Promozione di comportamenti sicuri sul lavoro attraverso l'esercizio di ''Life Skills''
Presupposti per lo sviluppo di Life Skills nei luoghi di lavoro
                        Fino al 1994, anno in cui è entrato in vigore il DLgs 626, le misure  di prevenzione e protezione dai rischi relativi  alla salute  e la sicurezza  nei luoghi di lavoro  erano  basate  prevalentemente sulla tecnologia  che mirava a progettare e a costruire edifici, macchine  ed impianti  in modo da impedire le conseguenze o da limitare  il danno  dovuto  al fattore  umano.   Nonostante questa impostazione, la cui efficacia generale  per la sicurezza  non può né deve essere  sottostimata, si continuavano e si continuano a registrare comportamenti insicuri  o comunque difformi dalle aspettative evidenziate nelle procedure di sicurezza. Le ragioni  di questo  parziale  fallimento sono principalmente due. La maggior sicurezza  offerta dalla tecnologia  può essere  vanificata da comportamenti più spericolati da essa indotti; per esempio  chi guida carrelli elevatori intrinsecamente più sicuri può essere  indotto  a viaggiare a velocità più elevata, a non utilizzare il dispositivo di trattenuta (cintura) e a prestare meno  attenzione a ciò che succede  intorno. Inoltre, la messa  in atto  di qualunque dispositivo di sicurezza  influisce direttamente su costi, comfort,  velocità  di esecuzione del compito  e,  soprattutto,  non  consente di eliminare tutti  i rischi. È infatti  impossibile  azzerare completamente il rischio, come è impossibile  prevedere disposizioni specifiche che comprendano ogni possibile circostanza operativa.
La salute e la sicurezza  non sono obiettivi statici, che vengono raggiunti  una volta per tutte, ma processi  dinamici, in continua  evoluzione, che rappresentano anche  il risultato della capacità diffusa di gestione  del rischio  residuo. Il rischio  residuo  è quella  quota  di rischio  che rimane dopo  che sono  state  adottate tutte  le prevedibili misure  di prevenzione e protezione di tipo tecnico,  organizzativo  e  procedurale;  si  può  manifestare  nelle  molteplici  interfacce   tra  le persone,  tra  le persone e le macchine  oppure tra  le persone e l'ambiente  di lavoro;  la sua gestione è affidata, in ultima analisi, proprio ai lavoratori che agiscono sul front-line.
Il DLgs 626/94,  prima,  e il DLgs 81/08 poi, si basano  decisamente sull'informazione e sulla formazione dei lavoratori per influire sul comportamento dei lavoratori, che oggi costituisce il fattore  causale  prevalente per  gli infortuni  e le malattie  professionali nei luoghi di lavoro. Tutto  l'apparato  normativo sviluppato in tale contesto punta  a diffondere  la  conoscenza  dei rischi  e all'acquisizione  di  competenze per  lo svolgimento   in sicurezza  dei  propri  compiti, secondo quanto  riportato nelle definizioni ex art. 2 del DLgs 81/08:
aa) "formazione": processo educativo attraverso  il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;
bb) "informazione": complesso delle attività  dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro.
L'esperienza   maturata  nel  campo  dell'educazione   alla  salute   dimostra,  però,  che  la  sola conoscenza  dei  rischi  non  è sufficiente  ad  indurre comportamenti sicuri  e che,  invece,  sia necessario far leva sulle abilità personali, sociali e di self-management per modificare il proprio comportamento verso stili di vita più salutari. Tenere  in considerazione questo aspetto permettere di comprendere meglio perché  il comportamento non dipende  in maniera diretta e lineare  dalle competenze dell'individuo e perché  puntare soltanto sull'informazione e sulla formazione tecnica non è sufficiente ad evitare errori (azioni non intenzionali) e violazioni (azioni intenzionali). Secondo la Behavior Based Safety (BBS), le variabili che determinano gli atteggiamenti sono innumerevoli, ma possono  essere riconducibili  a due grandi categorie:
. gli stimoli  antecedenti,  che  precedono immediatamente il comportamento,  ad  es.  un cartello che prescrive l'utilizzo dei DPI;
. gli stimoli  conseguenti,  che  lo seguono  immediatamente,  ad  es.  l'approvazione (o  la derisione) da parte dei colleghi dopo che il lavoratore ha indossato il DPI.
Il  comportamento  di  sicurezza,  è,  quindi,  evocato   dagli  stimoli  che  lo  precedono,  ma  è aumentato o inibito dagli stimoli che si presentano immediatamente dopo la sua adozione.
Sulla base di questo  paradigma, A(antecedenti) - B(comportamento) - C(conseguenti), altri modelli  e innumerevoli tecniche  si sono  evoluti  e sono  stati  raccolti  nel protocollo  BBS che "costituisce attualmente l'unica disciplina per la sicurezza rigorosamente  fondata sulle leggi scientifiche del comportamento umano e l'unica che consente di ridurre drasticamente il numero di incidenti in modo documentato ed evidence based." In questo  metodo  sono presenti le conclusioni  a cui la Behavior Analysis, la scienza del comportamento, è giunta, cioè:
. le azioni sicure sono direttamente proporzionali al numero di conseguenze positive che il lavoratore riceve;
. gli atteggiamenti a rischio  possono  essere  inibiti  dalla  punizione,  ma  senza  nessuna garanzia  di efficacia nel tempo  e, soprattutto, nessun  comportamento sicuro può essere  instaurato o aumentato se non attraverso l'adozione di conseguenze positive, gratificanti  per il soggetto.
Di conseguenza, il rinforzo  positivo (positive reinforcement, R+), cioè la procedura attraverso la quale  si stimola  l'aumento  della probabilità di ricomparsa dell'atteggiamento di sicurezza,  è posta   al  centro   della  BBS  e  si  traduce  con  un  sistema   di  misurazione  continua   e  di riconoscimenti o di feedback (es. ricompense e premi), riferiti ai comportamenti di ciascun lavoratore. L'osservazione è l'elemento principale su cui si fonda il processo BBS, specialmente se  effettuata con  il coinvolgimento  di  gruppi  di  lavoratori che  possono   fornire  un  valido contributo sia nell'identificazione dei problemi  reali che nella ricerca di soluzioni adeguate.
I risultati, allora, saranno notevolmente più evidenti  se i lavoratori possiedono ed esercitano skills di tipo personale (ad es. il senso  di autoefficacia), sociale (ad es. capacità  d'ascolto e di relazione) e di auto- gestione  (ad es. definire  obiettivi  concreti). Il progetto di adattare ad un target   di  lavoratori il  percorso formativo   PS descritto nel  capitolo  precedente s'inserisce proprio nell'ottica di sviluppare competenze non tecniche funzionali a questo percorso.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Promozione di comportamenti sicuri sul lavoro attraverso l'esercizio di ''Life Skills''
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Informazioni tesi
| Autore: | Beatrice Terraneo | 
| Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) | 
| Anno: | 2012-13 | 
| Università: | Università degli Studi di Milano | 
| Facoltà: | Medicina e Chirurgia | 
| Corso: | SCIENZE DELLE PROFESSIONI SANITARIE DELLA PREVENZIONE | 
| Lingua: | Italiano | 
| Num. pagine: | 91 | 
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