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Inflazione importata, distribuzione del reddito ed equilibrio macroeconomico: effetti del nuovo modello contrattuale

La crisi attuale

Gli USA sono oggi la locomotiva dell’economia mondiale grazie alla straordinaria capacità degli americani di consumare a debito; a conferma di ciò si può addurre la motivazione secondo cui, non appena gli Stati Uniti hanno smesso di importare beni di consumo, l’economia europea ha attraversato fasi di recessione.
Nel corso degli ultimi dieci anni, ad Europa e Giappone si sono affiancati i paesi OPEC ed i paesi asiatici emergenti come principali esportatori mondiali.
Nel frattempo il bilancio federale USA, che nel 2000 era tornato in pareggio, è tornato in forte deficit – per i tagli fiscali e la guerra in Iraq, iniziata nel 2003.
I principali acquirenti dei titoli di stato USA non sono più i paesi europei – che investono soprattutto in Europa orientale, Russia e Nord Africa – ma la Cina, che ha assorbito metà delle emissioni di bond dal 2000 ad oggi.
Nel prosieguo si dirà del meccanismo creatosi e di come la Cina riesce a controllare ogni tendenza al rialzo che possa danneggiare le esportazioni.
Adesso cerchiamo di far luce sulle cause scatenanti dell’attuale crisi.
La finanza mondiale ha finito per investire all’interno degli USA offrendo mutui e prestiti al consumo garantiti sulla base di beni (case) il cui valore – inizialmente cresciuto per lo spostamento di investimenti dalla borsa all’immobiliare – era inflazionato dalla stessa disponibilità di credito garantita agli acquirenti: alla bolla immobiliare si aggiunsero, così, i forti consumi a debito.
La liquidità in eccesso prodotta dalla spesa pubblica USA venne reinvestita, attraverso la finanza, in titoli “strutturali” che permettevano alle banche di scaricare sul sistema i rischi legati alla concessione di mutui pari anche al 100% del valore dell’immobile.
Fin qui tutto sembra corretto e destinato ad aver fortuna; nel 2007, però, si assistette ad un calo del prezzo delle case dovuto all’eccesso di costruzioni (speculazione immobiliare) oltre che ad un nuovo, massiccio, spostamento degli investimenti verso la borsa.
Le stesse banche investirono in borsa il denaro ricavato dalla vendita dei titoli legati ai mutui.
Il crollo del valore delle case, però, rese inesigibili questi mutui – la legislazione statunitense prevede il pignoramento e la vendita all’asta del bene, con un ulteriore calo del suo valore – e inaffidabili i titoli strutturali, acquistati dal sistema bancario mondiale come titoli “monetari”.
Le evoluzioni fin qui descritte avviarono un meccanismo a catena dal quale risulta difficile venir fuori: le istituzioni create a garanzia dei debitori – Freddie Mac e Fannie Mae – entrarono in crisi e dovettero essere rinazionalizzate, le numerose perdite da parte delle banche crearono tensione sul mercato e si assistette al fallimento della Lehman Brothers (15 settembre 2008), società attiva nel settore dei servizi finanziari internazionali.
Una serie di salvataggi da parte dello Stato generò un crollo della fiducia sul mercato interbancario (sfiducia reciproca tra istituti di credito) che, nonostante l’ampliamento della liquidità fornita dalle banche centrali, rese immobile il credito interbancario – con ovvi problemi per le piccole banche e le piccole imprese ed il conseguente ritiro degli investimenti internazionali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Inflazione importata, distribuzione del reddito ed equilibrio macroeconomico: effetti del nuovo modello contrattuale

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Informazioni tesi

  Autore: Luigi Mariantoni
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze dell'economia
  Relatore: Claudio De Vincenti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 100

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