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La tesi del giorno

Finanziamento pubblico ai partiti

Finanziamento pubblico ai partitiA poco più di un mese dalle elezioni e in piena crisi economica i famigerati rimborsi elettorali sono una nota dolente. L'introduzione di un finanziamento pubblico all'attività politica è basato sull'assunto che una pari disponibilità economica sia condizione necessaria per l’esercizio dei diritti di libertà e di democraticità e che serva per evitare eccessive collusioni con patrimoni privati.
"Una favola" secondo il dott. Alfonso De Vivo - che approfondisce nella sua tesi proprio le tipologie di finanziamento alla politica - se si pensa ai numerosi scandali che hanno coinvolto negli anni per primo il sistema italiano.

Riassumiamo qui l'ampia rievocazione storica del dott. De Vivo del caso italiano.
Sull'onda di Tangentopoli la legge sul finanziamento pubblico ai partiti divenne per l’opinione pubblica il simbolo vivente della degenerazione partitica, tanto che nel Referendum del 18 aprile 1993 il 90,1% degli elettori si pronunciò a favore della sua abrogazione.
Il referendum non toccò però le disposizioni della legislazione riguardanti il "contributo statale per le spese elettorali", che fu modificato dalla successiva l. 515/1993, che impose un "limite massimo di spesa" ed un "obbligo di rendicontazione", ma aumentò del sestuplo l'ammontare del rimborso rispetto alla legge Piccoli del 1974.

Il legislatore intervenne successivamente con la l. 156/2002 che modificò la disciplina in senso chiaramente favorevole ai partiti: oltre ad abbassare la soglia dei voti per accedere ai rimborsi dal 4% all’1%, ha rideterminato il meccanismo di formazione dei fondi “convertendo” le 4000 lire in 1 euro, ma stabilendo che l’importo dei fondi fosse riferito non all’intera legislatura ma a “ciascun anno” della stessa, trasformando praticamente l’importo unitario in 5 euro.
La successiva l. 51/2006 introdusse la regola secondo la quale la contribuzione sui cinque anni valeva anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere.

L'attuale l. 96/2012, dietro pressione anche del GRECO, ha l'ambizione di formare una testo unico in materia, anche se "nasce "come “riforma incompleta” ma soprattutto “non organica”".
Tra le altre cose introduce un maggior controllo sui rimborsi, riduce l'ammontare del finanziamento pubblico suddividendolo in 4 fondi con diverse regole di accesso e introduce il cofinanziamento, che stabilisce che il contributo pubblico è determinato sulla base della capacità per i partiti di “incassare” da fonti extrastatuali.

Il dott. De Vivo propone inoltre un interessante confronto su cosa succede negli altri stati europei, in particolare Germania, Francia e Regno Unito.
Anche qui riassumiamo in breve l'ampia esposizione contenuta nella tesi.

Caso tedesco
Ha vissuto un singolare “scontro” tra legislatore e Bundesverfassungsgericht, il Tribunale costituzionale federale, contrario perché in realtà il “rimborso elettorale” sancito era divenuto una “maschera” del finanziamento.
La legge del 22 dicembre 2004, prevede che alle formazioni politiche sia corrisposto un contributo proporzionale ai voti ricevuti e un contributo calcolato sulla quota dei contributi versati dai privato. Per accedere è necessario che il partito consegua una percentuale di voti di lista validi pari allo 0,5 % del totale dei voti validi. La legge impone inoltre dei limiti assoluti e un limite relativo rispetto a ciò che il singolo partito può ricevere.
Il contributo statale non potrà eccedere l’importo delle entrate proprie conseguite in un anno dal partito e le donazioni sono stimolate con la previsione di agevolazioni fiscali.
"Annualmente la presidenza di ogni partito deve rendere conto pubblicamente della provenienza dei mezzi finanziari affluiti nel corso dell’anno, dell’uso degli stessi e della consistenza patrimoniale del partito. Il rendiconto non contiene solo il conteggio delle entrate e delle uscite, e il conto patrimoniale, ma contiene anche una parte illustrativa".

Caso francese
La Francia è stata una degli ultimi Paesi a introdurre il finanziamento pubblico ai partiti nel 1988.
In linea generale esiste un contributo annuale e un rimborso delle spese elettorali, mentre i finanziamenti privati sono soggetti a forti restrizioni, anche se le donazioni sono fiscalmente agevolate.
L’entità del contributo annuale è stabilita annualmente nella legge finanziaria ed è ripartita in due parti uguali: una parte destinata ai partiti in relazione ai voti ottenuti nelle ultime elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale, l'altra destinata ai partiti in ragione della loro rappresentanza parlamentare.
Il rimborso delle spese elettorali è disciplinato dal Codice elettorale francese ed è un contributo statale a parziale rimborso delle spese elettorali sostenute dai candidati alle elezioni, suddiviso in un “rimborso effettivo” con uno stretto controllo e in un “rimborso forfettario” limitato da un limite di spesa per ciascun candidato.

Caso inglese
Differente dai precedenti, è qui evidente il ruolo marginale che riveste il finanziamento pubblico ai partiti politici a causa del consolidato bipartitismo e della particolare struttura dei due partiti che si reggono sul contributo privato, rigorosamente disciplinato.
I conferimenti in denaro sono riservati ai partiti di opposizione dal 1975 che hanno conquistato un limite minimo di seggi. Vi sono anche forme di incentivo finanziario destinate a tutti i partiti, anche se di modesta entità, o sono sotto forma di agevolazione (sui servizi postali, sugli spazi pubblicitari, spazi in edifici pubblici…).

Fonte immagine: /lorenzovignali.com

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