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La tesi del giorno

La visita domiciliare come strumento di cura per il paziente psichiatrico

La visita domiciliare come strumento di cura per il paziente psichiatricoLe difficoltà della vita quotidiana, in particolare in tempi di crisi, possono mettere a dura prova e creare problemi psicologici tali da dare l'impressione di essere vittima di forze diaboliche.
Tanto che si moltiplicano sul territorio i punti di ascolto e di aiuto, fino all'istituzione da parte della Chiesa di un centralino per richiedere l'intervento di un esorcista.
In realtà le chiamate spesso vengono indirizzate a specialisti e l'esigenza primaria è sempre quella di essere ascoltati.

L'ascolto e l'appoggio relazionale sono fondamentali per ogni pratica di aiuto che si affianchi anche ad una cura farmacologica preesistente. Soprattutto quando il disagio è psicologico.
All'interno del sistema sanitario centrale è la figura dell'infermiere che gestisce l'assistenza alla persona con disagio psichico, il quale deve essere capace di conciliare gli aspetti legati ai problemi fisici e di salute con le esigenze psico-relazionali.
Come spiega la dott.ssa Emanuela Ferri, "dovrà rispondere adeguatamente ai bisogni assistenziali peculiari e specifici, fornendo un intervento di elevata complessità, in autonomia e/o collaborazione con le altre figure coinvolte, in stretto raccordo con la propria equipe".

La principale difficoltà che l'infermiere riscontra, secondo la dott.ssa Ferri, riguarda proprio la necessità di uscire dagli schemi e dall'impersonalità del ruolo professionale, superando la semplice padronanza della tecnica: "L'infermiere si trova lì, a stretto contatto con la malattia, di fronte ai problemi del paziente, senza nessun “diaframma” tra di essi. Diventa così che la relazione, il coinvolgimento, sono il vero tramite per stabilire il rapporto infermiere-paziente, relazione che permette di partecipare in modo empatico al processo interattivo con la mente del paziente, con il suo stato affettivo, emotivo e con i suoi vissuti".

Per evitare il rischio che il coinvolgimento divenga eccessivo o deleterio, fino al burn-out, è importante che l'infermiere non lavori in solitudine, ma sia affiancato dalla propria équipe con cui coordinare e valutare il processo di cura.
Questo è tanto più importante quando si parla di assistenza domiciliare ai pazienti con disagi psichici.

Questa pratica, centrale secondo la dott.ssa Ferri per garantire la continuità assistenziale, diventa uno strumento di cura, di vicinanza, di costruzione della relazione, ma l'infermiere viene altresì messo a dura prova: deve essere flessibile, ma professionale; deve lavorare in un ambiente estraneo e "ostile"; deve effettuare un intervento all'interno della sfera personale e delle dinamiche familiari.
"Si tratta di una situazione fortemente ansiogena che può generare nell'operatore reazioni di difesa (disimpegno o evitamento) oppure comportamenti aggressivi (con atteggiamenti intrusivi e sanzionatori). In molti casi egli rimane invischiato nelle dinamiche del sistema familiare e ciò rischia di compromettere il suo intervento".

La dott.ssa Ferri definisce quali sono i punti fermi per il corretto svolgimento dell'assistenza domiciliare e, attraverso dei questionari somministrati a tutti gli operatori dei CSM della provincia di Modena, ha valutato la realtà di questo tipo di intervento sul campo.
"Emerge sia dai dati quantitativi sia da quelli qualitativi l'esigenza degli operatori di dare sistematicità agli interventi domiciliari attraverso la formazione, teorica e sul campo, così come la necessità di vedere riconosciuto il lavoro degli infermieri nella difficile ed impegnativa relazione che si stabilisce con i pazienti e la loro famiglia a domicilio.[…]
Vista la comprovata importanza che questo tipo di intervento non diventi marginale, è pertanto da attuarsi attraverso l'individuazione specifica di tempo-lavoro dedicato, un tempo definito, individuato e protetto dagli attacchi esterni, facendolo diventare vero strumento di cura".

Immagine da www.iprofessionistidellasalute.it

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