La tesi del giorno
La Libia dopo Gheddafi
Dopo i 32 anni di dittatura di Gheddafi e la Guerra Civile del 2011, la Libia fa fatica a trovare una stabilità politica. Di recente ci sono stati violenti scontri tra forze paramilitari e miliziani islamisti.
Dopo la caduta di Gheddafi, la Libia fu governata da un Consiglio di transizione nazionale, che era il comitato che raggruppava le opposizioni libiche. Poi ci furono le elezioni parlamentari, e Ali Zeidan fu nominato dal nuovo parlamento primo ministro del paese il 14 novembre 2012. Il governo di Zeidan, però, si dimostrò fin da subito troppo debole per controllare tutto il territorio nazionale. Fu in qualche modo costretto ad arruolare alcune milizie per creare servizi di sicurezza semi-ufficiali, su cui però non riuscì ad imporre del tutto il controllo. Oggi i libici che fanno parte ufficialmente delle decine di milizie sotto il controllo statale sono oltre 225mila. (Fonte: IlPost)
Come aveva anticipato nella sua tesi il dott. Andrea Pitton, ancora prima dell'elezione di Zeidan «il governo […] non godendo di un solido riconoscimento popolare e disponendo di un esercito nazionale debole e disorganizzato, si trova in difficoltà nel gestire un territorio vasto in cui convivono tribù e milizie armate divise sia culturalmente sia ideologicamente che ora avanzano pressanti rivendicazioni per il contributo apportato alla caduta del Rais.»
D'altra parte, ci ricorda il dott. Pitton «la Libia, così come la conosciamo oggi, è una forzatura dell'occupazione coloniale italiana. Le tre macro regioni, la Tripolitania, la Cirenaica ed il Fezzan facevano parte delle province dell'impero ottomano. I suoi confini sono il frutto di accordi e trattati […]. L'unità territoriale è sostanzialmente il risultato del colonialismo di territori prima amministrati singolarmente. I libici di conseguenza mancano di una vera identità nazionale, Gheddafi aveva cercato di compattare il paese con l'anti-colonialismo e la continua rincorsa alle responsabilità italiane e l'anti-imperialismo, con i continui contrasti con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia. […] I libici attualmente più che all'identità nazionale sono legati all'identità regionale (con una grande rivalità tra Cirenaica e Tripolitania) e a quella di derivazione tribale. Quest'ultima ha subito nell'ultimo ventennio una trasformazione con lo spostamento verso le città di gran parte della popolazione. Attualmente circa il 20% dei libici non appartiene a nessuna tribù, ma l'inizio delle rivolte ha generato il sorgere di svariati micro gruppi di potere territoriali che stanno rendendo ancora più difficile la gestione del paese, rivendicando ognuno dei privilegi per il contributo alla cacciata del Rais.»
Inoltre, nonostante la Libia sia un paese produttore di petrolio «non è stata capace di creare le condizioni per lo sviluppo di un settore privato e di una classe borghese, in grado prima di cogliere le opportunità economiche offerte dalla distribuzione della rendita petrolifera e poi di rendersi autonomo dalla stessa.»
In Libia sono presenti «attori interni come le principali tribù, le milizie cittadine e islamiche ed attori esterni che per interessi economici entrano in competizione invece di cooperare. La frammentazione interna è anche il risultato dell'azione egoistica delle potenze occidentali e arabe che cercano di favorire una fazione libica piuttosto che un'altra, solo al fine di garantire i propri interessi. Questo atteggiamento ha effetti devastanti per il paese e sta creando grosse difficoltà al nuovo governo, in quanto rafforza, invece che indebolire le particolarità territoriali ed ideologiche.»
Concludendo la sua analisi sulla recente situazione libica, il dott. Pitton afferma che «la Libia si trova in una difficile fase di transizione, con la prospettiva e il conseguente rischio, di un prolungata situazione di instabilità. […] Non c'è stato un movimento unitario di liberazione, la condotta frammentata della guerra civile ha prodotto una serie di gruppi legati a realtà territoriali diverse che hanno avanzato una serie di rivendicazioni […]. L'Islam appare oggi l'unico fattore rilevante per la definizione della nuova identità nazionale del paese. La Libia è un paese a larga maggioranza sunnita, e c'è nel popolo la volontà di costruire una Nazione basata su elementi culturali, di rilevanza storica e tradizione, che possano facilitare la realizzazione di uno Stato unitario e avviare il processo democratico e di riconciliazione nazionale. È fondamentale che le potenze occidentali instaurino con la Libia un rapporto basato sulla cooperazione tra loro e non sulla competizione che favorisca interessi nazionali sulla gestione delle ingenti risorse energetiche libiche. L'Europa e l'Italia avrebbero evidenti vantaggi se partecipassero attivamente alla stabilizzazione del paese.»
Fonte dell'immagine: www.tmnews.it