La tesi del giorno
Le ambiguità della legge 40 sulla procreazione assistita
Fin dalla sua entrata in vigore la legge 40 del 19 febbraio 2004 ha scatenato una serie di articolati dibattiti. Diverse sentenze hanno dichiarato illegittimi alcuni articoli, ultima in ordine cronologico la sentenza della corte di Strasburgo che ha evidenziato alcune discrepanze all'interno del sistema legislativo italiano in materia di procreazione assistita. Il sistema legislativo italiano, se da una parte vieta la diagnosi preimpianto con la legge 40 dall'altra permette l'aborto terapeutico previsto dalla legge 194.
Il giudizio della Corte europea accoglie le richieste di una coppia italiana portatrice sana di fibrosi cistica che desidera ricorrere alla fertilizzazione in vitro (FIVET) e alla diagnosi preimpianto.
La sentenza della corte di Strasburgo non è però la prima a mettere in dubbio la legge 40. Come sottolinea il dott. Andrea Cozza nella sua tesi Lo statuto giuridico dell'embrione nella legge 40/2004 "le ambiguità della legge hanno dato origine a decisioni dissonanti in giurisprudenza. Addirittura è accaduto che lo stesso tribunale di Cagliari, adito più volte su questioni inerenti all'effettuazione di diagnosi preimpianto, abbia, in un primo momento, respinto la richiesta di due aspiranti genitori, portatori di gravi malattie genetiche; in seguito, nuovamente adito per motivi analoghi, lo stesso tribunale accolse la domanda di diagnosi preimpianto presentata dalla coppia".
"Il leading case italiano, che segna l'inizio del summenzionato contrasto giurisprudenziale, è il cd. caso Catania in cui il tribunale civile di Catania è chiamato a pronunciarsi su ricorsi presentati […] rispettivamente da una coppia di soggetti portatori sani di malattia genetica trasmissibile e dal medico che avrebbe dovuto applicare le tecniche." In questo caso, il giudice ha respinto la richiesta della coppia e del medico propendendo "per un'interpretazione della norma che, pur essendo letterale, è in contrasto con i principi e i diritti fondamentali, sanciti nella carta costituzionale, primi tra tutti il diritto alla salute e quello all'autodeterminazione consapevole. Ciò starebbe alla base di una contraddizione di fondo presente nella decisione in esame: da una parte il tribunale ritiene prevalente gli interessi fondamentali garantiti dalla carta costituzionale alla persona vivente, rispetto a quelli dell'embrione; dall'altro le scelte fatte in sede di decisione, si rivelano incompatibili con tale posizione". Infatti, la richiesta della coppia "risponderebbe non all'esigenza di avere il figlio perfetto, come sostenuto dal giudice, bensì ad un'esigenza di tutela della salute della coppia –diritto alla salute- e di procreazione, da parte dei coniugi, cosciente e responsabile –diritto all'autodeterminazione consapevole."
Come spiega il dott.Cozza "il presunto diritto al figlio conforme ai desideri diventa l'argomentazione centrale anche in positivo per sostenere la piena legittimità costituzionale anche delle più controverse disposizioni della normativa in esame."
"Altra questione sollevata dai ricorrenti riguarda il possibile conflitto tra la disciplina della legge 194/1978 e quella della legge 40 [...] Se la legge 194/1978, nel prevedere la possibilità per la madre di decidere di interrompere la gravidanza in presenza di circostanze che ne mettano a repentaglio la vita, è espressione di un assetto di interessi che costituisce la traduzione del portato normativo della Carta costituzionale – preminenza del diritto alla vita della madre rispetto a quello del concepito- la legge 40 attribuisce all'embrione una soggettività giuridica tale da renderlo, in certe ipotesi normativamente previste, titolare di diritti prevalenti su quelli della madre. La contraddizione è chiara: appare illogico che, da una parte, il legislatore abbia previsto la prevalenza dei diritti di chi è già individuo, rispetto a quelli del feto; e dall'altra, in una legge successiva, abbia invece previsto, una soggettività giuridica dell'embrione che gli attribuisce alcuni diritti prevalenti rispetto a quelli della madre; appare altresì illogico il fatto che il legislatore abbia previsto, per la madre, una gamma di poteri dispositivi sul feto ben più ampia che sull'embrione."
Fonte dell'immagine: fecondazioneitalia.it