La tesi del giorno
Genocidio in Ruanda: il difficile cammino verso la giustizia
Alle cerimonie di commemorazione del genocidio compiuto venti anni fa in Ruanda, il presidente Paul Kigame ha acceso una torcia che continuerà a bruciare per cento giorni, esattamente il tempo che durarono i massacri iniziati dopo che nella notte tra il 6 ed il 7 aprile 1994, il Falcon 50 dell'allora presidente, Juvenal Habyarimana, venne abbattuto mentre si trovava in fase di atterraggio su Kigali.
Il genocidio della minoranza
Tutsi e degli
Hutu moderati, messo in atto dagli estremisti dell'Hutu Power, è stato uno degli eventi più tragici della storia dell'ultimo decennio del XX secolo, in cui nell'arco di soli cento giorni morirono circa un milione di persone.
Una pagina tristissima della storia contemporanea che ha lasciato segni indelebili nella popolazione ruandese, a partire dai 40.000 i bambini rimasti orfani e le circa 500.000 donne vedove.
Il clima teso delle celebrazioni è accentuato dalla decisione del presidente Kagame di impedire all'ambasciatore francese in Ruanda di partecipare alle cerimonie di commemorazione in quanto la Francia e il vicino Belgio sono stati accusati di aver avuto un ruolo chiave nella preparazione politica del genocidio e nella partecipazione alla sua esecuzione.
La gravissima accusa, riportata nell'intervista rilasciata da Kagame a
Jeune Afrique, ha ragioni profonde: sembra infatti che ci furono anche dei francesi tra gli addestratori degli squadroni della morte e che il Paese transalpino abbia fornito ingenti forniture di armi al governo razzista dell'Hutu power.
Il massacro del 1994, condotto dall'esercito, da squadre irregolari e dalla popolazione civile, terminò ufficialmente il 4 luglio, con la tardiva
operazione Turquoise, una missione condotta dai francesi sotto mandato dell'Onu. Successivamente, l'8 novembre 1994 è stato istituito dall'Onu il
Tribunale internazionale per il Ruanda che ha sinora colpito alcuni responsabili.
Tra questi sono finiti sotto processo tre responsabili di giornali, radio, Tv, ormai noti come i
Media dell'odio, ossia i promotori della campagna d'odio sostenuta dalla
Radio television libre de milles collines che in quella terribile notte trasmise ossessivamente a distanza di pochi minuti la canzone
Iye tubatsembatsembe che significa "sterminiamoli, sterminiamoli".
Un messaggio raccapricciante che definisce la necessità non solo di trovare e punire i colpevoli dell'eccidio, ma anche di individuare nuove forme di responsabilità penale internazionale nei confronti di tutti coloro considerati colpevoli di aver svolto assistenza agli autori materiali degli atti criminosi.
A questo proposito attraverso la tesi di laurea del Dott.
Lucio Todisco è possibile approfondire le origini di una forma di responsabilità penale internazionale dell'individuo affermatasi nella prassi giurisprudenziale dei Tribunali penali internazionali per l'ex Jugoslavia e per il Ruanda, ovvero la
Joint Criminal Enterprise (JCE).
Secondo il modello di colpevolezza della JCE, nell'ipotesi in cui più soggetti agiscano intenzionalmente nell'esecuzione di un piano criminale comune, ciascuno di loro commette il crimine e risponde del crimine stesso come correo, cui viene attribuita una responsabilità primaria, anche se la condotta da essi realizzata non è quella di commissione materiale del reato. Pertanto il requisito necessario affinché un soggetto possa essere ritenuto responsabile secondo il modello della Joint Criminal Enterprise è che l'imputato abbia condiviso il piano criminoso con l'esecutore materiale del crimine.
A conferma di ciò, l'autore riporta il caso di
Jan Paul Akayesu, condannato dal TPR come aider e abetter per il crimine di genocidio perpetrato nei confronti del gruppo etnico dei Tutsi.
Infatti "…
Secondo i giudici, l'accusato è perseguibile non soltanto per command responsibility, in quanto non ha agito per impedire o per punire gli atti criminosi commessi dai suoi subordinati, ma anche per Joint Criminal Enterprise, poiché a conoscenza delle atrocità commesse contro i Tutsi e della loro diffusione e sistematicità sul territorio ruandese."
In nome della giustizia per tutte le vittime e per non smettere di ricordare, in rete sono state pubblicate molte immagini strazianti del genocidio ruandese, affinché quell'orrore non venga cancellato dall'oblio e si possa pronunciare la parola fine a simili atrocità.
Fonte dell'immagine: es.wikipedia.org/wiki/Historia_de_Ruanda
Visita la tesi:
Nuove forme di responsabilità penale internazionale dell'individuo: La Joint Criminal Enterprise

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