La tesi del giorno
Turismo responsabile e sviluppo economico: il caso Bosnia Erzegovina
Qual è l'unico settore economico che, a livello internazionale, è in controtendenza rispetto al segno negativo di altri comparti? È il turismo.
E qual è la nuova frontiera del turismo? È il turismo responsabile o sostenibile, aggettivo utilizzato e in parte abusato da chiunque voglia dare un tocco in più alla propria proposta.
Eppure parlare di un turismo veramente 'responsabile', che sia cioè in grado di rispettare l'ambiente e insieme far crescere le comunità locali, sembra veramente un'utopia.
Lo conferma anche la dott.ssa Ilaria Urbani che ha incentrato la sua tesi proprio sulla possibilità di sviluppare una forma di turismo responsabile in Bosnia-Erzegovina.
In realtà la dott.ssa Urbani parte da una sfida ancora più azzardata: far coincidere lo sviluppo turistico con le attività della cooperazione internazionale allo sviluppo.
"A fronte di un turismo […], che è una delle poche industrie che, nonostante le crisi economiche continua a crescere ogni anno, in cui investono continuamente migliaia di aziende principalmente occidentali, come può il turismo responsabile emergere e diventare uno strumento di sviluppo, una risorsa da far fruttare e non da sfruttare, in cui le comunità locali possano godere delle loro bellezze e mostrarle al mondo uscendo da condizioni di povertà e miseria? È qui che entra in gioco la cooperazione internazionale, che per ora rappresenta l’unico sbocco del turismo responsabile, del turismo come attività fine a se stessa".
La metodologia di ricerca utilizzata dalla dott.ssa Urbani nei mesi trascorsi in Bosnia è fondata su un approccio qualitativo più che quantitativo, basato su interviste ed incontri con la popolazione locale, ma anche con chi in Bosnia ci lavora e vive da parecchi anni, come, ad esempio, coloro che lavorano per la cooperazione internazionale e i rappresentanti delle associazioni turistiche.
L'elemento centrale che spicca nella gestione del territorio della Bosnia-Erzegovina e che condiziona qualsiasi attività, è sicuramente "la frammentazione istituzionale e politica, che non permette al Paese di condividere delle politiche turistiche comuni […] non solo sotto il profilo istituzionale, ma anche per quel che riguarda il settore privato".
Questo limite ha il suo peso nel tentativo di organizzare una forma di turismo come quello responsabile, che può permettere lo sviluppo delle comunità locali grazie all’aiuto non solo in termini monetari ma anche in termini di assistenza della cooperazione internazionale, solo se c'è una comunità di intenti tra gli attori che vi partecipano.
A questo proposito la dott.ssa Urbani si dice convinta, dopo uno studio sul campo, di come "l’approccio top-down non sia in realtà totalmente negativo; in termini di assistenza, infatti, è chiaro che un Paese come l’Italia, forte nell’ambito turistico, possa insegnare qualcosa ad un Paese come la Bosnia, che invece non ha una tradizione turistica forte", nonostante "spesso questi progetti vengono elaborati in Italia per essere realizzati, ad esempio, in Bosnia, senza che l’ONG o chi implementa il progetto abbia la minima idea di quello che si può trovare davvero sul territorio".
Senza dimenticare che, nell'ottica di una cooperazione internazionale, esiste sempre un paese donatore, che detta le regole, e un paese beneficiario. E non è detto, né si può realisticamente pretendere, che gli aiuti e i finanziamenti vengano stanziati solo per ragioni etiche.
Spesso si tratta infatti di veri e propri investimenti che permettono ad aziende straniere di lavorare nel paese beneficiario, di vendere le proprie attrezzatura, di ottenere insomma vantaggi economici non indifferenti.
I progetti top-down, inoltre, ricevono ovviamente ingenti finanziamenti statali ed è forte la concorrenza tra le varie ONG. "Ciò di cui si lamenta, ad esempio, chi opera nel settore turistico privato in Bosnia è che questi finanziamenti vengono stanziati quando nella descrizione del progetto stesso viene ripetuta il maggior numero di volte la parola “sostenibilità” o “turismo sostenibile” o “turismo responsabile”: più volte compaiono queste parole nei progetti e con più facilità essi verranno approvati".
È necessario quindi un vero gioco di equilibrio tra interessi economici, politici e ambientali.
Sebbene ottimista sulle potenzialità della Bosnia, la dott.ssa Urbani afferma che "l’unico esempio positivo [di cooperazione di tipo bottom-up] che ho visto in Bosnia durante la mia ricerca riguarda il progetto implementato da Viaggiare i Balcani a Prijedor. […] Si pensi al solo fatto che Viaggiare i Balcani non definisce questo genere di cooperazione “decentrata”, ma qualcosa che va oltre, ovvero “comunitaria”".
Immagine: Sarajevo da Round the World in 30 Days