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Artaud e Cioran: i filosofi dell'avvenire

Artaud: l'esproprio e la crudeltà

Artaud è vittima di un esproprio. Si sente alienato, sente che gli è stato sottratto qualcosa, sente che qualcosa di fondamentale gli è stato rubato; ma sente, soprattutto, che il furto che è stato commesso ai suoi danni, è un furto di civiltà, è la stessa civiltà occidentale che l'ha derubato, che continua a sottrargli una sua proprietà.
L'Occidente, che crede di poter vivere sulla base di questa cultura separata, che ignora la vita, che ha creato il suo modello di civiltà su questa inconsapevole degenerazione, vuole tuttavia mantenersi, continuare il suo cammino, perpetuarsi.
E quello che l'Occidente ha organizzato, con la proliferazione dei suoi discorsi, col suo sistema concettuale, con le istituzioni che man mano ha creato, è il tentativo sotterraneo ma costante di penetrare nelle coscienze, nei corpi, nelle esistenze dei suoi membri per possederli, per indirizzarli, per perpetuare loro tramite la sua forma di civiltà. E ciò perché "la coscienza malata ha un interesse capitale in quest'epoca a non venir fuori dalla propria malattia". Quest'interesse è capitale perché ne va della sua vita e della sua morte, del tramonto dell'intero modo di civiltà occidentale.
Questa "formidabile oppressione tentacolare di una specie di magia civica" vuole sottrarre ad ogni suo elemento ciò che egli ha di più proprio, ciò che lo caratterizza di più. "Essa si introdusse dunque nel suo corpo", perché è proprio il corpo ciò che caratterizza ognuno, nella sua diversità, nella sua unicità, nella sua proprietà. Ecco perché Artaud sente di essere espropriato. Gli è stato tolto ciò che gli è più proprio, il suo corpo. La società lo espropria, gli toglie qualcosa che gli appartiene totalmente per appropriarsene essa stessa, per dominarlo nel corpo attraverso le sue parole, i suoi discorsi, la sua civiltà. "Perché la logica anatomica dell'uomo moderno è proprio di non avere mai potuto vivere, né pensare di vivere, che da posseduto".
La società, questa nostra malata società occidentale, ha escogitato nei secoli diverse strategie per portare a compimento questa espropriazione, questo furto. Ha introdotto concetti ed istituzioni quali Dio, lo Spirito, come l'organismo, la psichiatria. Il processo di penetrazione è un processo continuo e che si svolge fin dalla nascita di ogni individuo. E pur assumendo diversi nomi, pur agendo in campi differenti, è un unico processo di espropriazione del corpo, di sottrazione del proprio di ogni individuo, allo scopo di limitarne le possibilità. Di sottometterne la forza, questa forza oscura, dirompente ed incontrollabile.
Artaud vede riassumersi il senso, la direzione, lo svolgimento stesso di quest'esproprio, nel concetto di Dio. Ecco perché vuole Farla finita col giudizio di Dio, ecco perché addita a Dio tutte le colpe della degenerazione occidentale. "Dio è la mia creatura, il mio doppio che si è introdotto nella differenza che mi separa dalla mia origine", Dio è il nome di tutte le separazioni e di tutte le differenziazioni di cui Artaud è vittima, di cui il suo corpo è il campo di battaglia, in questo movimento di inesorabile espropriazione. "Dio è dunque il nome proprio di quello che ci priva della nostra natura propria, della nostra propria nascita e che di conseguenza, furtivamente, avrà sempre parlato prima di noi. È la differenza che si insinua, come mia morte, tra me e me". Dio agisce sul corpo, lo significa, lo organizza, lo rende soggetto. E così facendo ne decreta la morte, lo paralizza, lo distacca dalla sua vita vera. Il corpo subisce una castrazione, la sua forza è contenuta, le sue infinite possibilità sono bloccate. "Il corpo umano è una pila elettrica | a cui sono state castrate e inibite le scariche, | | di cui sono stati orientati verso la vita sessuale | le capacità e gli accenti | mentre è fatto | per assorbire | tramite i suoi spostamenti voltaici | le disponibilità erranti | dell'infinito del vuoto, | dei buchi di vuoto | sempre più smisurati | di una possibilità organica mai colmata". La possibilità organica non è colmabile appunto perché è infinita, perché il corpo è irriducibile e la sua verità eccede ogni discorso, ogni parola, ogni concetto. Dio, l'insieme di tutti i discorsi, di tutte le parole, di tutti i concetti, non può dunque raggiungere il corpo, non può deciderne, non può giudicarlo. Ma il giudizio di Dio si compie e vuole compiersi in ogni caso, anzi vuole dominare il corpo con la sua decisione, vuole sottometterlo al suo giudizio. Dio presuppone dunque la separazione dal corpo (e quindi dalle sue forze, dalle sue possibilità, dalle sue tensioni) per emettere il suo verdetto. E questo verdetto è appunto questa inibizione, l'indirizzare, il decidere delle sue forze per soffocarle, per inibirle, per ridurle.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Artaud e Cioran: i filosofi dell'avvenire

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Informazioni tesi

  Autore: Marco De Vidi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Francesco Mora
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 71

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