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Contesa e dinamiche del controllo societario: Caso Mondadori

Il ''Lodo Mondadori''

Con le prime aperture a trattare da parte dell’alleanza al vertice di Mondadori e dopo la tregua sulla questione dell’OPAS per la scalata a L’Espresso, i contendenti raggiungono il primo punto d’incontro riguardo la questione delle azioni dei Formenton. Entrambe le parti vogliono arrivare il prima possibile alla soluzione di questa diatriba, anche perché, quelle azioni, promesse prima all’uno, poi all’altro, hanno un peso fondamentale negli equilibri del controllo di Amef e Mondadori.
Le parti decidono allora di ricorrere, il 3 maggio 1990, ad un arbitrato, per avere un procedimento alternativo a quello giudiziale, ma con gli stessi effetti e soprattutto in tempi più brevi. I tre arbitri Pietro Rescigno (designato CIR), Natalino Irti (scelto da Mondadori) e Carlo Maria Pratis (procuratore della Corte di Cassazione) emettono il loro verdetto il 20 giugno 1990: l’accordo con i Formenton è valido a tutti gli effetti ed il pacchetto azionario di questi ultimi deve passare in mano alla CIR entro fine gennaio 1991. Così, dopo aver perso la presidenza di Amef, con Fedele Confalonieri sostituito da Giacinto Spizzico per un mandato di “reggenza” per volere del Tribunale dopo le decisioni sulle azioni dei Formenton, Berlusconi, nonostante un tentativo in extremis di ricorso alla pretura (ricorso stavolta bocciato) tra il 26 ed il 27 giugno, il 29 giugno 1990, dopo soli 5 mesi deve abbandonare la presidenza di Mondadori per assistere all’insediarsi, tra il 9 ed il 13 luglio, di un nuovo cda “neutrale”, voluto dal Tribunale di Milano, con ancora Giacinto Spizzico Presidente, altri due membri voluti dal Tribunale, quattro membri per la CIR ed altri quattro per l’alleanza Fininvest-Mondadori-Formenton. In virtù della ritrovata maggioranza di De Benedetti però Spizzico nomina per importanti posizioni al vertice, uomini vicini all’Ingegnere: Carlo Caracciolo ed Antonio Coppi Amministratori Delegati e Corrado Passera Direttore Generale. De Benedetti ha vinto e viene meno il suo desiderio di trattative.
Gli sconfitti però, come sempre accaduto per tutte le vicende sinora trattate, non si danno per vinti e i Formenton impugnano la sentenza dell’arbitrato, il cd. “Lodo Mondadori”, davanti alla Corte d’Appello di Roma ed il 24 gennaio 1991, i giudici Arnaldo Valente, Giovanni Paolini e Vittorio Metta, sanciscono la nullità del lodo, perché una parte dell’accordo del 1988 tra De Benedetti ed i Formenton, era in contrasto con la normativa delle società per azioni.
Questa sentenza scatena l’ennesimo ribaltone, con il controllo dell’assemblea ordinaria Amef, e quindi anche di quella Mondadori, che torna in mano a Berlusconi ed alleati (Leonardo Mondadori viene nominato Presidente Amef) , che si apprestano a chiedere le dimissioni del cda presieduto da Giacinto Spizzico, mentre i legali CIR annunciano il contro-ricorso e alcune tra le più importanti firme del gruppo editoriale annunciano le proprie dimissioni. Torna di moda allora tra le parti, l’idea dell’accordo dato che la contesa per la Mondadori ha scatenato una guerra che ha determinato un grave impegno finanziario per i contendenti, per quanto ancora si potrebbe protrarre la cd. Guerra di Segrate?

Questo brano è tratto dalla tesi:

Contesa e dinamiche del controllo societario: Caso Mondadori

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Informazioni tesi

  Autore: Alex Arcangelo Selvaggini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi della Tuscia
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Pierre Di Toro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 57

FAQ

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