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Le politiche per l'energia dell'Unione europea e le relazioni con l'area del Mar Caspio, 1989-1999.

Il Caspio conteso: la competizione internazionale per le risorse

Il Mar Caspio destò molte aspettative e desideri, all'inizio degli anni '90, in chi si occupava di gas e petrolio, aspettative in certi casi gonfiate da previsioni troppo ottimistiche su quali fossero le reali riserve ancora disponibili. L'idea che il Caspio potesse, grazie al suo petrolio, rivaleggiare con il Golfo Persico era certamente infondata e le indagini sempre più accurate, assieme ad una serie di buchi secchi perforati, mostrarono come il Caspio non potesse di certo considerarsi un concorrente alla pari. Poteva però giocare un “ruolo importante a margine”: con riserve paragonabili a quelle del Mare del Nord poteva fornire la differenza critica tra carenza e surplus, agendo quindi come freno per l'aumento dei prezzi.
Negli anni immediatamente precedenti al crollo dell’Unione Sovietica era l’intero Paese ad interessare ai petrolieri, poiché le riserve più importanti erano distribuite in diverse regioni e ovunque erano richiesti investimenti, ma l’area del Mar Caspio emerse in seguito come polo d’attrazione particolare, sia per le alte promesse del suo sottosuolo, sia per lo specifico percorso politico caratterizzato dalla nascita dei nuovi Stati rivieraschi indipendenti, ricchi di gas e petrolio e relativamente deboli.

Le compagnie petrolifere in competizione
L'Unione Sovietica, per la sua totale chiusura agli operatori economici stranieri, era rimasta per quasi sessant'anni terreno inesplorato per chi era desideroso di fare affari, e quando nella seconda metà degli anni '80 le politiche di Gorbachev aprirono una breccia nella granitica invalicabilità dei confini dell'economia sovietica, molte imprese occidentali reputarono la possibilità di inserimento tanto interessante quanto rischiosa. Se da una parte la centralizzazione dell'economia aveva lasciato ampi margini per lo sviluppo del potenziale mercato interno sovietico, dall'altra non si poteva fare totale affidamento sul puntuale rispetto delle regole da parte del governo e sulla possibilità di esportare i profitti di un'operazione di joint venture con aziende sovietiche. Per questi motivi un intermediario americano, James Giffen, propose nel 1987 ad alcune importanti imprese di costituirsi in un consorzio, per poter accedere al mercato sovietico con maggiore forza contrattuale e maggiori garanzie, e richiamò nel consorzio un'impresa petrolifera americana, la Chevron, che per prima avrebbe tentato di ottenere una concessione per lo sviluppo di un giacimento petrolifero sovietico.
La compagnia petrolifera, dopo aver attentamente valutato i dati geologici relativi alle aree di produzione d'idrocarburi e ai giacimenti già operativi o ancora da esplorare, propose la propria partecipazione allo sviluppo del giacimento di Tengiz, nel nord del Mar Caspio, in territorio kazako. Il giacimento, scoperto nel 1979, era già produttivo, ma le operazioni avanzavano molto più lentamente che in ogni altro giacimento di dimensioni paragonabili, anche a causa delle tecnologie sovietiche rivelatesi inefficaci nell'affrontare alcune problematiche tecniche molto complesse che caratterizzavano il giacimento. I dirigenti sovietici preferirono però non lasciare spazio agli americani in quella che era considerata una perla dell'industria petrolifera del Paese, grazie all'ammontare delle sue riserve, e offrirono in alternativa la prospezione e lo sfruttamento di un giacimento vicino a Tengiz. L'offerta alternativa del governo sovietico non fu giudicata sufficiente dalla Chevron per assumersi i rischi dell'impresa e così, dopo un lungo braccio di ferro, si giunse ad un primo accordo, firmato a metà giugno del 1990 da Gorbachev e dal presidente della compagnia americana Ken Derr, che garantiva a questa i diritti esclusivi per negoziare su Tengiz.
La Chevron aveva fatto da apripista e le altre major del petrolio non poterono fare altro che seguire la via già aperta, per non rimanere escluse dalla competizione in uno dei bacini petroliferi più promettenti al mondo. La prima a seguire l'esempio fu una compagnia europea, la British Petroleum, che proprio sulla maggiore scoperta recente del bacino del Caspio andò ad affrontare la rivale americana. La competizione tra le due compagnie per il giacimento di Tengiz rispecchiava le dinamiche della competizione tra potere centrale e poteri locali, che stava in quel momento scuotendo le istituzioni dell'Unione Sovietica. La BP infatti, nel suo tentativo di accaparrarsi i diritti sul giacimento, aveva aperto un canale di negoziato con le autorità della Repubblica Socialista Sovietica del Kazakhstan che, per concedere questi diritti alla compagnia inglese, avrebbe dovuto prima arrogare a sé la facoltà di assegnarli, senza interferenza da parte del governo centrale. La BP concluse l'accordo per negoziare sul giacimento con i rappresentanti del governo kazako a distanza di poche settimane da un simile accordo siglato dalla Chevron con il governo di Mosca, ma presto agli inglesi fu evidente come le Repubbliche non fossero ancora forti abbastanza da poter ignorare gli orientamenti del governo centrale. Mosca invitò la BP a desistere dai suoi propositi su Tengiz, ai quali non avrebbe comunque mai consentito di realizzarsi, ed in cambio offrì la possibilità di accedere alla regione petrolifera di Baku, in Azerbaijan. [...]

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Le politiche per l'energia dell'Unione europea e le relazioni con l'area del Mar Caspio, 1989-1999.

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Informazioni tesi

  Autore: Matteo Bottecchia
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Francesco Petrini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 200

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