La tesi del giorno
Serial killer in corsia
56 anni, vedova e medico brasiliana: identikit di Virginia Soares de Souza, soprannominata "dottoressa morte", indicata come una delle più grandi serial killer per numero di vittime in quanto accusata di 7 omicidi e sospettata di essere la responsabile della morte di 300 suoi pazienti.
L'agghiacciante caso ha origine presso il reparto di terapia intensiva dell'Ospedale Evangelico di Curitiba dove la dottoressa, in collaborazione con altri sei medici e un infermiere, svolgeva la propria attività con un unico raccapricciante scopo: "ripulire" il reparto liberando sempre più letti.
Purtroppo gli omicidi dell'"angelo della morte", definizione che i criminologi attribuiscono ai serial killer che agiscono in ambiente medico, non sono un episodio isolato: il famoso "dottor morte" britannico
Harold Shipman e "l'infermiera killer" italiana
Sonya Caleffi rappresentano i precedenti più recenti di assassinii premeditati in corsia.
Alla scoperta di questi efferati delitti, è inevitabile chiedersi quale sia il confine tra normalità e follia degli assassini seriali e i moventi che possono spingere tali mostri a macchiarsi di tanti osceni crimini.
La dott.ssa
Silvana Grandizio, nella sua tesi di master "
I serial Killer e ''il fascino della distruttività''. L'estremo di un infanzia negata?" indaga le strutture motivazionali che guidano i comportamenti omicidiari dei serial killer, evidenziando la teoria che asserisce gli autori dalla condotta criminosa non folli, bensì semplicemente malvagi.
"
Naturalmente non si può certo elaborare la facile equazione che basti un’infanzia perturbata, infelice o anche traumatizzata (caratterizzata da abusi di ogni sorta) per generare un assassino seriale. Il fatto che molti serial killer provengano da famiglie multiproblematiche indica semplicemente che questo fattore è una componente non certo secondaria nell’evoluzione di una personalità violenta fino a conseguenze estreme, ma non è certo sufficiente. Se gli autori che si sono occupati dell’omicidio seriale, scrive Ruben De Luca «concordano tutti su un punto, cioè l’importanza della presenza di esperienze traumatiche nell’infanzia e nell’adolescenza degli assassini seriali. Bisogna però notare che molti bambini traumatizzati pesantemente durante l’infanzia e molti adolescenti cresciuti in condizioni disperate, di emarginazione e di abbandono, non diventano assassini seriali, preferendo invece mettere in atto altre modalità comportamentali, devianti o meno» ".
L'autrice dimostra, quindi, che un'infanzia infelice può essere un fattore determinante delle crudeltà commesse, ma non la causa principale: ciò che si verifica nella mente degli assassini viene definito con un "salto verso l'azione omicida". Esaminando il caso di
Giancarlo Giudice, serial killer di diverse prostitute, Silvana interpreta nel seguente modo il comportamento omicida: "
Quel che è scattato in lui lo possiamo solo ipotizzare: Giancarlo Giudice a un certo momento della sua vita ha scoperto il piacere di uccidere, si è fatto strada in lui ciò che chiamiamo il sadismo. Una parola, appunto, che indica il suo compiacimento di terrorizzare le vittime, di veder scorrere il loro sangue, di osservare con soddisfazione il volto farsi violaceo sotto la stretta delle sue mani, di scrutare gli spasmi dell’agonia. L’usare le donne, come e quando gli piaceva, fino alla massima degradazione gli dava un sentimento di potenza compensatoria; la loro uccisione rinforzava in modo perverso le sue aspirazioni di onnipotenza» (ivi, p. 53), trionfando sulla sua sofferenza, neutralizzando l’angoscia, avvertendo infine il piacere perverso di sentirsi potente. "
Attribuire tali comportamenti omicidi alla follia ha indubbiamente una funzione rassicurante, in quanto ci consente di pensare che la follia giustifichi la disumanità degli atti con la presunta disumanità o alienazione di chi li compie. L'elaborato di Silvana affronta una tematica complessa e decisamente opinabile, la cui antitesi è rappresentata dalla posizione di alcuni illustri psichiatri italiani che hanno collaborato con la magistratura per la stesura di perizie riguardanti la capacità di intendere e di volere di alcuni assassini seriali utilizzando la psicoanalisi per l’identificazione di alcuni meccanismi della criminogenesi.
Fonte dell'immagine: http://now.msn.com/virginia-soares-de-souza-suspected-of-killing-300-patients
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I serial Killer e ''il fascino della distruttività''. L'estremo di un infanzia negata?

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