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La tesi del giorno

Gabriel Garcia Marquez: raccontare una vita

Gabriel Garcia Marquez: raccontare una vitaLa vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla…

Nell'incipit della sua autobiografia "Vivere per raccontarla" (Vivir para contarla), pubblicata nel 2002, si intuisce la grandiosità di uno scrittore che si è modellato scrivendo, scrive modellandosi e alla fine finisce per riflettersi all'interno delle sue opere.

Nella sua tesi la dott.ssa Giada Stefani parte dall'autobiografia di Gabriel Garcia Marquez per analizzare il suo romanzo più famoso Cent'anni di solitudine, dove la narrazione e vita vissuta si mescolano.
Lo scrittore a volte vive dentro e altre fuori; vivono lì con lui le sue paure, le sue angosce, i suoi traumi di una vita vissuta. Marquez è lì quando racconta quello che ha visto, quello che ha vissuto e quello che si ricorda. Si cerca nel passato, si ritrae e si ridipinge in esso. Torna ad essere il bambino che parla con il nonno Nicolas, quel nonno che sarà involontariamente la fonte della sua scoperta di essere scrittore, il bambino che cresce lontano dai genitori con la sorellina, in una enorme casa, dove prendono vita tutti i suoi sogni ed i suoi incubi, dove trascorrerà tutta la storia di "Cent'anni di solitudine".

"Cent'anni di solitudine" (Cien años de soledad) pubblicato nel 1967 è considerato una delle opere più significative della letteratura del Novecento. Nel romanzo, che narra le vicende della famiglia Buendìa, elementi realistici e fiabeschi si mescolano con i ricordi d'infanzia di Marquez.
Ad esempio, la dott.ssa Stefani ci fa notare che la città di Macondo, fondata dal capostipite della famiglia Buondìa, è un insieme di due paesi ben conosciuti dallo scrittore, Aracataca, il paese dove Marquez nasce e passa la sua prima infanzia e Macondo. Macondo si trova a dieci minuti di treno da Aracataca; lui racconta infatti che il nome di questo paese, non lontano dal suo e del quale aveva visto spesso la scritta del nome durante i viaggi in treno fatti col nonno, aveva sempre attirato la sua attenzione. Da adulto dice di essere stato attratto da questo nome per la sua risonanza poetica.
Importantissimo all'interno dei suoi romanzi è il tema del ricordo: il primo elemento che spinge Marquez a scrivere il testo è il ricordo di qualcosa. Il ricordo fa nascere in lui un elemento che darà vita e a uno stimolo a una pulsione che gli provocherà il desiderio di scrivere. Marquez cerca di tornare ai suoi ricordi più antichi per poter così aver un maggior senso di appagamento e di piacere. Riparte infatti dalla sua casa natale, dalla prima infanzia, da tutto quello che può ricordarsi.

"Cent'anni di solitudine" è indubbiamente l'opera più famosa di Marquez e, nonostante le numerose proposte avanzate allo scrittore per un adattamento cinematografico, egli ha sempre rifiutato.
Il rifiuto di Marquez non era dettato però da una diffidenza verso il mezzo cinematografico in quanto molte altre sue opere sono diventate film.
Il rapporto tra Gabriel Garcia Marquez e il cinema è il tema della tesi della dott.ssa Rossana Grieco.
Come evidenzia la dott.ssa Grieco guardando oggi all'intero percorso artistico "garciamarquino" appare evidente che la sua relazione con l'arte cinematografica è stata sempre intensa e costante ma soprattutto varia, se si pensa ai diversi modi in cui si è concretizzata. Le attività da lui svolte in relazione al mondo del cinema – e dell'audiovisivo in generale – vanno dalla critica recensionistica degli esordi al confronto con la scrittura cinematografica: soggetti e sceneggiature per mediometraggi, film e serie televisive; la maggioranza portati sullo schermo, altri rimasti irrealizzati. Nell'ambito dell'adattamento il processo più frequente – la cessione dei diritti di un'opera per ermettere la realizzazione di un film ad essa ispirato – non è che l'ultimo approdo per una personalità versatile già coinvolta in prima persona nell'adattamento di opere altrui e proprie.

Marquez inizia la sua carriera come giornalista nel 1948 e nel '54 di occupa della colonna "El cine en Bogotà" per "El Espectador" dove si occupa delle recensioni dei film, interessandosi in particolare agli aspetti legati alla poetica e alla costruzione del racconto filmico che considera un genere narrativo strettamente imparentato alla narrazione letteraria.
Nel 1955 Marquez si trova in Europa come corrispondente de "El Espectador" e, in mancanza di un corso dedicato alla sceneggiatura, si iscrive ad un corso di regia del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. I primi incarichi come sceneggiatore arrivano nel 1963, durante il soggiorno in Messico.
Data la continuità tra la sua attività di scrittore e le brevi incursioni in campo cinematografico: è impossibile riuscire a stabilire nell'opera di Gabriel García Márquez l'esistenza di una netta linea di separazione tra finzione e realtà e, al tempo stesso, all'interno della finzione, è altrettanto complicato illustrare con esattezza la rete di relazioni intertestuali che si vengono a stabilire. I processi di scrittura e riscrittura tematica coinvolgono a pieno titolo la quasi totalità della sua produzione cinematografica, la quale, alla luce di ciò, non può non essere considerata parte integrante del suo universo narrativo.
Concludendo, il meccanismo che sta alla base del lavoro di Marquez è molto semplice: avere delle storie in testa, sentire la necessità di raccontarle e raccontarle a proprio modo laddove se ne crei l'occasione, anche ripetendosi all'infinito. Queste le motivazioni che spingono ad affermare che «el cuentero nace, no se hace».

Fonte dell'immagine: IlPost

Visita la tesi:

Il sogno e il perturbante in "Cent'anni di solitudine" di Gabriel Garcia Marquez