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Il declino economico dell'Italia: tesi a confronto

Finanza pubblica in Italia

Occorre anche considerare la situazione della Finanza pubblica in Italia, esaminandola attraverso i dati resi disponibili dalla Banca d'Italia. Si pensi a tal proposito al rapporto debito / PIL, che ad oggi si assesta su valori oscillanti intorno al 120%. Questo genera un'elevata spesa per interessi (risorse, pari a circa il 5 – 6% del PIL ogni anno, che per la metà escono dal paese e si recano nelle mani della fetta –circa il 50%– di detentori stranieri di titoli di stato italiani) che irrigidisce notevolmente il bilancio pubblico, infatti, in Italia, si è trovato un equilibrio ad un livello di pressione fiscale di circa il 45% del PIL, pari alla media europea, e un livello di spesa primaria inferiore al livello medio europeo, circa il 43 – 44% del PIL, così da finanziare la maggiore spesa per interessi in parte attraverso un avanzo primario (che dal .92 è sempre presente nel bilancio dello Stato) e in parte in deficit. Nonostante l'ingresso nell'area dell'euro abbia sensibilmente ridotto i tassi di interesse sul debito pubblico italiano, recentemente si è assistito al rialzo dei rendimenti dei BTP decennali del Tesoro, visti i dubbi sulla sostenibilità dell'indebitamento italiano, che dopo la crisi finanziaria del 2008 ha raggiunto la consistenza del 120% del PIl' l'alto debito e i suoi effetti sul mercato finanziario, mettono la politica fiscale in balìa dei mercati, infatti, come abbiamo visto, il bilancio pubblico ha raggiunto un equilibrio tale per cui, se per il rialzo dei rendimenti dei titoli di stato, la spesa per interessi, dovesse aumentare, non resterebbe altro da fare che ridurre la spesa primaria o aumentare ancora il deficit peggiorando la situazione e a lungo andare rendendola insostenibile, a meno di una forte crescita del PIl' Questa conclusione non lascia spazio per: eventuali interventi di incentivo alla domanda, migliorie nel sistema delle infrastrutture sul territorio, o in generale non si ha la necessaria flessibilità di bilancio per poter finanziare spesa pubblica in momenti di necessità o anche solo per fare interventi di spesa non legati a fenomeni contingenti, ma necessari (come l'aumento della spesa pubblica produttiva nell'offerta di servizi alle imprese o il finanziamento di ulteriori programmi di R&S pubblici).
Tuttavia si è portati a ritenere che ciò che rileva sia il rapporto debito / PIL e non tanto lo stock di debito; infatti è questo rapporto che ci fornisce la garanzia che un paese sia in grado di ripagare il suo debito nei periodi futuri. Per questo riteniamo più rilevante lo stimolo del denominatore, ovvero la crescita dell'economia italiana, piuttosto che la riduzione del numeratore, ovvero la riduzione subitanea dello stock di debito; che sarebbe possibile solo mediante politiche fiscali fortemente restrittive con tutte le conseguenze depressive che ne deriverebbero. Bisogna aggiungere che la proposta di inserire nella carta costituzionale il pareggio di bilancio, come norma della contabilità nazionale, va nella direzione di azzerare il deficit di bilancio pubblico così da avere nel medio termine una riduzione dello stock di debito e quindi del rapporto debito / PIl.
Per questi motivi ci si è concentrati in questo lavoro maggiormente sulle problematiche relative ai fattori dell'offerta piuttosto che a quelle del settore pubblico, trovando conferma anche nelle parole dell'economista M. Marcellino, docente presso lo "European University Institute" a Firenze, che, intervistato dal Financial Times nel maggio 2010, diceva che per l'Italia il rischio default era basso, ancora. Tuttavia l'unica speranza è la crescita del PIL, infatti senza di questa nel prossimo futuro e se il rapporto debito / PIL dovesse aumentare ancora, i tassi di interesse crescerebbero e il default diverrebbe una possibilità molto meno remota.
G. Piga in "La differenza tra debito buono e cattivo" pubblicato su "Formiche.net" nel marzo 2011, sostiene con forza la tesi secondo cui l'obiettivo deve essere quello dello stimolo alla crescita piuttosto che quello della riduzione aggressiva del debito. Il suo contributo si può riassumere nella proposta di utilizzare il debito per finanziare spesa pubblica produttiva, capace di valorizzare le risorse impiegate e migliorare la performance delle imprese, individuando la soluzione al problema in una crescita del PIL maggiore rispetto a quella del debito, resa possibile soltanto da un governo della spesa pubblica, improntato sull'investimento per il futuro. Si legge nell'articolo: "Un paese non è mai morto di troppi debiti, ma solo quando non ha saputo utilizzare le risorse di cui ha potuto disporre, non scommettendo sul futuro e non investendole bene e tradendo la fiducia di chi quelle risorse gli aveva consegnato. Si chiama declino di una civiltà".

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il declino economico dell'Italia: tesi a confronto

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Informazioni tesi

  Autore: Giorgio Giannini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Management
  Relatore: Giovanni Vecchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 62

FAQ

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