La tesi del giorno
I segreti del doppiaggio
"Un film ben doppiato è un film diverso dall'originale, un gemello ma diverso".
Mario Maldesi
Il dott. Luca Fattore nella sua tesi "Le problematiche traduttive nella pratica del doppiaggio: il caso Manhattan (Woody Allen, 1979)" analizza in dettaglio la nascita e la diffusione del doppiaggio in Italia, soffermandosi in particolare sulle problematiche della traduzione filmica, uno degli aspetti maggiormente trascurati sia dal pubblico sia dalla critica. In merito all'avvento del doppiaggio, il dott. Fattore spiega come "…L'invenzione del sistema del doppiaggio fu attribuita ad un fisico austriaco, Karol Jacob, anche se nello stesso periodo circolavano sistemi simili in Germania (creato da Oskar Messter) e negli Stati Uniti (creato da Edwin Hopkins). La società di produzione che per prima puntò con decisione sul doppiaggio fu la Fox, alla luce degli scarsi risultati che le versioni multiple stavano dando in Europa. Il nuovo metodo garantiva "consistenti risparmi di tempo e denaro, una qualità superiore nel prodotto finito e velocità di esecuzione." Inizialmente i doppiaggi furono eseguiti all'estero, ma ben presto le case cinematografiche decisero di proseguire l'attività esclusivamente in loco, ossia nei paesi interessati alla traduzione per rispettare la pronuncia degli attori. Fu così che "…la Fox, la Warner e la Paramount decisero di servirsi della Fono Roma per effettuare i doppiaggi, mentre la MGM impiantò un proprio stabilimento nella capitale. La consuetudine di doppiare a Roma i film stranieri divenne un obbligo con il Decreto Legge del 5 ottobre 1933 che, per chiare e dichiarate ragioni protezionistiche vietava le proiezioni di pellicole il cui doppiaggio fosse stato eseguito all'estero. Oltre a ciò il governo s'impegnò anche nel campo linguistico "cercando di eliminare ogni deviazione dialettale." Interessante è scoprire che la diffusione del doppiaggio non è stata omogenea in Europa, nonostante sia il metodo più efficiente per risolvere il problema linguistico: "La realtà europea è tutt'oggi divisa tra paesi in cui prevalgono tecniche di doppiaggio" (Spagna, Italia, Francia e Germania), "e paesi in cui si preferisce la prassi della sottotitolazione di gran lunga meno costosa" (paesi scandinavi, Olanda Belgio e Galles). Tuttavia è doveroso affermare che si tratta di una suddivisione. Il doppiaggio presenta costi decisamente superiori rispetto alla sottotitolazione perciò "può essere adottato solo in quelle nazioni il cui numero di abitanti è tale da ammortizzare i costi di produzione." Per questo i paesi più popolosi e ufficialmente monolingue (Italia, Spagna, Francia e Germania) si sono interessati quasi esclusivamente al doppiaggio, mentre paesi più piccoli come quelli scandinavi (ma anche Olanda, Belgio e Galles) essendo "meno popolosi e meno omogenei da un punto di vista etnico-linguistico hanno indirizzato la loro attenzione verso tecniche di sottotitolazione che risultano notevolmente più veloci e più economiche." Oltre allo studio delle fasi di doppiaggio di un film, il dott. Fattore evidenzia uno dei vincoli maggiori di questa tecnica: il sincronismo labiale. "Entrando nello specifico il sincronismo articolatorio comprende in primo luogo il sincronismo articolatorio quantitativo, inteso come simultaneità del parlato con l'inizio e con la fine dei movimenti articolatori. Tale sincronismo riguarda soprattutto la velocità dell'eloquio, dato che il numero delle sillabe e le loro lunghezze può variare dal testo originale a quello tradotto. L'altro campo in cui lavora il sincronismo articolatorio è quello qualitativo che riguarda la compatibilità tra i suoni emessi nel parlato doppiato con i movimenti articolatori visibili. Questo tipo di sincronismo è particolarmente attivo nei primi piani, ma può essere trascurato nelle scene in cui l'attore non è inquadrato in modo chiaro. Il lavoro traduttivo è reso inoltre ancora più complesso dalla presenza di elementi non verbali e dalle differenze culturali. Un esempio fra tutti è l'espressione della comicità, che nei film di genere umoristico si basa sulle "ambiguità semantiche derivanti da omofonia o polisemia tra parole della lingua di partenza che difficilmente trovano un corrispettivo esatto nella lingua di arrivo." L'elaborato si conclude con la spiegazione delle principali modalità risolutive di questi ostacoli linguistici e culturali, in cui la libertà dell'adattatore di ricercare le soluzioni più opportune nella lingua di arrivo è la prima mossa per un doppiaggio di successo. Un esempio fra tutti è costituito dal film "Manhattan" di Woody Allen, il cui doppiaggio è stato ampiamente approfondito per lo stile citazionistico e la ricchezza di riferimenti culturali che caratterizzano i film del regista newyorchese, le cui opere sono considerate tra le più difficili da tradurre e copiare, costituendo un ottimo esempio per metter in pratica la teoria. Fonte dell'immagine: http://www.movieplayer.it/foto/renee-zellweger-in-sala-doppiaggio-per-shark-tale_7097