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La tesi del giorno

La ministro Kyenge e il razzismo in Italia

La ministro Kyenge e il razzismo in ItaliaCécile Kyenge è il primo ministro nero della Repubblica italiana, nominata il 28 aprile 2013, a capo del Ministero per l'Integrazione del governo Letta. Da quella data, la ministro è diventata oggetto di numerosi attacchi razzisti. Dalle critiche dell'eurodeputato Mario Borghezio, il quale, subito dopo la nomina, durante una trasmissione radiofonica dichiarò: «mi sembra una scelta del cazzo, un elogio dell’incompetenza», passando per le parole - ignobili - scritte via Facebook dalla consigliera leghista del comune di Padova (poi espulsa), Dolores Valando, «ma mai nessuno che la stupri»; a quelle di Calderoli, vice presidente del Senato, che alla festa della Lega Nord a Treviglio paragonò la ministro ad un orango. Fino ad arrivare, venerdì 26 luglio, al lancio di banane contro Cécile Kyenge durante una festa del Partito Democratico.



In effetti, l'unica "colpa" della ministro Kyenge, nata nel 1964 nella Repubblica democratica del Congo e in Italia dal 1983, dove ha studiato e dove, da anni - oltre alla professione di medico oculista - si occupa di integrazione, è quella di essere nera. Sicuramente un'eccezione negativa rispetto al resto d'Europa, dove già da tempo la presenza di politici che ricoprono importanti cariche governative le cui origini non sono continentali è un dato di fatto, tanto da non essere più argomento di discussione. Emerge, invece, in Italia la presenza di un sentire ancora fortemente razzista, anche se - come scrive Silvia Fabbri nella sua tesi "Parole e immagini del razzismo in Italia oggi" - il nostro è stato per anni considerato erroneamente "un paese immune dal germe razzista".

A differenza di molti altri paesi del Vecchio Continente, l'Italia ha visto solo negli ultimi decenni l'arrivo di flussi migratori importanti. Il nostro paese, infatti, "a differenza di quelli “multirazziali” (Sudafrica, Olanda, Francia ecc), ha avuto un'esperienza coloniale breve e fallimentare (ma comunque brutale)". Inoltre, per anni, abbiamo vissuto nel mito degli “italiani brava gente”, un tipo di mitologia che "descrive un processo di formazione dello Stato nazionale italiano “eccezionale” rispetto a quello dei paesi occidentali: privo di quella peculiare modalità di nazionalizzazione della cittadinanza consistente nella sua etnicizzazione (razzizzazione)" e che "usa il radicamento della tradizione cristiana come scudo contro l'imputazione razzista, rimuove il razzismo antimeridionale, quello antislavo, quello praticato contro i deviati e i malati mentali e cancella il feroce razzismo fascista". Ne deriva che "il razzismo degli italiani nei confronti dei «negri» (segnatamente il sistema di apartheid costruito nelle colonie africane) si è espresso perlopiù lontano dallo sguardo pubblico".

In questa ottica, inoltre, si va ad insinuare lo spettro della crisi che "alimenta il razzismo, perché esso è l'unica risposta concreta alla destabilizzazione che la modernità porta con sé, essendo costruito su un terreno immune da frane, capace cioè di dare una certezza fondata su basi solide. Dunque, il razzismo è la “patologia moderna” che sorge come reazione al mutamento". Eppure, i flussi migratori sono un dato di fatto e un processo inevitabile nella moderne società occidentali, con la conseguente nascita di società multietniche, dove le origini si mescolano e le differenze diventano forme di arricchimento. Per fortuna la maggior parte delle reazioni alle aggressioni alla ministro Kyenge sono state di solidarietà, anche se la strada per una reale integrazione appare ancora molto lunga.

Immagine di apertura presa qui.

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