sul suo sviluppo economico e sul suo peso politico, dopo anni di oblio. Spetta ora ai governi africani ed Europa in testa a trovare i mezzi giusti per contrastare gli effetti negativi di questa nuova forma di colonialismo.
Fonte dell'immagine: http://umsoi.org
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La diplomazia cinese in Africa: un esempio di cooperazione strategica

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