La tesi del giorno
Democrazia estetica: miss al bando?
Dopo lo sfratto dai palinsesti Rai di Miss Italia, anche in Islanda il concorso di bellezza nazionale è stato boicottato.
A far esplodere la protesta di femministe, parlamentari e donne comuni contro il concorso è stato l'intervento del suo organizzatore, Raf Rafnsson, che ha dichiarato di voler aprire la gara a tutti, in un timido tentativo di estendere una improbabile
democrazia estetica, cercando di demolire il classico stereotipo dell'aspirante miss islandese - donna alta 1.73, bionda e con gli occhi azzurri.
Ed è così che la competizione ha raccolto una pioggia di iscrizioni (ben 1.300), tra cui spiccano bellezze fuori dal comune come una pensionata ottantenne, una donna pastore della Chiesa locale e perché no, due o tre uomini.
Probabilmente sarebbe stato difficile prevedere un tale flop dell'iniziativa, ma quel che è certo è che l'opinione pubblica è sempre più contrariata nel relegare il ruolo della donna a semplice bella statuina in tv.
Un'attenta e interessante riflessione in merito all'interazione tra i nuovi media e l'identità femminile emerge dalla tesi di
Alessia Raia "
Donne nuove: cultura di massa e identità femminile" che esamina le differenze di genere nell'attuale comunicazione di massa e la predominanza della bellezza femminile nella nostra società a discapito di altre qualità come ad esempio il merito e l'intelligenza.
A questo proposito, l'autrice si concentra sul culto dell'apparenza e il diffuso senso di inadeguatezza delle donne, giovani o meno, rispetto a certi modelli dettati dalla cultura in cui viviamo e la manipolazione dell'immagine femminile.
Alessia cita l'autrice del libro "
Il mito della bellezza" Naomi Wolf, secondo la quale: "
Una fissazione culturale sulla magrezza femminile non è un'ossessione sulla bellezza, bensì un'ossessione sull'obbedienza femminile. Le diete sono il sedativo più potente di tutta la storia delle donne: una popolazione fatta di pazzi tranquilli è molto manipolabile".
Segue l'indagine sul ruolo della donna in tv, grazie alla quale l'autrice lancia una feroce analisi critica sulla presenza femminile in televisione: "
Dopo anni di lotte e recriminazioni per eliminare dalla tv la valletta muta al fianco dei conduttori, ecco che sta tornando in auge la bella ma silenziosa dama di compagnia. Non riusciamo a scorgere in tv una natura peculiare dell'essere femminile, un'identità nuova, speculare, femminile se non una in contrapposizione con quella maschile a parte pochissimi casi su reti minori o in fasce di bassa audience. La presenza della donna in tv è una presenza di quantità, raramente di qualità, dove lo spazio offerto alla figura femminile è di solito ampio, ma generalmente "gestito" da una figura maschile: di conseguenza le donne, pur essendo spesso protagoniste della situazione o della vicenda rappresentata, lo sono nel ruolo di "oggetto" del racconto; nei programmi di intrattenimento il conduttore è spesso un uomo (58%) mentre della donna, mostrata in abiti succinti, si sottolineano le "doti" della giovinezza, bellezza, malizia e spregiudicatezza e solo nel 15,7% dei casi le doti artistiche, culturali o le qualità umane.
Dunque un'immagine della donna che dovrebbe essere ormai ampiamente superata, in cui lo stereotipo femminile è ben lungi dall'esprimere l'effettivo ruolo ricoperto dalle donne nella realtà della vita quotidiana. Il messaggio veicolato è chiaro: "
Solo chi è bello ha diritto di esistere: è questo il desolante messaggio trasmesso troppo spesso dalla televisione; è evidente l'effetto di questi messaggi, ripetuti all'infinito, sui bambini e sugli adolescenti: i bambini di oggi e i ragazzi di domani non potranno che considerare la donna essenzialmente come un "corpo", mentre le bambine e le ragazze saranno perennemente alla ricerca ansiosa ed ossessiva di un bel corpo da usare come arma di seduzione e come biglietto di ingresso nel mondo dello spettacolo."
Ma il
gender divide non colpisce solo la televisione, attualmente il divario tra uomini e donne trova la propria massima espressione nella tecnologia ITC: "
Un'analisi Unesco ha ad esempio messo a confronto l'uso di Internet e di altre tecnologie di comunicazione in alcune nazioni e ha scoperto che esiste una forte differenza tra uomini e donne in Paesi 'prevedibili' (Etiopia, Uganda, Guinea, Gibuti...) ma anche in nazioni "impreviste" come la Grecia e il Portogallo. L'evoluzione sembra la stessa un po' per tutti i Paesi: quando una nuova tecnologia viene introdotta il gap di adozione tra i due sessi è elevato, poi man mano si riduce a pochi punti percentuali - ma non si colma mai - per riaprirsi eventualmente quando la tecnologia ha un ulteriore ciclo evolutivo.
Diverse valutazioni del genere, fatte nazione per nazione, secondo la gran parte degli osservatori sfatano il mito semplicistico cui si faceva cenno all'inizio: che il gender divide sia strettamente legato al digital divide e si risolva quando quest'ultimo viene colmato. Al contrario, diversi Paesi già evoluti tecnologicamente mostrano differenze marcate tra l'uso delle tecnologie ICT tra uomini e donne, mentre nazioni meno avanzate magari non hanno affatto un gender divide."
E conclude: "
In una società tecnocentrica, dove il digital divide si combatte quasi esclusivamente "offrendo" più computer ed accessi ad Internet più veloci, l'uguaglianza nell'accesso alle nuove tecnologie non implica necessariamente uguaglianza nelle opportunità. In questa ottica le nuove tecnologie si concentrano unicamente sulla "performance" e le diverse soggettività, degli individui/e e delle culture non hanno lo spazio necessario per dotare di senso le loro informazioni / comunicazioni / produzioni. La parità sostanziale non si raggiunge semplicemente aumentando il numero di donne coinvolte nello sviluppo tecnologico: ciò non porta direttamente a proporre tecnologie diverse se le donne non riescono a vincere la tendenza ad uniformarsi alla cultura dominante del settore e a far valere ed avvalorare la propria soggettività. Rinnovare la presa di coscienza di una soggettività differente per indicare un percorso di costruzione di consapevolezza, in cui la socializzazione dei saperi riveste un'importanza fondamentale e instaurare relazioni di scambio reale all'interno di una pratica di relazione significatrice di differenza con chi sente (donna o uomo) come fondante l'identità di genere e sia aperta/o al cambiamento può rappresentare un'occasione importante di modificazione dell'agire collettivo in ogni campo. "
Nonostante la completa emancipazione femminile sia ancora un lontano miraggio, la consapevolezza delle donne in merito al proprio valore all'interno della società pare essere maturata e in forte crescita, per cui il migliore auspicio è che le donne stesse imparino a non considerassi esclusivamente come mero oggetto sessuale, bensì come corpo pensante.
Fonte dell'immagine: http://travel.fanpage.it/foto/miss-italia-nel-mondo/
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Donne nuove: cultura di massa e identità femminile

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