La tesi del giorno
La presidenza Napolitano
La figura del Presidente della Repubblica e la sfera di poteri ad egli riconducibili sono sempre stati, sin dall’Assemblea Costituente del 1947, oggetto di numerosi dibattiti, talvolta assai aspri, soprattutto sulla qualità e sulla liceità delle funzioni presidenziali e dei suoi interventi in ambito politico.
Come ci spiega bene
Riccardo Scandroglio nella sua tesi
Il primo anno della presidenza Napolitano: dottrina, prassi e tendenze, "fin dai suoi primissimi esordi, l’azione del Quirinale ha fornito prova di grande flessibilità. Si è adattata alle diverse stagioni attraversate dal nostro sistema politico, facendo leva su una mutevole interpretazione dei poteri da parte dei Presidenti in carica. In tal modo, senza modifiche sostanziali al nucleo normativo da cui trae origine, il Presidente della Repubblica ha talvolta influito profondamente sui processi politici del nostro parlamentarismo, allargando in massimo grado la propria sfera potestativa; in altre occasioni, si è invece mantenuto ai margini delle arene decisionali, limitandosi ad una partecipazione di tipo notarile".
Proprio per esaltarne l’estensione variabile, i poteri del Capo dello Stato sono stati spesso accostati in dottrina al movimento di una fisarmonica. I critici sostengono che la “
fisarmonica presidenziale” costituisca "un pericolo, in forza del quale, una figura sottratta al controllo democratico e politicamente irresponsabile può assumere in sé, con scarsi limiti formali, i fondamentali poteri di nomina del premier e di dissoluzione del Parlamento, nonché uno sconfinato potere di esternazione. Coloro, invece, che difendono tale argomentazione ne enfatizzano il ruolo e le funzioni equilibratrici, vocate allo sblocco degli stati di crisi del sistema parlamentare".
Il Capo dello Stato è da intendersi come "un’entità repubblicana al di sopra delle parti, garante della costituzionalità dell’ordinamento e al quale vengono conferiti efficienti poteri per assolvere questa delicata funzione".
L’ancora lontana conclusione della lunga fase di transizione in cui ci troviamo, che dovrebbe condurre ad un assetto istituzionale proprio di una democrazia maggioritaria, ha fatto sì che, alla rinnovata funzione di garanzia ereditata dal suo predecessore, non sia seguita, per il Presidente Napolitano, "l’auspicabile razionalizzazione dei propri poteri nel senso di una riduzione-espansione, rispettivamente, dei poteri di intervento attivo, da un lato, e di garanzia, dall’altro.
E ciò è accaduto nella misura in cui il sistema politico non si è dimostrato capace di esprimere una maggioranza forte e coesa, in grado, esclusivamente con le proprie risorse, di governare stabilmente il Paese. Tale aspetto, indubbiamente, potrebbe aggravare il compito del Capo dello Stato, quasi
costretto ad una condizione di
elevata esposizione nei rapporti con le forze politiche ed istituzionali.
Del resto, come asserisce larga parte della dottrina, le molte attribuzioni che la
Costituzione riserva al Presidente della Repubblica, in ragione della loro ampiezza, non si
prestano ad essere esercitate in lassi di tempo ristretti e, anzi, è ritenuto che esista una sorta di
scelta, in capo a ciascun Presidente, su quali competenze privilegiare e quali mantenere allo
stato di “quiescenza”.
Quello che preoccupa non è tanto la capacità del Capo dello Stato di prendere decisioni giuste e ponderate, quanto il possibile "
indebolimento delle sue azioni, e la perdita di efficacia della sua attività, in ragione di una costante e snervante opera di esercizio dei suoi poteri nel tentativo di evitare una crisi della politica, tanto più in un momento delicato come questo. Il
frequente ripetersi, infatti, di appelli, indirizzi e moniti espressi dal Presidente Napolitano,
potrebbe non sortire più l’effetto di promuovere il necessario consenso intorno alla sua
figura".
(fonte immagine: formiche.net)
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Il primo anno della presidenza Napolitano: dottrina, prassi e tendenze

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