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La tesi del giorno

Nelson Mandela e la lotta contro l'apartheid

Nelson Mandela e la lotta contro l'apartheid«Nella mia vita mi sono battuto contro la dominazione bianca, e mi sono battuto contro la dominazione nera. Ho creduto nell'ideale di una società democratica e libera, in cui tutti vivano insieme in armonia e con uguali opportunità. È un ideale a cui spero di dedicare la vita. Ma se necessario è un ideale per cui sono pronto a morire».
Queste parole, pronunciate da Nelson Mandela al processo di Rivonia nel 1964, riassumono perfettamente l'impegno di una vita per un Sudafrica libero dall'apartheid.

La politica dell'apartheid, parola che in lingua afrikaans significa separazione, è rimasta in vigore dal 1948 al 1994.
L'apartheid ha segnato profondamente la società sudafricana che negli ultimi 20 anni ha cercato di superare i conflitti razziali e di costruire una società democratica, tollerante e multirazziale.
Fondamentale è stato il contributo di Nelson Mandela, leader e fondatore della Lega giovanile dell'A.N.C., il movimento anti-apartheid.
Come ci ricorda il dott. Malnati nella sua tesi, Mandela si distinse nella campagna di resistenza del 1952 organizzata dall'A.N.C. e nel 1955 "aderì all'assemblea popolare durante la quale fu approvata la Carta delle Libertà, un manifesto per un Sudafrica libero e interrazziale che l'A.N.C. adottò come proprio programma.
In seguito a questa coraggiosa iniziativa i membri del partito furono costretti a fuggire, ma nel 1956 ben 150 esponenti furono arrestati e incarcerati con l'accusa di tradimento.
La lotta contro il segregazionismo continuava, venendo duramente repressa dalla polizia, come nel caso del Massacro di Sharpeville, nel 1960, in cui la polizia uccise decine di dimostranti che protestavano contro la Pass Law. In conseguenza di questi scontri il governo dichiarò lo stato di emergenza. Tutte le organizzazioni per i diritti civili furono bandite. L'A.N.C. fu costretta ad operare in clandestinità e i leader del partito, ormai in esilio, fondarono l'Umkhonto we Sizwe (Lancia della Nazione), che divenne l'ala militare dell'A.N.C., nel 1961.
Venne così abbandonato l'impiego della non violenza in stile gandhiano e si passò all'uso della forza, anche se limitata ad azioni di sabotaggio e contro obiettivi strategici e fu in una di queste azioni che il leader, Nelson Mandela, fu arrestato con l'accusa di terrorismo e condannato al carcere a vita.
Mandela rimase in prigione fino al 1990 e durante l'arco della sua prigionia rifiutò l'offerta di libertà condizionata in cambio della rinuncia alla lotta armata, diventando il simbolo di tutte le campagne anti-apartheid del mondo.
Gli eventi dei primi anni Sessanta ebbero anche importanti conseguenze in campo internazionale che portarono il Sudafrica in una posizione sempre più isolata. L'arresto di Mandela attirò l'attenzione internazionale sul Sudafrica dando nuova linfa alle campagne anti-apartheid tanto che l'O.N.U. nel 1963 richiamò il governo di Pretoria invitandolo a rinunciare al processo e garantire la libertà ai prigionieri politici. Nel 1966 sempre l'O.N.U. dichiarò che l'apartheid era un crimine contro l'umanità e iniziò una campagna di sanzioni economiche verso il Sudafrica."

La trasformazione del Sudafrica in una democrazia avvenne negli anni '90, quando l'ultimo Presidente bianco, F. W. de Klerk, decise di portare avanti "i negoziati che si conclusero con la concessione del diritto di voto e di altri diritti fondamentali per tutti i cittadini, inclusa la maggioranza nera.
Questo perché il nuovo presidente comprendeva benissimo che l'apartheid non poteva più sopravvivere e che urgevano concessioni viste le crescenti pressioni internazionali e i crescenti conflitti interni che non potevano più essere affrontati con la repressione ma solo attraverso un netto cambiamento politico.
Già nel 1990 annunciò la legalizzazione dell'A.N.C., il rilascio di molti prigionieri politici, tra cui Nelson Mandela, l'icona mondiale della lotta contro l'apartheid. Decretò la fine del razzismo e venne riconosciuta l'indipendenza della Namibia.
Se la data del 2 febbraio del 1990 segna ufficialmente la fine dell'apartheid, essa non corrisponde però all'avvio formale della costituzione di un nuovo ordinamento. Tra l'annuncio della volontà di chiudere l'era dell'apartheid e l'inizio dell'opera costituente per il nuovo Sudafrica si colloca una fase importantissima, pre-costituente, durante la quale vengono poste le premesse per avviare i negoziati sui principi del nuovo assetto del Paese e sul lavoro costituente. Iniziarono così una serie di colloqui fra il National Party e l'A.N.C. che portarono, tra il 1990 e il 1992, ad una serie di provvedimenti volti a smantellare il sistema segregazionista. Ai negoziati parteciparono anche altre formazioni che tuttavia ebbero un ruolo marginale rispetto ai due partiti principali ma che, allo stesso tempo, difendendo i propri obiettivi, crearono conflitti e divergenze che rallentarono il processo negoziale.
Nel 1993 i negoziati portarono al varo di una costituzione provvisoria che sancì giuridicamente la fine dell'apartheid e l'inizio del nuovo Sudafrica. Il 27 aprile 1994 si tennero le prime elezioni multirazziali della storia del Sudafrica che, come prevedibile dato i rapporti di forza annunciati, sancirono la vittoria dell'A.N.C. e l'elezione di Mandela come primo presidente di colore del Sudafrica, assegnando a de Klerk il ruolo di vicepresidente.
Nel 1993 de Klerk e Mandela furono insigniti del Premio Nobel per la pace per i loro sforzi nello smantellamento pacifico dell'apartheid e per aver gettato le fondamenta per un nuovo Sudafrica democratico."


Fonte dell'immagine: www.ilpost.it

Visita la tesi:

Processi di inclusione/esclusione nel Sudafrica contemporaneo. Dall’apartheid alla Rainbow Nation.