Skip to content

La tesi del giorno

Il successo dei partiti euroscettici in Europa

Il successo dei partiti euroscettici in EuropaLa crisi economica, l'aumento del tasso di disoccupazione e le politiche di austerity hanno fortemente incrinato il rapporto tra l'Unione Europea e i suoi cittadini. Tale calo di popolarità alla vigilia delle elezioni europee si traduce automaticamente con un successo senza precedenti dei partiti euroscettici.

Ne è un esempio il Front National di Marie Le Pen che è passato dall'essere un partito di destra xenofobo decisamente di nicchia ad un partito popolare che raccoglie moltissimi voti, anche tra i cittadini più moderati.
«Il Front National affonda le proprie radici nella lunga storia dell'estrema destra francese. […] La piattaforma del partito, ispirata a una visione di tipo nazional-populista, comprende la richiesta di maggiore severità nel garantire il rispetto della legge e dell'ordine pubblico, un controllo più stretto dell'immigrazione, un minor grado di intervento statale nell'economica e la difesa dei valori tradizionali, come la patria, la famiglia e il lavoro manuale.»

Come spiega molto bene il dott. Marco Mancini nella sua tesi, il Front National non è certo l'unico partito di destra radicale ad aver conquistato il consenso di buona parte dei cittadini.
I partiti nazional-populisti rappresentano infatti «una risposta efficace alla crisi di rappresentanza e alla scarsa carica identificante che hanno caratterizzato le democrazie liberali a partire dagli anni '70» riscuotendo particolare successo «soprattutto tra le cosiddette categorie non garantite, ovvero quei segmenti della media e piccola borghesia – piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, dipendenti del settore privato – che si trovano esclusi, o meno tutelati, da meccanismi decisionali – e, di conseguenza, da reti di protezione – che coinvolgono soprattutto i soggetti pubblici, la grande industria e le organizzazioni sindacali.» Con la crisi economica, la platea degli esclusi si è certamente allargata, accogliendo una parte consistente della vecchia classe operaia, che «avverte un sentimento di crescente alienazione rispetto al sistema politico, ritenuto incapace di offrire risposte ai suoi problemi. Questa protesta non viene intercettata, d'altra parte, dai partiti della sinistra, che sembrano difendere piuttosto i privilegi degli insiders: essi appaiono come parte di quella classe politico-burocratica che si appropria di molte più risorse di quante ne produca.»
«La riscossa degli esclusi, secondo la logica tipica del discorso della destra populista, deve passare a sua volta attraverso una nuova dinamica di esclusione, volta a evitare l'espressione di pretese di riconoscimento da parte di altri soggetti. […] Essere padroni a casa propria significa non soltanto rientrare a pieno titolo, almeno simbolicamente, nella comunità politica dalla quale ci si sentiva estromessi, ma anche ridefinire i confini di tale comunità sulla base di un criterio non più artificiale e astratto, ma concretissimo, vale a dire la sua omogeneità etnico-culturale. Entra in gioco, cioè, l'altro elemento alla base del successo del populismo di destra radicale: la sfida dell'identità.»

Nel panorama dei partiti euroscettici, il caso dello UKIP è sicuramente peculiare. Lo UK Independence Party è un partito conservatore, in origine single-issue, incentrato prevalentemente sulle questioni dell'identità e dell'uscita dell'Unione Europea.
Fondato nel 1993, contestualmente all'adesione del Regno Unito al Trattato di Maastricht, attirò da subito i fuoriusciti dalla corrente più a destra del partito conservatore britannico. Dal 2006 il suo leader è Nigel Farage, deputato europeo, noto per le sue dure posizioni in difesa delle sovranità nazionali e contro le istituzioni europee. Sotto la guida di Nigel Farage il partito, nato con l'unico e solo obiettivo dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, ha allargato i suoi propositi in un'ottica nazional-populista.
Come puntualizza il dott. Marco Mancini nella tesi L'euroscetticismo nel Regno Unito: il caso dello UK Independence Party «lo UKIP non si limita a combattere la membership UE, ma propone anche un progetto alternativo, a partire dall'economia.»
Nel corso della sua storia, «il partito ha progressivamente ricontestualizzato la sua originaria natura single-iussue all'interno di un paradigma più ampio che, dalla piattaforma programmatica al target elettorale, assume un'inconfondibile profilo neo-populista.»
Tra i punti più importanti del programma dello UKIP, oltre all'uscita dall'Unione Europea, ricordiamo la riduzione e il controllo dei flussi migratori (Outside the EU, we can manage our borders and decide who we want to come and live and work in the UK. EU rules stop us from doing this), l'alleggerimento della burocrazia per le PMI (Only outside the EU can we have more flexible regulations to create more jobs) e il taglio dei costi per i contribuenti (The EU costs the UK Government £55m a day. As the EU's biggest customer, we are in an incredibly strong position to negotiate an amicable exit and free trade deal under existing treaties. The savings to the taxpayer would be huge).
Quindi, nonostante alcune differenze strutturali, lo UKIP rientra in pieno, almeno dal punto di vista dell'ideologia, nello standard dei partiti nazional-populisti, basato sulla «difesa della libertà e della sicurezza dei membri della comunità dalle minacce e dalle intrusioni esterne, siano esse rappresentate dall'immigrazione, dall'Unione Europea, dalla burocrazia o da un'eccessiva tassazione».

Fonte dell'immagine: wikipedia

Visita la tesi:

Tra risentimento ed esclusione: i ''radical right populist parties'' in Europa occidentale
Argomento tesi successiva
La corruzione nel settore edile