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La tesi del giorno

Legittima difesa: quando sussiste?

Legittima difesa: quando sussiste?Alla luce degli ultimi fatti di cronaca che vedono alcuni commercianti e privati cittadini in qualità di vittime di furti d'appartamento e rapine a mano armata in esercizi commerciali, segue l'introduzione nell'ordinamento penale italiano della Legge 13 febbraio n. 59 del 2006, che estende la portata applicativa della legittima difesa.

"In Italia la legittima difesa rientra tra le cause di non punibilità, ossia quelle speciali situazioni nelle quali una condotta, che è vietata e punita dalla legge penale, non costituisce reato per l'esistenza di una norma che la autorizza o, in alcuni casi, la impone; esse sono espressamente previste dalla legge e sono le seguenti: la legittima difesa (art.52 c.p.); lo stato di necessità (art. 54 c.p.); l'esercizio del diritto (art. 51 c.p.); il consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.); l'adempimento di un dovere (art. 51 c.p.).

L'art. 52 c.p definisce la legittima difesa come una reazione ad un'aggressione ammessa dall'ordinamento purché presenti alcuni requisiti: 1. oggetto dell'aggressione deve essere un diritto; 2. la violazione o minaccia allo stesso deve essere ingiusta, ossia contraria all'ordinamento; 3. nel momento in cui si pone in essere la reazione, è indispensabile che ci si trovi in una situazione di pericolo; 4. la reazione deve essere necessaria, cioè non è possibile fare altrimenti, e deve essere proporzionata all'offesa, cioè il diritto leso con la reazione non deve essere più importante del diritto leso e/o minacciato con l'offesa principale. In ogni caso, la reazione è ammessa non solo per salvare un diritto proprio, ma anche a favore di terzi.
" (fonte: www.studio-avvocato-penale.it)

Ma cosa si intende in questo caso per rapporto di proporzione? Il Dott. Manuel Mattia, autore tesi di laurea "La "nuova" legittima difesa: la modifica legislativa e le prime applicazioni giurisprudenziali", ci fornisce la risposta.
Egli infatti scrive che: "La reazione difensiva, oltre ad essere necessaria, dev'essere proporzionata all'offesa subita. E' questo il secondo requisito essenziale su cui ruota la condotta dell'aggredito.

Infatti la dottrina prevalente ritiene che il rapporto di proporzione debba instaurarsi non tra mezzi ma tra "beni in conflitto", quello dell'aggredito e quello dell'aggressore, sulla scorta del principio del bilanciamento degli interessi in gioco: per cui s'imporrebbe un limite ben preciso al difensore, consistente nell'impossibilità di arrecare mediante la reazione difensiva una qualunque forma di lesione al bene dell'aggredito, pur se funzionale alla tutela del proprio diritto o interesse. Ciò, tra l'altro, non comporterebbe un divieto assoluto di ledere un bene di valore superiore a quello che si difende, che altrimenti l'aggredito, laddove non fosse in grado di respingere l'offesa in maniera proporzionale, dovrebbe accettare l'aggressione e subirla; per quest'ultimo opererebbe soltanto un divieto (il quale, se violato, non si potrebbe invocare con successo la scriminante), di provocare, in capo all'aggressore, un danno che appaia notevolmente superiore rispetto a quello minacciato dall'offesa. Così, ad es., legittima potrebbe essere l'uccisione, ad opera di una ragazza, dell'aggressore intento a violentarla, ovvero quella posta in essere dal sequestrato nei confronti dei propri carcerieri.
"

"Secondo la dottrina, posta la posizione privilegiata dell'aggredito, la quale sarà ritenuta maggiormente meritevole di tutela rispetto quella dell'aggressore, per la suddetta valutazione dovrebbero essere utilizzati alcuni criteri offerti dall'ordinamento, che consentono di determinare la rilevanza giuridica o il "valore" del bene minacciato rispetto quello leso (ad es., la rilevanza costituzionale del bene, valutazione sulla base della pena comminata a ciascun reato, valutazione extrapenale ecc.). Tuttavia tale giudizio, se è agevole da compiersi tra beni omogenei, laddove il raffronto si fonderà sul "grado" di lesività dell'azione aggressiva e di quella difensiva, viene a complicarsi quando in conflitto si pongono beni "eterogenei": in questi casi, salvo ove la differenza di valori non risulti evidente (es.: il bene vita del ladro è sicuramente più importante dell'orologio sottratto da costui all'aggredito, per cui quest'ultimo non potrebbe mai reagire, pena il difetto di proporzione, sparando un colpo di pistola alle spalle dell'aggressore), sarà opportuna un'applicazione meno rigida e meccanica dei suddetti criteri - poiché lo stabilire quando un danno è proporzionato o meno non è un'operazione aritmetica - oltre alla possibilità di tener conto di indici o fattori etico-sociali e della concreta situazione in cui è sorto il conflitto tra beni (così ad es. proporzionale sarà la reazione difensiva del proprietario di un bene dal valore inestimabile, che procuri una ferita di lieve entità all'aggressore, ovvero quella di chi difende da una rapina i beni necessari per il sostentamento della famiglia)."

Per comprendere in concreto l'applicazione dell'interpretazione data al nuovo istituto della legittima difesa, l'autore riporta l'esempio del caso Petrali, in cui l'imputato è stato assolto dalla condanna di omicidio colposo e lesioni colpose in quanto costui avrebbe agito in stato di legittima difesa putativa "incolpevole".

Tuttavia tale novella, essendo frutto di una legislazione emergenziale, rischia al contrario di incrementare fatti penalmente rilevanti. Come afferma l'Avvocato del Foro di Potenza, Maria Sabina Lembo, "Da una parte legalizzare la legittima difesa domiciliare e quindi l'autodifesa armata, se pure con arma detenuta regolarmente, in mancanza di desistenza dell'aggressore e in presenza del pericolo di aggressione, trasmette ai cittadini l'erroneo convincimento di potersi impunemente farsi giustizia da sé, dall'altra parte essa determina un aumento dell'aggressività nei criminali che, consapevoli di confrontarsi con vittime armate e combattive, saranno presumibilmente indotti a colpire per primi."

Fonte dell'immagine: www.modenaaffari.it

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