La tesi del giorno
Fiat-Chrysler. Cosa farà Marchionne?
Marchionne ha sempre promesso di rendere competitive le sue aziende. Che, detto altrimenti, significa profitti per lui e per chi ci lavora. Doloroso da accettare, ma trattasi della logica del libero mercato, dove lo Stato, non essendo proprietario dell'azienda, non conta. Se Marchionne sceglie gli States, di fatto i governi italiani possono poco. Pochissimo.
Al caso Marchionne-Fiat dedica una tesi interessante
Francesco Brillante, che nel suo lavoro
Il Governo delle sinergie. Caso FIAT-CHRYSLER analizza come "in molti casi, la difficoltà di trasformare le sinergie potenziali in sinergie effettive ha palesato l'inopportunità e, spesso, anche il fallimento economico di operazioni di sviluppo per vie esterne".
Sia Fiat che Chrysler in passato sono state protagoniste di due esperienze "in cui un'inesatta percezione delle sinergie e un inadeguato sviluppo delle stesse hanno contribuito al conseguimento di risultati negativi".
L'obiettivo principale dell'accordo Fiat-Chrysler - ci spiega ancora il nostro autore - "è la possibilità che ne deriva di poter arrivare a produrre
sei milioni di veicoli, che rappresentano a detta di Marchionne un livello critico per essere un player competitivo globale nel settore automobilistico. Oggi, le due imprese hanno una scala dimensionale simile, di poco superiore ai due milioni di autoveicoli prodotti".
A settembre 2009 Marchionne ha sottolineato che non ci saranno altre acquisizioni e che il passaggio da quattro a sei milioni di auto avverrà per crescita interna, com'è stato per Ford e Toyota. Fiat punta, quindi, a fare più modelli di auto utilizzando le medesime piattaforme. Questo dovrebbe, anche, consentirle di ridurre i costi industriali di un 15%.
Per centrare l'obiettivo, "la strategia dell'ad è chiara: vuole continuare a focalizzare l'attenzione dell'azienda sull'eccellenza per valorizzare il brand riducendo i costi, applicando metodi di Lean Suppy Chain e World Class Logistics, che rendono possibili aumenti di produttività di circa 4% all'anno. In generale, attraverso anche la World Class Manufacturing, si punta all'ottimizzazione della base industriale, che consentirà di eliminare le attuali inefficienze operative correlate al basso livello di utilizzo della capacità produttiva".
Toyota e Ford hanno impiegato quindici anni per raggiungere un obiettivo simile. Per aumentare la produzione per via interna hanno attuato una complessa strategia di ricerca, di prodotti, di nuove tecnologie, di ridisegno di reti commerciali, di ristrutturazione di stabilimenti produttivi, e così via. Una strategia lenta ma continua, che ha comportato ingenti investimenti.
Una ristrutturazione di Chrysler non può che essere lunga e costosa. "Il punto di maggiore debolezza dell'alleanza sta proprio nel fatto che
i segmenti Fiat paiono estranei a quelli classici di Detroit, e quindi sorgono i dubbi sulla capacità delle reti Chrysler di vendere prodotti così differenti".
Fiat, infatti, dovrà essere capace di vendere vetture piccole e medie a un popolo abituato a macchine grosse e pesanti. "Le nuove gamme di prodotto poi, che Fiat vuole portare negli Usa, richiedono non solo volumi e quote sostenibili nel segmento, ma anche assistenza tecnica e il tutto, praticamente, senza un mercato dell'usato. In Europa poi l‟accordo non porta, in pratica, nessun vantaggio, per via della quasi inesistenza della rete Chrysler nel vecchio continente (si salva solo la Jeep)".
(fonte immagine: ilmattino.it)
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IL Governo delle sinergie. Caso FIAT-CHRYSLER

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